Nick: Althusser Oggetto: IL LAVORO NOBILITA L'UOMO..... Data: 12/9/2004 11.17.8 Visite: 130
fonte: il manifesto/metrovie di venerdi 10 settembre 2004 Rosario Dello Iacovo Domenico Caiazza, 24 anni, perito elettrico, è uno degli iscritti al Nidil-Cgil di Napoli. La sua è una storia di ordinario precariato. Oltre un anno di lavoro in un call center a Napoli e un contratto trimestrale in una fabbrica metalmeccanica di Reggio Emilia, sono le tappe di questa incredibile vicenda. Due esperienze diverse, ma per molti aspetti accomunate dalle condizioni di lavoro, dall’arroganza dell’azienda, dall’assoluta incertezza del futuro. La storia inizia nel Marzo 2003, quando viene assunto come co.co.co. presso la filiale napoletana della "Iris" soc. coop., una società di telemarketing con sede centrale a Verona. Il suo lavoro consiste nel convincere telefonicamente i potenziali clienti ad avere un colloquio informativo con i responsabili della "Worldwide", per un corso d’inglese e uno d’informatica. Per i primi cinque mesi, Domenico riceve un fisso di 200 euro mensili e un compenso di 6 euro per ogni persona con la quale fissa un appuntamento in sede. Alla fine di agosto gli viene comunicato che il suo contratto è diventato di collaboratore a progetto (co.pro.), non gli viene più riconosciuto il fisso e i suoi guadagni sono legati esclusivamente al numero di appuntamenti che riesce a procacciare. Nella sede napoletana, sita al civico 290 di Corso Umberto I, gli operatori sono circa 180, divisi in tre gruppi di 60 unità per turni che vanno da un minimo di 4 ore a un massimo di 9. Il lavoro si svolge in un grande open space, una sala d’interesse storico con un pavimento a mosaico, sopra il quale viene montata una pedana di legno. Diventa l’habitat perfetto per una colonia di topi e l’azienda tenta di arginare l’invasione disponendo trappole lungo l’intero perimetro. C’è un solo bagno per gli uomini e uno per le donne e anche qui vengono ritrovate spesso le feci dei roditori. I turni sono decisi dalla direzione arbitrariamente e con pochissimo preavviso e si lavora anche nei giorni festivi. I lavoratori non hanno scelta: o accettano o sono licenziati. Non esiste cassa malattia e in seguito a un intervento al menisco Domenico resta 15 giorni a casa senza ricevere compenso. E’ la goccia che fa traboccare il vaso, contatta il Sindacato e appurate le irregolarità compiute dall’azienda, insieme ad altri lavoratori decide di aprire una vertenza legale. Nel maggio 2004 si licenzia e viene assunto con un contratto trimestrale stagionale dalla "Zapi metalmeccanica" di Reggio Emilia, una multinazionale che produce schede per muletto e motorini elettrici. Gli viene proposto un lavoro da impiegato, ma quando arriva al nord gli vengono invece assegnate mansioni da operaio. Emigrando sperava di migliorare la propria condizione, ma anche al nord deve constatare che la dignità del lavoro sembra essere sparita. In fabbrica c’è uno strano "nonnismo": l’ultimo arrivato non può sedersi per le 9 ore del turno lavorativo e gli vengono assegnate le mansioni più umili, comprese le pulizie. Sono circa 200 lavoratori, quasi tutti della zona e qualche meridionale. Spesso i responsabili dell’azienda esprimono pubblicamente rammarico "per la progressiva necessità di assumere meridionali e stranieri". In fabbrica non c’è sindacato, un solo precedente ha convinto i lavoratori che è "meglio non esporsi". L’unico delegato sindacale esistente qualche anno prima, era infatti oggetto di continui richiami, gli venivano affidati i lavori più faticosi e turni che comprendevano quasi sempre i giorni festivi. Misure che lo avevano spinto a licenziarsi. In questi giorni termina il suo contratto e Domenico tornerà a Napoli, con la magra consolazione che il precariato non è una prerogativa esclusiva delle regioni meridionali e con la convinzione che è necessario l’impegno sindacale dei giovani per combattere le perverse dinamiche del lavoro interinale.
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