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Nick: giGGinocon2G
Oggetto: Il parco giochi
Data: 6/1/2009 22.51.54
Visite: 323

Ero ancora un ragazzino ed era giunto quel periodo estivo che andava tra la fine di agosto ed i primi di settembre in cui la zona del parco si riempiva di tedeschi a causa del Trivento, il villaggio accanto al mio parco.

Se Gigi aspettava quel periodo per Chiara la veneziana, io lo aspettavo per le tedesche.

Un anno ne conobbi una: alta, bella, simpatica, discrete tette e, soprattutto, disinibita.
O almeno, per gli standard da sedicenne italiano, lei, tedesca mia coetanea, era decisamente disibita.

Veronika mi piaceva molto. Ricordo che trascorrevamo intere giornate assieme a parlare in inglese, a prendere il sole al mare ed in piscina, a mangiare gelati...ma appena ne avevamo l'occasione (tutte le volte che i genitori andavano via) fuggivamo nella sua stanza. Facevo discorsi che avevano su di lei un ottimo effetto (lì capii il mito dell'uomo italiano), ma soprattutto ci davamo dei baci bellissimi. Erano lunghi, lenti, profumati di crema solare e cipolle, di autan e di lucidalabbra. Ma erano anche baci pieni zeppi di contatto fisico: c'era sempre una lotta delicata tra bacini e gambe, tra braccia e seni, tra glutei e piedi e mani e sguardi che volevano ma non osavano chiedere...

Un pomeriggio, però, dopo aver mangiato un cucciolone pezzotto (perchè il Trivento non aveva i gelati dell'Algida) glielo chiesi.
Lei mi chiese perchè ancora non gliel'avessi chiesto e mi diede appuntamento alla sera.
Io mi chiesi perchè ancora non gliel'avessi chiesto, ma tra tutte quelle domande mi dimenticai di chiederle dove le sarebbe piaciuto andare.

"La spiaggia piace a tutti", pensai. "La porterò lì".

Infatti, la sera, quando mi presentai da lei con una bottiglia di vino e la mia maglietta preferita addosso, lei mi disse che in spiaggia non ci voleva andare.

Andai nel panico e non sapevo più cosa inventarmi. I miei erano a casa, i suoi erano a casa, avevo appeso Gigi per la serata (tir chiu nu pil e....). Già vedevo svanire inesorabilmente di fronte ai miei occhi il sogno di un'intera settimana di onanistiche fantasie.

Fu allora che ebbi l'illuminazione!
O meglio, fu allora che calò il buio ed io ebbi l'illuminazione.

Le luci del parchetto giochi si spensero proprio mentre il vigilante si accingeva a chiudere l'ingresso con il lucchetto. Aspettai che la sua auto si allontanasse, quindi presi Veronika per mano e l’aiutai a scavalcare il cancello.

Entrammo: tutto era perfetto. Il buio complice, il fresco non troppo freddo, il tavolino dove brindare, gli animaletti che si muovevano nell'erba e ci facevano spaventare, le altalene che...le altalene... quando vidi le altalene non andai nel panico, anzi! Saggiamente preferii bypassare il controllo del mio corpo dalla testa di sopra a quella di sotto.
Fu lì che cominciò quella che per un ragazzino italiano appena sedicenne fu una serata memorabile.

Ricordo ancora il profumo dell’erba estiva mischiato a quello dolce del suo shampoo, i suoi braccialetti d’argento che tintinnavano ritmicamente, le sue ginocchia appoggiate al suolo che spezzavano in modo così dolce la linea delle sue lunghe gambe.
Fu proprio mentre lei era in ginocchio di fronte a me, mentre io cominciavo ad avere le prime avvisaglie di un’esplosione che non volevo si verificasse già, che udii un rumore strano. Era un suono che stonava con tutto il contesto.
Appariva incattivito, profondo, quasi come quello di un uomo tedesco palestrato sulla quarantina che trova la figlia intenta a mostrare le sue grazie ed a procurare piacere.
Quando capii che quell’ombra che avevo di fronte era il signor papà di Veronika, lui era già a meno di 5 metri da me. In mano aveva una sedia di plastica ed urlava cose cattivissime in tedesco, perché in tedesco tutte le cose che si urlano sono cattivissime.

Veronika mi guardò, con degli occhi non tanto di paura quanto di vergogna. Mentre raccoglieva le sue cose sparse ai nostri piedi mi urlò: "Run way!" con accento tedesco, ma non era una cosa cattivissima, perché lei le cose cattivissime non le sapeva dire.

Cominciai a scappare in mutande, con il pantalone in una mano, le scarpe nell’altra; avevo lasciato lì la mia maglietta preferita: mi girai un attimo a guardarla, ma lui, lo Schwarzenegger della Baviera, era già troppo vicino per avere ripensamenti. Fuggii come un ladro attraverso la rete del campo da calcio, graffiandomi su un fianco. Mi rifugiai nel buio di una stradina che porta alla campagna di un contadino ed aspettai lì per un tempo che mi parve lunghissimo.

Quella notte non dormii: ero terrorizzato dall’idea di farmi rivedere in giro, dall’idea di poter incontrare di nuovo il mio castigatore, stavolta meglio armato e più rapido nella corsa.
Il mattino dopo mi svegliai distrutto e sudato. Mio padre, appena mi vide, con aria inquisitoria mi disse: "prima è passata una ragazza. Mi sembrava una tedesca; mi ha detto di lasciarti questo foglio…io però non ho letto. Anche perché non ci capisco nulla: è tutto in inglese!"
Su quel foglio, scritto tutto in inglese, e che ancora conservo in qualche angolo di qualche cassetto, c’è scritto:

Mi dispiace per ieri sera: non avevo avvertito mio padre che sarei ritornata più tardi. Spero tu abbia ancora voglia di vedermi. I miei genitori oggi vanno a vedere le grotte e staranno via tutto il giorno fino a cena: perché non vieni da me? Io ti aspetto…

p.s. se decidi di venire, mi porti un cucciolone "pezzotto"?

Non sono i popoli a dover aver paura dei propri governi, ma i governi che devono aver paura dei propri popoli. [V]



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Il parco giochi   6/1/2009 22.51.54 (322 visite)   giGGinocon2G
   re:Il parco giochi   7/1/2009 0.4.4 (133 visite)   alylia
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