Ero un po' inquieto, distratto, avvertivo quasi che sarebbe successo qualcosa di inaspettato, come se stessi attendendo quell'inconsueto incontro.
Volevo uscire, ma niente di troppo impegnativo, soprattutto senza dover prendere l'auto. Ho acconsentito ad un'uscita tranquilla con uno di quegli amici che non conosco da molto, ma col quale riesco già a trascorrere una serata piena di silenzi.
Sono un tipo strano, parlo poco. Non che non abbia niente da raccontare, ma accumulo discorsi e parole dentro, come giornali impilati in fondo alla stanza che dimentico di avere fin quando non mi arrivano sotto al letto. Ho imparato per lavoro a trascorrere molto tempo da solo, riesco facilmente a fare nuove amicizie, ma rispetto i patti dei miei spazi. Anche con le ragazze. Alcune me lo dicevano, con altre percepivo io stesso il loro malessere celatomi. Anche lei, spesso mi guarda in attesa di qualche parola che la conforti, che la rassereni del suo posto accanto a me, mentre io vorrei che capisse senza ascoltarmi.
Siamo arrivati ad un orario decente, forse troppo presto data la sala semivuota. E' un luogo accogliente, tutto sommato. Facciamo un giro prima di prendere posto, dato che ancora nessuno ci viene incontro per sistemarci. E' molto luminoso, e alle pareti di sono stampe di opere d'arte contemporanea. Approfitto dei tavoli vuoti per avvicinarmi ad ammirarle con attenzione. L'arte ha il suo modo di rispettarti, non ti chiede parole, solo sguardi di comprensione. Mi trovo bene in sua compagnia. Posso tacere a lungo senza sentirmi in colpa.
Il mio amico comincia a trafficare con la cameriera, una ragazzina troppo magra per la sua altezza, e con due occhi celesti che le esplodono in quel viso smilzo che non riesce a contenere la portata di quello sguardo. Lui un po' fa il galante, un po' cerca di velocizzare il servizio. Lei fa un finta di essere divertita e acquista tempo nella chiacchierata per ritardare il suo dovere.
Sono immobile davanti ad una stampa di un quadro pieno di schizzi colorati, con dei disegni da far invidia alle tavole di Rorschach. Io però vedo solo un insieme di forme indefinite, chissà cosa vorrà dire. Avessi qui qualche mia ex me lo saprebbe sicuramente spiegare; prima cercavo delle compagne fuori dal comune per sentirmi meno strano. E le persone diverse cercano sempre di capirsi, tutte affannate a leggere manuali di psicologia cercando nei testi la risposta alla propria insofferenza.
D'improvviso sento del calore sugli occhi, non interrompe la mia staticità. Riconosco la morbidezza della pelle, quando tocco le mani che mi impediscono di vedere, una tenerezza che difficilmente confonderei. Vengo contemporaneamente invaso da un odore che intorpidisce i miei sensi. Non insisto con le palpebre nel cercare di aprirle, anzi le affondo in chiusura per inebriarmi del suo profumo intenso e sensuale.
Era infinito il tempo che ci aveva separato, o almeno tale mi sembrava, nel pensare di rivederla dopo anni di silenzio.
Senza dire niente, lascia che io le prenda le mani per spostarle dalla mia faccia. Cerco di impiegarci più del dovuto, per non perdere quel piacevole contatto. Mi volto e mi stupisco della capacità del sole e del vento di renderla ancora più bella di quanto ricordassi. Mi sorride con tutta la primavera che arriva in questi giorni. Ricordo di quando ho desiderato dormire su quel letto di velluto che ha sulle labbra ed essere sepolto con del legno pregiato del colore dei suoi occhi, che mi avrebbero regalato l'eternità.
Dio quanto non era più mia in quel momento.
Quanta distanza c'era in quei pochi centimetri, e quanto avrei voluto annullarla.
Mentre è in attesa che io le dica qualcosa ci viene incontro un bel ragazzo, alto e con un fisico ben delineato coperto da una camicia celeste, sulla quale riesco anche ad intravedere delle iniziali cucite. La abbraccia da dietro la schiena cingendole la vita, le dà un bacio sulla guancia sinistra che le fa piegare la testa sul lato opposto, ed accentuare il sorriso arricciando gli occhi. La chiama "tesoro" e la avverte della sistemazione che ha dato loro e ad altri amici la cameriera.
Un impeto di gelosia mi invade. Ma continuo a stare in silenzio. La voglia di stamparle con le mie labbra un ricordo sulle sue ha lasciato spazio a quella di allontanarla per evitare una scenata inutile e ridicola.
Le dico solo "non è più il tempo di giocare, ti pare?". So di essere stato troppo feroce nel dirlo, me ne accorgo quando ormai è troppo tardi. Le ho spento il sorriso sul volto, serra le labbra in disapprovazione, e subito mi pento delle mie parole, alle quali non aggiungo altro per evitare di peggiorare la situazione.
Ho rivisto in quel suo ultimo gesto i suoi capricci che tentavo sempre di assecondare, per farle ritornare la felicità, le mie promesse di estate, in inverno, il potere che lei mi dava di poter cambiare il suo mondo e la forza che riusciva a dare al mio ego. E al fallimento di tutto quanto, al quale io non ho resistito.
Mi scruta ancora qualche attimo, poi abbassa lo sguardo ed accenna ad allontanarsi, quando si gira e mi dice, con un tono di voce che mi è sembrato d'improvviso sconosciuto, "buona serata".
Raggiungo il mio amico che nel frattempo si era già seduto. Mi chiede chi fosse la ragazza che mi si era avvicinata, faccio il vago per non dare troppe spiegazioni e ringrazio di non essere in una posizione tale da poter incrociare nuovamente il suo sguardo, nonostante per il resto della serata cerco di immaginarlo posato ogni tanto su di me.
La conosco abbastanza per sapere che lo starà facendo, e che tornata a casa fantasticherà su quello che io non le ho detto, quello che mi sono tenuto dentro, come faceva un tempo, e purtroppo probabilmente anche stasera sbaglierà.
"Ho pianto Sotto il cielo, e nessuno se ne è accorto...
il mondo è troppo assorto dal chiasso che lo invade.
In questa tiepida estate che stiamo vivendo soltanto il senso dell'amore ha senso,
e allora m'invento d'amarti, perchè per odiarti c'è sempre tempo"
Love, peace and harmony? Love, peace and harmony? Oh, very nice, very nice, very nice, very nice... but maybe in the next world (cit.)