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Nel 1923 Gentile si iscrive al partito fascista con l'intento di fornire un programma ideologico e culturale. Nel 1925 pubblica il Manifesto degli intellettuali fascisti, in cui vede il fascismo come un possibile motore della rigenerazione morale e religiosa degli italiani e tenta di collegarlo direttamente al Risorgimento. Questo manifesto sancisce l'allontanamento definitivo da Benedetto Croce, che gli risponde con un contromanifesto.
Per le numerose cariche culturali e politiche, esercita durante tutto il ventennio fascista un forte influsso sulla cultura italiana e specialmente sul suo aspetto amministrativo e scolastico. È anche direttore scientifico dell'Enciclopedia Italiana dell'Istituto Giovanni Treccani dal 1925 al 1938 e vicepresidente dell'istituto dal 1933 al 1938. Nel 1925 promuove la nascita dell'Istituto Nazionale Fascista di Cultura, di cui è presidente fino al 1937. Nel 1928 diventa regio commissario della Scuola Normale Superiore di Pisa, nel 1932 direttore. Nel 1930 diventa vicepresidente dell'università Bocconi. Nel 1932 diventa Socio Nazionale della Reale Accademia Nazionale dei Lincei. Lo stesso anno inaugura l'Istituto Nazionale di Studi Germanici, di cui diviene presidente nel 1934. Nel 1933 inaugura e diviene presidente dell'Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente. Nel 1934 inaugura a Genova l'Istituto mazziniano. Nel 1937 diventa regio commissario e nel 1938 presidente del Centro Nazionale di Studi Manzoniani e nel 1941 è presidente della Domus Galileana a Pisa.
Non mancano comunque i dissensi col regime. In particolare il suo pensiero subisce un duro colpo nel 1929, alla firma dei Patti Lateranensi tra Chiesa cattolica e Stato Italiano: sebbene Gentile riconosca il cattolicesimo come forma storica della spiritualità italiana, non può accettare uno Stato non laico. Questo evento segna una svolta nel suo impegno politico militante.
Nel 1934 il Sant'Uffizio mette all'indice le opere di Gentile e di Croce. Nel 1936 comincia una lunga polemica contro il ministro dell'Educazione Nazionale Cesare Maria De Vecchi.
Gentile, personalmente, forse non condivide le leggi razziali del 1938, come si evince da un carteggio con Benvenuto Donati durato per tutto il periodo tra il 1920 ed il 1943. Tuttavia nel 1938 compare come firmatario del "Manifesto della razza", pubblicato sui giornali, in appoggio alle leggi razziali fasciste appena emanate, insieme a molti altri intellettuali.
Gli ultimi interventi politici sono rappresentati da due conferenze nel 1943. Nella prima, tenuta il 9 febbraio a Firenze, dal titolo La mia religione, dichiara di essere cristiano e cattolico, sebbene creda nello Stato laico. Nella seconda, tenuta il 24 giugno al Campidoglio a Roma, dal titolo Discorso agli italiani, esorta all'unità nazionale, in un momento difficile della guerra che porterà alla fondazione della RSI. Dopo questi interventi si ritira a Troghi (FI), dove scrive la sua ultima opera, uscita postuma, Genesi e struttura della società, nella quale recupera l'antico interesse per la filosofia marxiana[senza fonte].
Nell'autunno del 1943, su invito di Benito Mussolini e dopo aver subito un duro e inatteso attacco da parte del ministro badogliano Leonardo Severi[senza fonte], Gentile aderisce alla Repubblica di Salò, auspicando tuttavia il ripristino dell'unità nazionale,e diventa presidente dell'Accademia d'Italia, con l'obbiettivo di riformare l'Accademia dei Lincei, e direttore della Nuova Antologia, con il proposito di accogliere "collaboratori non fascisti"[senza fonte].
Considerato, da alcune componenti politiche della resistenza, come uno dei principali responsabili del regime fascista, venne ucciso il 15 aprile 1944 sulla soglia della sua casa di Firenze, al Salviatino, da un gruppo partigiano fiorentino aderente ai GAP.
l'anniversario della morte del filosofo è occasione per considerare quanto chi fa arte e cultura si sia allontanato dall'impegno civile e sociale.
il problema è che c'è un flusso informativo talmente capillare e diffuso che ottiene lo scopo, utilissimo a chi governa, di frammentare in mille verità diverse le idee ed i valori che danno forza e vitalità ad una nazione. e le voci degli uomini di cultura si confondono e si disperdono con le altre centinaia di voci che ci bombardano ogni giorno.
quale sarebbe stato l'impatto sociale di un saviano cinquant'anni fa? oggi è già un ricordo, ed aspettiamo senza meraviglia di sapere che si è comprato casa al vomero.
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