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Nick: falcofa
Oggetto: Il governo minaccia Fiat
Data: 2/12/2009 13.40.13
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su questa sono d'accordo.
a che serve chiedere finanziamenti e prestiti allo stato se chiudi le fabbriche?



Il governo minaccia Fiat: «Niente aiuti se chiude»

Francesco De Dominicis

Pubblicato il giorno: 26/11/09

Braccio di ferro con il Lingotto


Di dare quattrini (i bonus rottamazione) e restare con la bocca cucita sul fronte occupazionale il governo non ha proprio voglia. Saltata definitivamente la tregua con Fiat, l’esecutivo si è messo a sparare cannonate sul Lingotto una dietro l’altra. E il senso delle prese di posizioni può essere riassunto più o meno così: sulle fabbriche si tratta.


Così al tavolo del confronto sullo stabilimento Fiat di Termini Imerese - quello che appare destinato alla chiusura - il governo non sarà un mediatore indifferente, ma piuttosto impegnato a salvaguardare la capacità produttiva. Dopo l’altolà del titolare dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ieri è stato il turno di Maurizio Sacconi. «Il governo - ha detto il ministro del Lavoro -non sarà un mediatore indifferente al tavolo sulla Fiat e, come il sindacato, tutelerà quanto più possibile la capacità produttiva dell’azienda».


Sale la tensione


Frattanto, sale la tensione in vista dell’incontro tra Scajola e Marchionne fissato per martedì 1 dicembre. Ventiquattr’ore prima il vertice con le confederazioni sindacali,che già puntano i piedi. Le loro preoccupazioni riguardano, ovviamente, il futuro del 1.400 operai dello stabilimento siciliano.


«Non ci sono ragioni perchè la Fiat lasci Termini Imerese - ha osservato ieri il segretario della Uilm di Palermo, Vincenzo Comella - e non è il caso di cominciare una guerra tra poveri, perché l’obbiettivo finale deve essere quello di far crescere la produzione dell’auto in Italia». Più o meno dello stesso avviso Paolo Centrella: «All’incontro di lunedì - ha fatto sapere l’esponente Ugl - chiederemo garanzie sulla salvaguardia di Termini e non mancheremo di manifestare la preoccupazione relativa agli stabilimenti del Sud».


Al vertice in programma a Roma nella sede del ministero dello Sviluppo economico parteciperà anche il sindaco della cittadina siciliana Salvatore Burrafato. E in vista del summit capitolino il primo cittadino ha lanciato segnali di distensione verso il governo. «Siamo confortati - ha detto - da questa attenzione istituzionale sullo stabilimento Fiat e sull’indotto di Termini Imerese». Al centro dell’attenzione, però, resta il nodo dei costi di produzione e non solo. Costi che rendono assai oneroso far uscire un’auto nuova da Termini Imerese rispetto ad altre fabbriche in Italia e all’estero. La spesa extra per ciascuna auto, fornita da Marchionne qualche giorno fa, è di mille euro. Di là dai costi, gli stabilimenti di Pomigliano d’Arco e Arese sembrano destinati allo stesso destino. E la Fiat non ha intenzione di fare dietrofront.


In Sicilia, specie fra i sindacati, cresce il rammarico per alcuni fondi che la Regione avrebbe potuto elargire proprio per lo sviluppo del sito industriale di Termini Imerese. In particolare, i 150 milioni di euro che a febbraio 2008 sono finiti al vaglio dell’assemblea regionale per poi sfumare nel nulla. Stesso discorso, per alcuni contratti di programma approvati negli scorsi anni dal Cipe. Il Comitato interministeriale per l’economia aveva dato il via libera a finanziamenti per oltre 43 milioni di euro, ma i contratti non sono mai stati stipulati.


Meno debiti


Marchionne, per ora, si concentra su altri aspetti, più legati a questioni squisitamente finanziarie. Ieri a Londra ha incontrato un gruppo di investitori. Ai quali ha spiegato che il colosso automobilistico torinese «esce più forte da un anno intenso e difficile». Nella city, il top manager del Lingotto ha confermato tutti gli obiettivi 2009: risultato della gestione ordinaria oltre un miliardo, cash flow industriale netto più di un miliardo, indebitamento industriale sotto i 5 miliardi. I debiti in scadenza del gruppo sono coperti ben oltre il 2010, ha indicato Marchionne, precisando che nei prossimi 12 mesi sono previsti a 6,1 miliardi, di cui 3,9 miliardi verso le banche. I numeri snocciolati in Inghilterra, però, non sono rimbalzati con effetto positivo a piazza Affari. Dove il titolo del Lingotto ha chiuso in negativo (-1,58% a 9,94 euro) un po’ come tutto il settore auto, trascinando in basso anche Exor (-2,73% a 12,81 euro), la cassaforte della famiglia Agnelli.


http://www.libero-news.it/articles/view/596073




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