Nick: LiberaMente Oggetto: Dolo eventuale/colpa cosciente Data: 23/7/2009 16.27.28 Visite: 3348
Spaccarotella condannato per omicidio colposo. Dalla famiglia di Gabriele Sandri arriva lo sdegno per l’equiparazione della posizione dell’agente Luigi Spaccarotella a quella di uno sventurato che investe in auto un passante. La questione attiene ad uno dei punti più controversi del diritto penale, considerando anche le recenti imputazioni per omicidio volontario degli automobilisti Marco Ahmetovic (reato poi derubricato in omicidio colposo) e Stefano Lucidi (condannato in primo grado per omicidio volontario, con sentenza poi riformata in appello con mutamento del titolo di reato in omicidio colposo). Omicidio ed omicidio colposo sono due autonome figure di reato, due fattispecie criminose diverse, costituite dalla medesima condotta, ma distinte dall’elemento psicologico. La colpa è oggettivamente una violazione di una regola di condotta di fonte sociale o giuridica, accompagnata nel profilo soggettivo dall’assenza nel reo della volontà di commettere il fatto. Ovviamente non sempre è agevolmente ravvisabile lo stato psicologico di colpa; esiste infatti una zona grigia nel codice in cui il confine tra colpa e dolo è labile e controverso. Se il reo, ferma l’assenza di volontà di commettere il fatto, era consapevole della violazione della regola di condotta, lo stato soggettivo prende il nome di colpa cosciente: la possibilità che l’evento si verificasse era stata prevista dal reo che aveva tuttavia agito nel convincimento (errato) di riuscire ad evitarlo. La vicinanza con l’elemento psicologico del dolo ( e dunque con il diverso reato di omicidio ex art. 575 c.p.) è qui assai evidente. Analizzando l’andamento dei fatti, seguendo il ragionamento dei giudici di Arezzo, Spaccarotella ha agito sapendo di violare regole di condotta sull’uso delle armi da fuoco: ha agito con imprudenza ed imperizia, essendo cosciente della astratta possibilità di provocare l’evento-morte, ma confidando che questo poi, in concreto non si sarebbe verificato. Questa errata proiezione psicologica determina l’aggravante della previsione dell’evento, a norma dell’art. 1, n.3, con una pena determinata in 6 anni di reclusione (un anno in più della pena edittale prevista per quel reato). In attesa delle motivazioni della sentenza, deducendo che la corte non ha creduto che l’agente avesse preso la mira, la tesi dell’omicidio doloso sembra avere quantomeno pari dignità. Non si parla infatti di dolo solo quando il reo agisce con l’intenzione di provocare l’evento. L’elemento psicologico resta di dolo anche quando il reo, pur non volendo direttamente l’evento, lo ha previsto come conseguenza possibile del suo agire e, nonostante questa previsione, ha deciso comunque di tenere quella condotta. Nel quadro del codice penale dunque la discriminante tra omicidio –o qualsiasi altro reato- con dolo eventuale (punibile con pena non inferiore ai 21 anni) ed omicidio con colpa cosciente (punibile con reclusione di 6 anni nel massimo) è dunque costituita dalla semplice accettazione o meno del rischio del verificarsi dell’evento. Una differenza fondamentale sul piano delle pene è determinata da un qualcosa di volatile, sindacabile, controverso. Nelle facoltà di giurisprudenza raccontano due storielle: il lanciatore di coltelli che uccide la sua volontaria ha agito con colpa cosciente, ritenendo che l’evento, in astratto possibile, non si verifichi in concreto; l’attentatore dinamitardo che piazza una carica di tritolo con finalità dimostrativa accetta invece il rischio che "ci scappi il morto" e l’omicidio sarà volontario con dolo eventuale. Nella realtà le fattispecie non sono così nitide: la condotta di Spaccarotella si avvicina di più a quella del lanciatore di coltelli o a quella del dinamitardo? La giurisprudenza ha usato nel corso degli anni svariate tecniche per valutare la presenza di un fattore così vago quale è l’accettazione del rischio. Un primo criterio, quello della cosiddetta formula di Frank, attesta che si avrebbe dolo eventuale se il reo avesse deciso di agire ugualmente, anche se avesse avuto la certezza, prima dell’azione, che la sua condotta avrebbe portato alla produzione dell’evento. Utilizzando questo criterio potremmo propendere per una responsabilità di Spaccarotella a solo titolo di colpa. Trattasi tuttavia di un teorema fallace, innanzitutto per via del difetto di agire a livello ipotetico, che lo rende difficilmente applicabile in taluni fatti concreti. Altre dottrine abbandono il riferimento esclusivo all’elemento volontaristico individuando il discrimine tra dolo eventuale e colpa cosciente nella diversa qualità del rischio doloso rispetto a quello colposo: il rischio doloso sarebbe un rischio di tale livello che non potrebbe neppure essere preso in considerazione da un modello sociale di riferimento. In questo modo chi corre ai 200 km/h in centro, esce dal modello sociale-automobilista, correndo un rischio eccessivo, tale da far considerare un suo incidente un caso di omicidio volontario con dolo eventuale. Anche sparando ad altezza umana verso una vettura poco distante equivarrebbe dunque ad uscire dal modello di riferimento-tutore dell’ordine: si tratterebbe di un rischio inaccettabile per chi appartiene a questa categoria, un rischio che non potrebbe essere corso e che farebbe inevitabilmente scivolare la fattispecie nel dolo. La distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente, con tutte le diversissime conseguenze in termini di pena, costituisce un punto critico del sistema. Esso potrebbe essere utilizzato come strumento di adeguamento del diritto ad esigenze specifiche di giustizia sostanziale. Il timore è che invece in questo caso, l’elasticità normativa sia stata utilizzata per rendere docile, come di consueto, la giustizia nei confronti delle divise. E non si risponda a ciò portando ad esempio gli ergastoli della Uno Bianca: lì alla sbarra non c’era la polizia, ma un branco di sanguinari esaltati. Il processo Sandri è invece diverso: si è discusso della colpevolezza di un poliziotto che ha ucciso un ragazzo nel sonno nell’esercizio delle sue funzioni. Sul banco degli imputati non siede solo Spaccarotella ma un intero sistema, un’intera concezione della politica della sicurezza, ma anche un intero Stato che nel XXI secolo non può più prendersi licenze di illegalità per il raggiungimento dei suoi fini. 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