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Nick: Buendia
Oggetto: cura per i medici in politica
Data: 10/10/2009 17.4.27
Visite: 267

copio e incollo da un blog.
la cosa interesserà a pochi, se non addirittura a nessuno ma mi ha colpito per la sua immediatezza. questo mario albrizio scrive con ottima sintesi e in modo esaustivo quello di cui a volte discuto con i miei colleghi, interlocutori diretti a cui mi capita di porre la questione.
magari qualche commento può scaturire anche qui, boh? vediamo.













da www.mentecritica.net (che bel nome)
20 aprile, 2009 di Mario Albrizio




Stamattina, mentre facevo tutt’altro ed ero piuttosto sovrappensiero, mi sono imbattuto in un manifesto che a suo modo spiccava tra i tanti altri, fino al punto da attirare l’attenzione, per così dire, del mio inconscio.
Non era un manifesto speciale. Ma c’era stampato sopra il viso di un amico, medico, candidato alle prossime elezioni provinciali.
Lo slogan era improntato al cambiamento, e questo mi ha fatto sorridere: il mio amico è in politica da quando aveva i pantaloncini corti. Ma tant’é…

Da ragazzi ci si incontrava in un noto club cittadino per delle proverbiali partite a biliardo. E ricordo che una volta, intorno al biliardo, un tale gli chiese: "Perché studi medicina. Per i soldi?"

La sua risposta è come se l’ascoltassi adesso: "Sì, per i soldi. Ma anche per migliorare il marciume di questi medici."
Tutti apprezzammo sia la sincerità che il buon intento.




Molti anni dopo, eccoci qui. Non so se sia riuscito a migliorare il livello medico, né quale sia il suo rapporto con i soldi.
Ma la sua candidatura ha avuto per me un effetto esplosivo su alcune riflessioni che si sono sedimentate negli anni, e sempre più insistentemente chiedevano di venire alla luce.

La prima riflessione è: come mai tanti medici in politica? Perché sono veramente tanti; e quasi mai si può dire che siano veramente bravi. Nè potrebbe essere diversamente. Hanno l’intelligenza, e quasi sempre l’etica, necessarie. Ma non hanno la preparazione tecnica, né il tempo (e forse la volontà) di farsela. Niente preparazione giuridica di base, niente storia, poca o niente economia, sociologia zero, e lasciamo stare i grandi progetti e la filosofia.

Il loro destino in politica è segnato: non saranno che portatori d’acqua (cioè di voti) per altri politici "di professione", magari non altrettanto intelligenti ed eticamente dotati, ma tempopienisti dell’andazzo corrente: ed è un vantaggio non da poco.
Quando raggiungono posizioni di vertice, i medici-politici producono spesso guai in quantità industriale, diventando collettori di tangenti (Poggiolini), politici "discussi" (Cuffaro, De Lorenzo e tanti altri) o semplicemente incompetenti e pasticcioni (Fioroni, e Dio sa quanti altri…). Senza dire del dentista Calderoli, cui dobbiamo la gustosa legge elettorale vigente, che degrada i cittadini a sudditi votanti delle decisioni già prese dai boss di partito.
E, per carità di patria, sorvoliamo sui quasi mai edificanti, quanto inspiegabilmente numerosi, esempi locali.



Ora la domanda è: come mai così tanti barattano una professione sacra con una poltrona-quale-che-sia, e per ottenere la quale sono disposti letteralmente a tutto, ma soprattutto ad immolare la propria dignità, civile e professionale, al notabilotto di turno o fosse pure al segretario di partito?

Di quale oscura patologia sono ammalati coloro che lasciano la scienza della salute fisica per imbarcarsi nella mediocre arte della navigazione politica di basso profilo, quando non nell’allegra pratica del disastro pubblico?

E non ci sarà un nesso tra questo esodo biblico di medici verso la politica, e la catastrofica situazione della sanità, nonostante i colossali investimenti?

Vorrei davvero che si aprisse un dibattito su questo tema. Non so chi possa rispondere, l’Ordine dei Medici, un Rettore avveduto o chi altri; ma sarebbe bello se su questo tema così importante si aprisse un largo e franco dibattito.



I medici non apportano alcun valore aggiunto in politica. Ma in compenso squalificano grandemente la propria professione. Possibile che questo non interessi a nessuno? Non ai cittadini; non alla gran parte dei medici che continuano a fare correttamente il proprio lavoro?

Bisognerebbe forse equiparare i medici ai sacerdoti, per la loro presa sulle paure e sulle speranze delle persone, ed applicare ad entrambi lo stesso divieto di fare politica che oggi vale per i preti?

Per carità, niente esclusioni. La Costituzione lo vieta; il buon senso pure; e un minimo di conoscenza storica insegna che i divieti sono controproducenti.
Ma, perlomeno, il medico che vuol fare politica, faccia almeno qualche esame integrativo: un minimo di diritto, di storia, di economia, di politica internazionale, magari di filosofia politica. Giusto per capire cosa si va a fare, come, con quali strumenti, per conto di chi, in vista di quali fini.

Questo non farà di lui un grande statista né un fine intellettuale politico. Non diventerà Moro né Giolitti o Cavour, non Gramsci né Sturzo. Ma potrà almeno fare un lavoro dignitoso e soprattutto autonomo, in cui mettere a frutto il proprio senso critico, la propria creatività e la propria intelligenza, anziché svendere tutto al primo boss clientelare che lo fagociterà.

Ne guadagnerebbe la politica. E ne guadagnerebbe la medicina.



Ovviamente il discorso è generale; vale per ogni tipo di professionista e dovrebbe valere per ogni cittadino. Ma il medico ha una valenza simbolica (e di conseguenza un potere elettorale) ben più pregnante; e di converso non vi è una tale invasione della cosa pubblica, né esodo dal proprio lavoro, né (spesso) scempio della cosa pubblica, da parte di idraulici, panettieri e così via…

Altrimenti andrà a finire come ora, come ieri, come sempre. Non avendo la conoscenza adeguata, il medico si aggregherà a naso a qualcuno, ed eccolo lì a far la spola tra l’uomo-delle-soluzioni, di solito un burocrate o un signorotto politico-feudale provinciale, regionale, più raramente nazionale – e i suoi (del medico) elettori.

Probabilmente così aumenterà il suo reddito, e anche quella cosa che gli sciocchi chiamano "potere"
senza sapere che dicono. Ma ne vale la pena?

Ci piace pensare che i medici in politica abbiano motivazioni ben più alte. Ma come cittadini esigiamo che, al minimo, siano all’altezza delle motivazioni di quell’amico: "per i soldi; ma anche per migliorare il marciume della politica".

Perché se no non ne vale la pena. E ci rimettiamo tutti. Medici e cittadini.

Il dibattito è aperto.

Nel frattempo, il cittadino attento ci mediti su… Perché è lui, il cittadino, l’unico medico per i medici malati di politica.



sempre pace e amore, yeah



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