Vai alla freccia - Homepage - BlogRoom - Mappa
Visualizza Messaggi.


Nick: Strider
Oggetto: Caro Roberto
Data: 30/3/2009 13.36.31
Visite: 279

E’ passato qualche giorno. La rabbia non se n’è andata. E’ diventata lucida, razionale. Fredda. Gli affari della camorra, sono affari grossi che riguardano tutti, l’Italia intera, l’Europa, dici. Dici bene, è così. Ti lamenti che non se ne parla abbastanza. Ne hai parlato tu. Ne hai parlato in un libro, e questo libro è stato pubblicato da una casa editrice importante. Ha avuto successo. In tanti hanno saputo. E’ stato un bene. Hai fatto una cosa importante, una cosa utile. Se di queste cose se ne parlerà di più, se ai vili camorristi e mafiosi la vita sarà resa più dura lo sarà anche grazie a te. A te che hai avuto coraggio, amor di Patria. Due qualità che ti fanno onore e che meritano rispetto. Però, vedi, Roberto, a noi certe cose fanno rabbia. Tu sei stato la finestra sul mondo, sul nostro mondo, per l’Italia, per l’Europa. Ma prima ancora noi siamo stati la tua di finestra sul mondo. Noi che scriviamo sui piccoli quotidiani, che ci leggono solo in una provincia, seppur grande. Noi che abbiamo il telefonino sempre acceso, e che quando succede qualcosa di grave nemmeno salutiamo la fidanzata, l’amico, i genitori che già siamo per strada. Per vedere, per raccontare. E’ stato anche grazie a noi che tu hai potuto scrivere il tuo libro, che tu hai potuto sapere. Siamo ragazzi, alcuni con i capelli bianchi. Perché ragazzi pazzi bisogna essere per fare questo lavoro. Corriamo a vedere l’orrore, a volte l’andiamo a scovare. Vediamo cervella sull’asfalto, sentiamo le urla delle madri, lo strazio delle sorelle. Portiamo tutto alla luce con la speranza che così possa essere mondato. Perché le cose che non si conoscono non si possono combattere. Noi non riceviamo niente. Un giornalista di rosa, di spettacolo o di cultura lo invitano in posti dove gli offrono almeno i pasticcini. Ma noi siamo i cronisti di nera. E nessuno ci offre i pasticcini. Ci rifilano solo l’orrore. Quando va bene. Altrimenti sono aggressioni, minacce, lettere con proiettili o frattaglie di animali. E così siamo gli unici che possono fare giornalismo pulito. Quando il gioco è a perdere come si fa influenzarlo? Ma noi siamo soprattutto quelli che nell’ingiustizia e nel dolore non perdono la speranza. La nostra è una missione, non un lavoro. Quello che mi fa rabbia Roberto non è tanto il fatto che ci accusi di fare titoli sbagliati. Alcuni lo saranno certamente stati, non voglio qui negarlo. Ma da un titolo che in un modo sbagliato vuole cercare di vendere più copie a far credere quello che hai fatto credere ce ne passa. Potevi leggere qualche articolo per intero in quella trasmissione, ogni sospetto sarebbe volato via. Noi denunciamo, come denunci tu. Ma quello che mi fa davvero rabbia non è quello che hai fatto intendere su di noi. Non è che hai avuto il successo che hai avuto grazie a noi. Non è perché chi ha letto, legge, e leggerà Gomorra, leggere anche noi, i nostri articoli che sono lì presi a volte di sana pianta. No, non è questo, credimi. Noi a non ricevere niente se non l’orrore siamo abituati. Quello che ci fa davvero rabbia è che siamo dalla stessa parte. Combattiamo la stessa guerra. Tu hai scritto un libro, noi scriviamo il giornale. Sono compiti diversi. Un libro si scrive nel tempo che ci vuole, il giornale si scrive subito. Ed è più facile sbagliare. Ma facciamo le stesse cose. Parli di guerra, che l’Italia si deve svegliare, deve capire e rendersi davvero conto della gravità della situazione, che di tutto ciò non se ne parla abbastanza. Be’ noi ne abbiamo sempre parlato, l’abbiamo fatto sui giornali locali. E l’abbiamo sempre fatto con rabbia e con amore. Alla ribalta nazionale non lo siamo mai stati, ma non ce ne puoi fare una colpa.




I SAVIANOS - ECCO I CRONISTI DI CUI CI SI RICORDA SOLO PER LA FATWA TELEVISIVA LANCIATA DALLO SCRITTORE DI ’GOMORRA’ CONTRO I QUOTIDIANI LOCALI, A SUO DIRE TENERI COI BOSS - SPARATI, MINACCIATI, PICCHIATI, VIVONO L’INFERNO TRA NAPOLI E CASERTA...

Gianmarco Chiocci per il Giornale

Cronisti di guerra, e di camorra. Sgobbare al fronte, dove tieni pure famiglia, non è uno scherzo. Scrivere di killer o latitanti ergastolani che circolano a due passi dal giornale, farebbe ritrarre le dita dal pc a molti cronisti di grido. Ogni mattina esci di casa e preghi. Ti guardi le spalle, certo. Ma devi pure campare, e per campare devi faticare. Quindi ti affidi al destino. Che puntualmente riserva ai giornalisti di Napoli e Caserta una dose d'insulti telefonici, le ruote dell'auto bene affettate, incontri poco piacevoli finanche in redazione.
Saviano

Senza contare la corrispondenza anonima recapitata di buon'ora sulla scrivania: buste francobollate con cervella d'animale, bossoli, immagini insanguinate, crocifissimi e crisantemi. Può andare anche peggio. A qualcuno hanno sparato, qualcun altro s'è svegliato per la bomba sotto l'auto, altri in un'aula di tribunale hanno incassato sputi, pugni e calci dai tifosi del processato di turno.

I piccoli grandi Saviano che nessuno fila e di cui ci si ricorda solo per la fatwa televisiva lanciata dallo scrittore di Gomorra contro i quotidiani locali, a suo dire teneri coi boss, hanno in comune una lucida follia, la passione smisurata per la notizia, la voglia di contribuire a dare un futuro diverso a questa "terra martoriata", per dirla con Tina Palomba, la nerista di 'Cronache di Caserta' che ha orgogliosamente rivendicato l'onestà intellettuale di quei kamikaze anticamorra, e non sono pochi, che raccontano l'inferno stando sul posto.

Arnaldo Capezzuto, oggi redattore a Epolis, ieri al foglio Napoli Più, è un esempio. Quando il boss Salvatore Giuliano sparò ai killer che lo volevano ammazzare e per sbaglio uccise la piccola Annalisa Durante, Arnaldo iniziò a battere ogni marciapiede di Forcella. Ficcò il naso ovunque, chiese a chi non doveva chiedere, scrisse quel che i Mazzarella non volevano leggere. "Subii minacce e avvertimenti irraccontabili - racconta - Mi pedinarono anche.

All'ennesima intimidazione ("farai la fine di quello stronzo di Giancarlo Siani") ho accelerato e mi sono impegnato ancor di più. E ho scritto che i boss intimidivano i testimoni, che infatti arrivavano in aula e ritrattavano. Così mi hanno affrontato in aula, non vi dico le parole che usarono, i gesti che fecero...". Difronte a quelle parole e a quei gesti, Arnaldo non ha abbassato lo sguardo. E la testa. "Vi denuncio" ha detto. E l'ha fatto. "Sapete com'è andata a finire? Sono stati rinviati a giudizio tutti e cinque per minacce e violenza. Sia chiaro: non sono un eroe, non ho bisogno di visibilità, non cerco soldi facili. Sono un giornalista che vive e lavora in un contesto molto delicato. Ed è proprio per continuare a denunciare la camorra in questo modo che ho rinunciato alla scorta".

Che invece è stata imposta a Carlo Pascarella di Buongiorno Caserta, trascorsi al Giornale di Napoli, considerato dai carabinieri il vero incubo mediatico dei casalesi. "Non ci si fa il callo alla paura - scherza - ma sono 14 anni che subisco attentati, minacce, pressioni pazzesche. Iniziarono a bersagliarmi nel '98 quando attaccai gli attuali capi, Iovine e Zagaria, gli stessi che poi mi presero di mira nella famosa telefonata (che registrai) trasmessa da Annovero e Porta a Porta.

Poi sono passato a scandagliare le malefatte delle cosche Lubrano, Ligato e Nuvoletta, anche perché volevo contribuire a inchiodare i sicari del collega Siani. Da allora, nell'ordine, hanno bruciato il mobilificio di mia sorella a Pignataro Maggiore. Poi hanno fatto saltare in aria un tir dell'azienda di famiglia, quindi dopo un'inchiesta su Pignataro che definivo la Svizzera dalle camorra, ho ricevuto una cartolina da Zurigo con un consiglio da amico: "Ora basta, stai attento". Ecco, si vive così da queste parti. Si vive combattendo".
scena del film "Gomorra"

Pascarella è scortato notte e giorno, un'esistenza da incubo, la sua. Ma non ha alcuna intenzione di abbandonare la terra di famiglia. "Voglio che mia figlia Francesca cresca in un mondo migliore, anche per questo io e tanti colleghi, in silenzio, ogni giorno, restiamo e resistiamo in questo far west riportando ciò che più disturba i boss. Molti colpi sono stati portati ai clan, e un po' è anche merito nostro. Non ci fanno paura, ora sono loro, i casalesi, a temerci".
scena del film "Gomorra"

Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola sono compagni nella vita, colleghi nel lavoro, uniti nelle avversità: guidano insieme La Voce delle voci, il mensile d'inchiesta con il più elevato numero di intimidazioni. Da decenni bastonano i clan, puntando però a livelli più alti: ai grandi appetiti degli appalti, del riciclaggio, del traffico dei rifiuti. Alle infiltrazioni dei clan nel nord. Scrivono senza timori. Vanno sui posti, domandano, rompono le scatole.

E sulle loro pagine lasciano sfogare collaboratori preparati e coraggiosi, come Bruno De Stefano, assunto a City.: "Spesso la camorra ci ringrazia come meglio crede - taglia corto Cinquegrani - bruciandoci le macchine, telefonando e minacciando, inviando in redazione messaggi di morte. Fino a poco tempo fa nessuno sembrava scandalizzarsi, era la norma.

Il nostro avvocato non andava più a denunciare le continue intimidazioni mafiose dopo che un inquirente, scocciato dall'ennesima sollecitazione a indagare, gli consigliò di farci cambiare paese per vivere più sereni. Adesso l'aria è cambiata, ma fare giornalismo con la camorra dei Polverino e Nuvoletta accanto, è impresa doppiamente complicata". Senza snocciolare gli imprevisti capitati nel tempo a un caposcuola come Gigi Di Fiore, inviato del Mattino, autore del dettagliatissimo best seller "i casalesi" o alla collega Rosaria Capacchione, corrispondente "blindata" da Caserta, basta dare la parola a Roberto Paolo del Roma, uno di quelli che se l'è vista brutta direttamente in ufficio:

"Capita spesso che in redazione arrivino camorristi e malintenzionati, anche armati. Accadeva ai tempi in cui lavoravo a Caserta e insieme al collega Raffaele Sardo scoprimmo come avveniva lo scarico, attraverso i fertilizzanti, dei rifiuti tossici provenienti dal nord. Capita spesso di veder arrivare gente che urla, che vuole farsi giustizia da sola, che minaccia di fare a pezzi questo o quel giornalista. Un giorno i colleghi mi nascosero in bagno perché un tale entrò in redazione intenzionato a spararmi alle gambe a causa di ciò che era stato pubblicato. Si fece stanza per stanza ma grazie a Dio non entrò in bagno...".

E che dire di Enzo Palmesano, l'ex esponente di An pioniere delle inchieste anticamorra, recordman di attentati. E' diventato un dead man walking, un morto che cammina. Se l'ultima maxi retata contro il clan dell'agro caleno è andata in porto, è in gran parte merito suo. Lo ha riconosciuto pubblicamente sia il pm Conzo che il colonnello Carmelo Burgio, l'ufficiale dei carabinieri che ha decimato il clan dei casalesi finendo le pulizie di primavera con l'arresto del boss Setola. Quarantott'ore dopo la conferenza stampa con gli elogi al cronista che non ama la ribalta, la camorra ha provato a bruciargli la macchina.
scena del film "Gomorra"

Ma in piena notte quel testardo di Enzo è volato giù da letto e al buio è corso incontro ai camorristi: ha salvato l'auto e la pelle, per l'ennesima volta in venticinque anni d'onorata carriere. La propria macchina l'hanno vista invece bruciare Antonio Casapulla e sua moglie Debora, di Cronache di Caserta. Un brivido freddo per le frasi pronunciate dai parenti di un killer, l'ha provato nei corridoi del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Giovanni Maria Mascia, addetto alla giudiziaria per la Gazzetta di Caserta.

A Francesca hanno devastato casa dopo un'intervista sgradita, a Vanna, dalle parti di Nocera, spararono cinque revolverate sulla porta di casa. Chi più chi meno, in tanti hanno avuto a che fare con l'ira dei boss. Eroi per caso, innamorati del proprio lavoro, quanto al coraggio è una scelta obbligata. Di Saviano e delle sue invettive contro giornali e giornalisti locali, nessuno vuol parlare. Da semplici addetti alla cronaca disdegnano tutti, ma proprio tutti, il nuovo, irriconoscente, professionismo antimafia.



Una macchina veloce, l'orizzonte lontano e una donna da amare alla fine della strada.



Rispondi al Messaggio | Indietro | Indice topic | Quota Testo | Vai su| Segnala ad un amico|Successivo


Caro Roberto   30/3/2009 13.36.31 (278 visite)   Strider
   re:Caro Roberto   30/3/2009 15.38.38 (97 visite)   micetta73
      re:Caro Roberto   30/3/2009 15.59.36 (85 visite)   Strider
   re:Caro Roberto   30/3/2009 15.44.4 (102 visite)   Riordán
      re:Caro Roberto   30/3/2009 15.56.42 (83 visite)   Strider
         re:Caro Roberto   30/3/2009 16.18.18 (74 visite)   Riordán
            re:Caro Roberto   30/3/2009 23.32.25 (77 visite)   `ReVaN`
               re:Caro Roberto   31/3/2009 0.1.42 (52 visite)   Riordán (ultimo)
   re:Caro Roberto   30/3/2009 16.16.32 (98 visite)   Bardamu

Nick:
Password:
Oggetto:
Messaggio:

vai in modalità avanzata
                 


Rimani nel thread dopo l'invio


Ricerca libera nel sito by Google (Sperimentale, non sono ancora presenti tutti i contenuti)

Google
 



Clicca per leggere le regole del forum



Imposta IRCNapoli come homepage

Clicca per andare sul forum di prova.
IRCNapoli "Un racconto a più mani".
Mappa del forum

Visualizza tutti i post del giorno 30/03/2009
Visualizza tutti i post del giorno 29/07/2025
Visualizza tutti i post del giorno 28/07/2025
Visualizza tutti i post del giorno 27/07/2025
Visualizza tutti i post del giorno 26/07/2025
vai in modalità avanzata