Nick: mir Oggetto: La vita normale e quella no Data: 21/9/2004 14.11.3 Visite: 238
Oggi sto a casa. Piccola deviazione dalla normalità fatta dal 09.00-18.00 in un cubicolo che mi dà da mangiare (per adesso) e mi dà da farmi il sangue acido. Oggi è una bella giornata e mi sono goduto il terrazzo, il sole. Anche il rumore della tangenziale mi è sembrato più amichevole. C'è un sottile godimento nel pensare che tutto quello sbattersi almeno per oggi non mi riguarda. Sento i Motel Connection che come i Subsonica infilano bene le loro note negli spazi aperti dei pensieri cupi così come in quelli del cazzeggio più totale. Da adolescente qualche volta marinavo la scuola e quei momenti di libertà erano i più belli ed i più leggeri che avessi mai provato. In tutti i filoni del liceo ho scoperto Napoli facendomela a piedi da cima a fondo. Vedevo le Madonne sospese su qualche muro dei vicoli, i bassi dove c'era così poca luce che ti spaventavi quando qualcosa o qualcuno dentro si muoveva, ho visto anche per la prima volta i drogati svenuti su qualche cumulo di immondizia. E le partite a pallone in Villa dove emergeva il fatto che fossi un negato in tale sport ma anche che se stavo in difesa gli avversari ci pensavano due volte prima di affrontarmi. Da più piccolo c'era quel momento in cui i miei andavano a fare il riposino pomeridiano e quell'ora, ora e mezza era un vero momento di libertà. La casa era mia e diventava un grande campo di battaglia per i miei soldatini, per le esplorazioni dei miei astronauti o, semplicemente, era l'occasione per mettere le mani lì dove mi era proibito farlo durante il giorno "normale". Ai tempi dell'università andavo spesso ai corsi che non erano poi così diversi dalla scuola. Il fatto era che all'università ci andavo con la moto e la moto è un mezzo di libertà. Sarà capitato diverse volte che mentre percorrevo la solita strada per l'università abbia girato il "cavallo" e diretto il suo muso appuntito verso il mare o verso la montagna. Così nelle ore che dovevano essere deputate all'apprendimento mi ritrovavo su una spiaggia a guardare il mare d'inverno o a leggere qualche autore amato o a contemplare un panorama in un baretto da due soldi con una Peroni in mano. Le ore rubate. La normalità poteva essere anche non poter vedere chi ti stava a cuore e andare contro le regole per sottrarre un bacio, un abbraccio prima del ritorno al normale flusso degli eventi. Fare qualche chilometro sperando di non ricevere una fredda accoglienza e godendo delle carezze rubate al vuoto che riempie un incontro con un altro. Le regole servono per vivere, esattamente come le loro eccezioni. |