Nick: Hightecno Oggetto: eros & pathos (cap XXVI) Data: 27/9/2004 14.9.28 Visite: 129
Si crede comunemente che amare sia facile, che l’innamoramento sia il moto interiore più spontaneo per l’essere umano, e che non occorra sapienza o educazione per imparare ad amare ed essere amati. Non è tutto così semplice, e se solo guardiamo all'antagonismo che si stabilisce tra narcisismo e amore, cioè tra la richiesta di una stabilità nell’equilibrio libidico e l’attivazione energetica che il rapporto con l'Altro richiede, capiamo come si possano presentare non solo casi di incapacità di innamorarsi. di lasciarsi sedurre, di essere «trasportati altrove», anche solo temporaneamente. Molto spesso quando c’è una problematica connessa a ferite narcisistiche precoci, esiste anche una sostanziale difficoltà a impegnarsi in una relazione matura al di là dell’incontro occasionale, quello che non lascia tracce né pone all’individuo particolari richieste. Sono incontri che permettono alla persona di mantenere le sue barriere difensive tutelandosi così da quella che appare come la più grave minaccia al suo equilibrio, cioè il suo coinvolgimento intimo. Il fatto è che desiderare un altro significa entrare in un mondo che è fatto anche di sogni, fantasie e desideri che non sono i nostri. Di certo, neppure la condizione di innamoramento è sufficiente a provare che si è capaci di una relazione profonda, ciò nonostante essa indica un’apertura potenziale all’abbandono delle difese, un richiamo a una temporanea regressione fusionale: il lasciarsi condurre altrove. Non vi è dubbio che la vocazione di Eros sia quella di alterare, di sviare, di ferire, ma tali alterazioni e seduzioni sono funzionali, almeno potenzialmente, alla riorganizzazione di un nuovo assetto psicologico. Questa potenzialità trasformativa è anche dovuta al fatto che le nostre fantasie più intime, ossia capaci di animare e alimentare l’amore, permangono lungamente relegate nelle profondità del nostro inconscio. All’improvviso, poi, ecco apparire all’orizzonte la persona che sembra incarnarle: è il nostro seduttore. Ma non sempre si riesce a lasciarsi condurre in disparte dalle proprie immagini interne e da un confronto con l’Altro. L’innamoramento, questa forma di doppia, reciproca seduzione, vede i protagonisti portarsi vicendevolmente in disparte, fuori dalla scena e dal gioco sociale, dalle sue regole, dalle sue convenzioni, alleati anzi complici, come affiliati a una setta segreta, nel tentativo di sfuggire al controllo degli sguardi altrui per potere abbandonarsi a movimenti psichici particolari e di inconsueta intensità. È proprio questo sottrarsi alle prospettive e alle norme convalidate che rende l’esperienza amorosa letteralmente incomunicabile, comprensibile solo a chi la vive. Il dardo di Eros colpisce sempre il bersaglio da luoghi nascosti: l’identità del sedotto è un’identità coniugata al passivo, ma anche al passato, nel senso che ci si ritrova sedotti, irretiti, ci si accorge di essere stati feriti sempre e soltanto dopo. E così non è possibile parlare della seduzione senza esserne già coinvolti: essa agisce inavvertitamente, con effetto ritardato. Eppure, possiamo esserne colpiti solo in quanto siamo già esposti, ossia abitati da un desiderio inconscio che ci vuole vulnerabili alle frecce di Eros. Come è possibile ciò? La fascinazione amorosa è la via regia al confronto con le proprie componenti inconsce ed è per eccellenza il territorio ove, attraverso il gioco doloroso di Eros, noi abbiamo accesso al regno delle nostre immagini-affetto, ossia di quelle sedimentazioni dinamiche delle nostre più precoci esperienze emozionali, che guidano tacitamente le nostre scelte adulte. Le componenti inconsce, infatti, appaiono sempre nel campo emotivo sotto forma di coinvolgimento con qualcuno o qualcosa. È così che, attraverso l'Altro, veniamo catturati e fascinati da contenuti interni che chiedono ascolto, ed è per questo motivo (data l’inesauribilità del materiale inconscio) che il desiderio ha infinite mete e infiniti oggetti. Questo, naturalmente, non toglie nulla alla significatività della relazione e alla verità dell’Altro e del nostro amore per lui, anzi è la prova del fatto che l’anima dell’uomo si nutre solo di legami interpersonali.
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