Nick: Bisturi Oggetto: anniversario Data: 11/6/2009 16.30.12 Visite: 147
Nel XXV anniversario della morte di Enrico Berlinguer L’11 giugno 1984 Enrico Berlinguer viene colto da malore durante il comizio conclusivo della campagna elettorale per le europee e morirà di lì a poco. Nel XXV anniversario della sua morte le commemorazioni si dividono tra gli elogi per aver posto la questione morale - ponendo così “il problema della democrazia e delle sue basi di consenso e di legittimazione che si sgretolano se viene meno il nesso tra etica e politica”, ha detto ieri Fini - e quelli per aver fatto un passo decisivo nell’allontanarsi da Mosca. Corollario di quest’ultimo elogio è l’interpretazione del compromesso storico come legittimazione del PCI a forza di governo. Sarà questo il cuore del filmato a più voci (interverranno Luciano Barca, Alfredo Reichlin, Aldo Tortorella e Walter Veltroni) in onda stasera alle 23,40 su RaiDue per «La Storia siamo noi» di Rai Educational: «Berlinguer», a venticinque anni dalla scomparsa del leader. Sulla scorta del bel libro di Piero Ignazi - Il potere dei partiti, Roma-Bari, Laterza, 2002 - io vorrei invece ricordare che Berlinguer fu uno dei massimi esponenti di una visione organicistica della società per la quale il conflitto politico è un trauma da sanare ed esorcizzare per ricreare le condizioni di armoniosa unità tra le parti. Questa concezione, maggioritaria in Italia, si contrappone ad una visione liberale e libertaria che vede invece il conflitto come un elemento fisiologico delle società liberaldemocratiche e, per di più, tonificante nei confronti delle tradizionali prassi trasformistiche. Se c’è una data dell’emersione di tale contrapposizione è quella del settembre 1973, quando Enrico Berlinguer lancia dalle colonne di “Rinascita”, la prospettiva del compromesso storico. Per Berlinguer, il compromesso storico da una parte è qualcosa di più di una formula nuova di governo, dall’altra parte vuole essere già oggi una indicazione di un metodo di azione e di rapporti politici [orientati] [...] a cercare la comprensione reciproca e l’intesa. Il conflitto, lo scontro, financo la lotta di classe diventavano un male. La sintonia con la Weltanschauung più profonda di Moro e di buona parte della DC è assoluta. La positività del conflitto regolato appartiene ad un’altra cultura politica, quella liberale, che conosce in quegli anni una “traversata nel deserto”. D’altra parte è ben difficile esaltare le virtù del conflitto contro quelle dell’armonia in anni segnati dalla microviolenza politica e da devastanti attentati. L’essenza profonda del compromesso storico non sta tanto nel suo aspetto difensivo - creare alleanze perché non succeda quello che è successo in Cile - quanto in quelli strategici - l’intesa tra le masse consente una gestione armoniosa e aconflittuale della politica - e valoriali - le soluzioni migliori ai gravi problemi del paese scaturiscono dalla connotazione popolare, in quanto tale positiva e progressista, dei due maggiori partiti italiani (Ginsborg). Questa politica, che trova parziale inveramento nella solidarietà nazionale del periodo 1976-79, è la quintessenza della tendenza alla società organica. L’incontro tra i due grandi partiti di massa marginalizza le minoranze e il dissenso fino al punto di considerarlo illegittimo in quanto contrario agli interessi generali, da essi rappresentati. Come il settembre 1973 è la data del lancio del progetto organicista, così il referendum sul divorzio del 12 maggio 1974 è la data della valorizzazione degli elementi liberali e libertari della società e dell’entrata in scena del Partito radicale che da voce a quel movimento per i diritti civili che percorre la società italiana negli anni Settanta. Questo movimento nasce da esigenze di liberazione da costumi e normative improntati a sensibilità lontane da una società secolarizzata qual è l’italiana. I radicali introducono nell’agenda politica tematiche inedite quali la liberazione sessuale, con il movimento femminista e omosessuale come punta di lancia di quegli anni, l’antimilitarismo, l’abrogazione del concordato, l’abolizione delle norme illiberali del codice penale di origine fascista, l’ambientalismo e l’antinucleare. Tutti questi temi hanno una forte connotazione individualistica in cui l’autorealizzazione del sé è preminente e per ciò stesso si scontrano con le logiche collettive-comunitarie della cultura politica dominante.
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