Nick: _Roxanne Oggetto: la caduta Data: 22/10/2004 13.59.23 Visite: 115
LA CADUTA Quando Orïon dal cielo Declinando imperversa; E pioggia e nevi e gelo Sopra la terra ottenebrata versa, Me spinto ne la iniqua Stagione, infermo il piede, Tra il fango e tra l'obliqua Furia de' carri la città gir vede; E per avverso sasso Mal fra gli altri sorgente, O per lubrico passo Lungo il cammino stramazzar sovente. Ride il fanciullo; e gli occhi Tosto gonfia commosso, Che il cubito o i ginocchi Me scorge o il mento dal cader percosso. Altri accorre; e: oh infelice E di men crudo fato Degno vate! mi dice; E seguendo il parlar, cinge il mio lato Con la pietosa mano; E di terra mi toglie; E il cappel lordo e il vano Baston dispersi ne la via raccoglie: Te ricca di comune Censo la patria loda; Te sublime, te immune Cigno da tempo che il tuo nome roda Chiama gridando intorno; E te molesta incìta Di poner fine al Giorno, Per cui cercato a lo stranier ti addita. Ed ecco il debil fianco Per anni e per natura Vai nel suolo pur anco Fra il danno strascinando e la paura: Nè il sì lodato verso Vile cocchio ti appresta, Che te salvi a traverso De' trivii dal furor de la tempesta. Sdegnosa anima! prendi Prendi novo consiglio, Se il già canuto intendi Capo sottrarre a più fatal periglio. Congiunti tu non hai, Non amiche, non ville, Che te far possan mai Nell'urna del favor preporre a mille. Dunque per l'erte scale Arrampica qual puoi; E fa gli atrj e le sale Ogni giorno ulular de' pianti tuoi. O non cessar di porte Fra lo stuol de' clienti, Abbracciando le porte De gl'imi, che comandano ai potenti; E lor mercè penètra Ne' recessi de' grandi; E sopra la lor tetra Noja le facezie e le novelle spandi. O, se tu sai, più astuto I cupi sentier trova Colà dove nel muto Aere il destin de' popoli si cova; E fingendo nova esca Al pubblico guadagno, L'onda sommovi, e pesca Insidioso nel turbato stagno. Ma chi giammai potrìa Guarir tua mente illusa, O trar per altra via Te ostinato amator de la tua Musa? Lasciala: o, pari a vile Mima, il pudore insulti, Dilettando scurrile I bassi genj dietro al fasto occulti. Mia bile, al fin costretta, Già troppo, dal profondo Petto rompendo, getta Impetuosa gli argini; e rispondo: Chi sei tu, che sostenti A me questo vetusto Pondo, e l'animo tenti Prostrarmi a terra? Umano sei, non giusto. Buon cittadino, al segno Dove natura e i primi Casi ordinàr, lo ingegno Guida così, che lui la patria estimi. Quando poi d'età carco Il bisogno lo stringe, Chiede opportuno e parco Con fronte liberal, che l'alma pinge. E se i duri mortali A lui voltano il tergo, Ei si fa, contro ai mali, Della costanza sua scudo ed usbergo. Nè si abbassa per duolo, Nè s'alza per orgoglio. E ciò dicendo, solo Lascio il mio appoggio; e bieco indi mi toglio. Così, grato ai soccorsi, Ho il consiglio a dispetto; E privo di rimorsi, Col dubitante piè torno al mio tetto. Giuseppe Parini un po' di cultura su ircnapoli non guasta, tanto piu' che il nome di Parini e' legato ad un dibattito penale-sociologico proprio in questi giorni... |