In una vita intera ne capitano pochi di giorni così. L’eccitazione e la gioia che provo sono indescrivibili. Sto vivendo uno di quei giorni che forse cambieranno il mondo, che faranno la storia.Avremo tempo per capire quanto e cosa farà Obama. Avremo anni per vedere se il cambiamento incarnato nella sua persona, nel colore della pelle, nel suo cognome tremendamente arabo soddisferà le aspettative di cambiamento. Quello che so è che oggi un enorme passo in avanti è stato fatto. Forse oggi abbiamo raggiunto il traguardo di un percorso di cambiamento lento iniziato 60 anni fa. Per la precisione, il 1 dicembre del 1955, nella cittadina di Montgomery, quando Rosa Louise Parks si rifiutò di obbedire all'ordine del conducente dell'autobus che le intimava di lasciare il posto a sedere e spostarsi nella parte posteriore del pullman per fare spazio ai bianchi. Un cambiamento che ha trovato nelle parole di Martin Luter King il megafono giusto per farsi ascoltare, e che forse trasuderà da Obama per condizionare un’epoca, illuminando una nuova visione del mondo. Di questo però ne riparleremo domani. Ora godiamoci la vittoria. Perché comunque la pensiate sulla politica di Obama, non potete negare in nessun modo la straordinarietà dell’evento Se non altro perché oggi è il giorno giusto per dire a tutti i razzisti, fascisti, democratici scettici, le Binetti de noattri, ai propugnatori di identità razziali etniche e religiose, paladini di ogni identità escludente, che almeno oggi “the times, they are a-changing”. Kunta Kinte ha avuto la sua vittoria, e le catene si sono definitivamente spezzate.
Quando abbiamo superato delle prove apparentemente insuperabili; quando ci hanno detto che non eravamo pronti o che non dovevamo provare o che non potevamo, generazioni di americani hanno risposto con una semplice frase che riassume lo spirito di un popolo.
Sì, noi possiamo.
Questa frase era scritta nei documenti fondatori che dichiaravano il destino di un paese.
Sì, noi possiamo.
È stata mormorata dagli schiavi e dagli abolizionisti, aprendo uno spiraglio di luce verso la libertà nella notte più buia.
Sì, noi possiamo.
Lo hanno cantato i migranti che lasciavano terre lontane e i pionieri che progredivano verso ovest nonostante una natura spietata.
Sì, noi possiamo.
È stato l'appello degli operai che si organizzavano in sindacati; delle donne che lottavano per il diritto di voto; di un presidente che ha fatto della Luna la nostra nuova frontiera; e di un re che ci ha portato in cima alla montagna e ci ha mostrato la strada verso
promessa.
Sì, noi possiamo avere giustizia e uguaglianza. Sì, noi possiamo avere possibilità e prosperità. Sì, noi possiamo guarire questa nazione. Sì, noi possiamo riparare questo mondo.
Sì, noi possiamo. (dal discorso della campagna elettorale nel New Hampshire del 10 gennaio 2008)
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