Nick: Viola* Oggetto: Illuminismo Data: 13/2/2009 12.13.54 Visite: 158
Questo è un articolo di Umberto Galimberti, uscito su Repubblica un paio di anni fa me lo sono conservato, ed ora più che mai lo trovo attuale Io penso davvero che l'Illuminismo sia la più alta espressione dell'umanità. "Se l'Illuminismo fosse solo una corrente di pensiero o il tratto tipico di un'epoca storica, la discussione potrebbe essere confinata nell'ambito delle dispute filosofiche, senza alcuna possibilità di trovare riverbero su questa pagina o sulle pagine culturali di Repubblica, come l'iniziativa di Eugenio Scalfari, qualche anno fa, ha voluto che accadesse. Dopo aver definito lo stato di minorità da cui l'umanità deve uscire come "l'incapacità di servirsi del proprio intelletto", Kant attribuisce la responsabilità di tale minorità all'uomo stesso "quando la causa non risiede in una carenza dell'intelletto, ma dipende dalla mancanza di determinazione e di coraggio nel servirsene, appunto, senza la guida di altri". Quindi c'è una responsabilità a non essere illuministi, che non investe solo le sorti della conoscenza, ma la dignità stessa dell'uomo, che rinuncia a servirsi proprio di ciò che lo distingue: l'uso della ragione. Di qui l'esortazione di Kant: "Sapere aude", osare essere uomini e non bambini bisognosi di tutori. Con l'Illuminismo, il gesto filosofico diventa "gesto etico" e, per effetto di questa saldatura, l'Illuminismo non è più solo la caratteristica di un'epoca storica, ma la prerogativa della condizione umana, che non può essere disattesa, se non al costo, scrive Kant, "di violare e calpestare i sacri diritti dell'umanità". È quindi doveroso essere illuministi, non solo per salvaguardare l'autonomia del proprio giudizio, ma anche per garantire questa autonomia alle generazioni future, della cui libertà di pensiero siamo responsabili per quel tanto che, con l'educazione, non ne avremo limitato la capacità critica. Ne consegue che, se da un lato, come scrive Kant: "Illuminismo significa pensare da se stesso e cercare in se stesso (cioè nella propria ragione) la suprema pietra di paragone della verità", dall'altro significa avere una chiara consapevolezza del limite della ragione, per evitare di cadere nel buio della caverna, popolata da fedi (Glaube) e superstizioni (Aberglaube) di cui si nutrono religioni, teosofie, metafisiche, e da cui l'Illuminismo rappresenta l'uscita, onde evitare, come scrive Kant, "alla ragione di fantasticare, cioè di fare ciò che è suo massimo dovere evitare". "Viviamo in un'epoca illuminata?", si domanda Kant. E la risposta è: "No, ma senza dubbio viviamo in un'epoca di Illuminismo". Quanto basta per dire che l'Illuminismo non è la caratteristica di un'epoca, ma un dovere etico da trasmettere da una generazione all'altra, quindi un compito infinito che si ripropone ogni volta che una fede, una religione, una visione del mondo, un'autorità, una propaganda tendono a far passare se stesse e i loro contenuti come verità assoluta, a cui bisogna semplicemente aderire rinunciando a indagare. Questo è il messaggio dell'Illuminismo che, nel riprendere l'antico gesto filosofico, lo carica di doverosità etica, per l'emancipazione del genere umano da quello stato di minorità, che non è una fase storica che, una volta superata, può essere lasciata alle proprie spalle, perché il suo riproporsi è una minaccia costante, da cui nessuna epoca, tantomeno la nostra dominata dal totalitarismo mediatico, è immune. L'Illuminismo dunque, prima che una filosofia, è una pratica di vita e un compito etico da cui nessun uomo, che tiene in un qualche conto la dignità dell'uomo, può sentirsi esonerato. Quanto poi alla posizione della Chiesa e di quanti, atei o credenti che siano, quella posizione appoggiano, riscontriamo alla base una sostanziale svalutazione dell'uomo incapace, a parer loro, di pervenire da sé alla verità, come invece riteneva Socrate, e quindi bisognoso di un indottrinamento, di una guida, o, come diceva Kant, di "tutori" (Vormunden). Questa è la differenza tra il metodo socratico che, attraverso il dialogo, cerca la verità e il metodo catchetico proprio di chi, assolutamente persuaso di possederla, ritiene che il suo compito sia solo quello di trasmetterla con metodi più o meno intolleranti a seconda delle epoche storiche." INVIDIA CREPA |