Nick: Mach Oggetto: Divina(33) Data: 16/10/2004 10.57.22 Visite: 85
33. 1 La bocca sollevò dal fiero pasto 33. 2 quel peccator, forbendola a' capelli 33. 3 del capo ch'elli avea di retro guasto.
33. 4 Poi cominciò: «Tu vuo' ch'io rinovelli 33. 5 disperato dolor che 'l cor mi preme 33. 6 già pur pensando, pria ch'io ne favelli.
33. 7 Ma se le mie parole esser dien seme 33. 8 che frutti infamia al traditor ch'i' rodo, 33. 9 parlar e lagrimar vedrai insieme.
33. 10 Io non so chi tu se' né per che modo 33. 11 venuto se' qua giù; ma fiorentino 33. 12 mi sembri veramente quand'io t'odo.
33. 13 Tu dei saper ch'i' fui conte Ugolino, 33. 14 e questi è l'arcivescovo Ruggieri: 33. 15 or ti dirò perché i son tal vicino.
33. 16 Che per l'effetto de' suo' mai pensieri, 33. 17 fidandomi di lui, io fossi preso 33. 18 e poscia morto, dir non è mestieri;
33. 19 però quel che non puoi avere inteso, 33. 20 cioè come la morte mia fu cruda, 33. 21 udirai, e saprai s'e' m'ha offeso.
33. 22 Breve pertugio dentro da la Muda 33. 23 la qual per me ha 'l titol de la fame, 33. 24 e che conviene ancor ch'altrui si chiuda,
33. 25 m'avea mostrato per lo suo forame 33. 26 più lune già, quand'io feci 'l mal sonno 33. 27 che del futuro mi squarciò 'l velame.
33. 28 Questi pareva a me maestro e donno, 33. 29 cacciando il lupo e ' lupicini al monte 33. 30 per che i Pisan veder Lucca non ponno.
33. 31 Con cagne magre, studiose e conte 33. 32 Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi 33. 33 s'avea messi dinanzi da la fronte.
33. 34 In picciol corso mi parieno stanchi 33. 35 lo padre e ' figli, e con l'agute scane 33. 36 mi parea lor veder fender li fianchi.
33. 37 Quando fui desto innanzi la dimane, 33. 38 pianger senti' fra 'l sonno i miei figliuoli 33. 39 ch'eran con meco, e dimandar del pane.
33. 40 Ben se' crudel, se tu già non ti duoli 33. 41 pensando ciò che 'l mio cor s'annunziava; 33. 42 e se non piangi, di che pianger suoli?
33. 43 Già eran desti, e l'ora s'appressava 33. 44 che 'l cibo ne solea essere addotto, 33. 45 e per suo sogno ciascun dubitava;
33. 46 e io senti' chiavar l'uscio di sotto 33. 47 a l'orribile torre; ond'io guardai 33. 48 nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto.
33. 49 Io non piangea, sì dentro impetrai: 33. 50 piangevan elli; e Anselmuccio mio 33. 51 disse: "Tu guardi sì, padre! che hai?".
33. 52 Perciò non lacrimai né rispuos'io 33. 53 tutto quel giorno né la notte appresso, 33. 54 infin che l'altro sol nel mondo uscìo.
33. 55 Come un poco di raggio si fu messo 33. 56 nel doloroso carcere, e io scorsi 33. 57 per quattro visi il mio aspetto stesso,
33. 58 ambo le man per lo dolor mi morsi; 33. 59 ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia 33. 60 di manicar, di subito levorsi
33. 61 e disser: "Padre, assai ci fia men doglia 33. 62 se tu mangi di noi: tu ne vestisti 33. 63 queste misere carni, e tu le spoglia".
33. 64 Queta'mi allor per non farli più tristi; 33. 65 lo dì e l'altro stemmo tutti muti; 33. 66 ahi dura terra, perché non t'apristi?
33. 67 Poscia che fummo al quarto dì venuti, 33. 68 Gaddo mi si gittò disteso a' piedi, 33. 69 dicendo: ``Padre mio, ché non mi aiuti?''.
33. 70 Quivi morì; e come tu mi vedi, 33. 71 vid'io cascar li tre ad uno ad uno 33. 72 tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond'io mi diedi,
33. 73 già cieco, a brancolar sovra ciascuno, 33. 74 e due dì li chiamai, poi che fur morti. 33. 75 Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno».
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