E’ importante ricordare la vergogna delle leggi razziali del 1938, non solo per smontare la falsa immagine dell' italiano medio tollerante, magari capace di battute di cattivo gusto(ogni riferimento al presidente del consiglio è puramente casuale) ma sempre pronto poi a dimostrare nei fatti la propria estraneità a qualsiasi ideologia razzista. Per smontare questo stereotipo basterebbe citare la lega o i neomovimenti della destra italiana che si rifanno al fascismo.
Il problema però non è questo, o non solo questo.
Perché il fascismo non è minimamente paragonabile alla lega.
Il fascismo è stato un movimento di popolo vasto, maggioritario.
L’Italia fascista era una nazione che si riconosceva in Mussolini l’infamia delle leggi razziali non furono infamia di regime ma di popolo.
Ma l’Italia ha coltivato per 70 anni l’autoassoluzione collettiva.
Dando la possibilità alle più svariate teorie revisioniste e negazioniste d’attecchire:
Dall’Alemanno pensiero che relega le leggi razziali ad una questione d’opportunità politica, un corpo estraneo rispetto al fascismo; fino alle correnti negazioniste che riducono l’olocausto a una campagna di propaganda americana fatta per infangare l’immagine pulita del nazi-fascismo.
Teorie che si basano sul niente, visto che le leggi razziali oltre a stabilire una serie di restrizioni che vanno dal divieto di contrarre matrimonio misto a quello di firmare manuali scolastici, proibiscono agli ebrei italiani di avere dipendenti, di essere dipendenti di enti statali, banche, assicurazioni, di prestare servizio militare, possedere terreni e aziende. Pretendevano, con brutale ottusità, di definire l’appartenenza ebraica in termini di sangue (art. 8, comma a: «È di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica») con paradossale precisione (comma c: «È considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre»). Insomma un razzismo biologico che non nasce nel 1938 con l’alleanza strategica con
nazista, come molti vogliono far credere, ma che invece è la diretta conseguenza delle politiche colonialiste e nazionaliste del fascismo. Quelle politiche che spinsero il regime nel momento in cui si accinge alla criminale avventura etiopica, ad introdurre nella legislazione della colonia eritrea dell’Africa orientale, il più chiaro dei razzismi biologici. Un razzismo, quindi, che nasce nell’aprile 1934, con la circolare di Mussolini sulla censura e sul sequestro di libri banditi, tra i quali il romanzo di Mura, Maria Volpi, “Sanbadù amore negro”, che mostrava in copertina una italiana che baciava un africano nero. E che poi continuò con tutta una serie di violente repressioni dei rapporti tra italiani ed eritrei, consentendo tra di loro soltanto fugaci rapporti carnali di sfogo (è questo il lessico fascista dei provvedimenti razziali coloniali) da consumarsi soltanto in postriboli segreti e segregati, con la condanna penale di qualsivoglia cenno anche il più vago a un concubinaggio tra italiani ed eritrei. Quindi manco sto condizionamento esterno è vero, per cui le leggi razziali del 1938 rappresentarono la massima espressione della cultura razzismo del regime fascista..
Per questo le leggi razziali furono leggi fascistissime.
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