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Nick: Peppos
Oggetto: Intervista
Data: 28/10/2004 18.55.13
Visite: 54

Parla il vicepremier Gianfranco Fini

Nelle casse dello Stato mancano i soldi necessari per tener fede a tutte le promesse fatte agli italiani, e nelle urne mancano i voti indispensabili per continuare a vincere. Perciò è venuto «il tempo delle scelte» nella Cdl, perciò il vicepremier ritiene necessario «un nuovo patto». Tra alleati, e tra l’alleanza e gli elettori. Tra alleati, e tra l’alleanza e gli elettori. Così, dopo la secca sconfitta alle Suppletive e in vista dell’intesa sulla Finanziaria, Gianfranco Fini illustra un percorso che - a suo dire - «ci consentirà di recuperare»: «Le condizioni ci sono, a patto che la diagnosi sulle cause dei problemi sia condivisa. Non ha senso prospettare terapie fantasiose se non si concorda sulle ragioni dell’oggettivo malessere della coalizione. La ragione a mio avviso è che c’è un forte disincanto con punte di delusione nei nostri elettori. Non è vero infatti che il centrosinistra avanza, ma vince perché l’astensionismo colpisce quasi esclusivamente la Cdl. Il centrosinistra non è più unito di noi, tutt’altro. Ma è più motivato. Intendiamoci, l’unità è facile quando si sta all’opposizione, è un’unità quasi mai propositiva, molto radicalizzata, come è accaduto per la mozione sull’Iraq, che galvanizza i militanti, fa ricorso alla piazza, ma che renderebbe quasi impossibile governare. E nella Gad i più accorti lo sanno».

Sarà, ma nel frattempo a ogni tornata elettorale si registra il successo dell’opposizione.
«Infatti noi non possiamo accontentarci di evidenziare questa verità. Per rimotivare l’elettorato dobbiamo passare immediatamente all’azione. Serve un nuovo inizio e lo immagino a due livelli. Il primo è relativo allo stato di salute della Cdl in periferia, perché è nel rapporto con il territorio che abbiamo i problemi più gravi. C’è un deficit di classe dirigente, ci sono partiti organizzativamente deboli e spesso litigiosi, assai più di quanto lo siano al vertice. C’è assenza di collaborazione e in alcuni casi persino di dialogo con sindacati, associazioni di volontariato, categorie professionali. E’ necessario allora creare delle cinghie di trasmissione tra il centro e la periferia. Spero si sia capito che - passata l’ubriacatura post ’94 - senza partiti forti non si motiva più l’elettorato e non si intercetta il voto di opinione. E condivido quanto dice Storace: il centrodestra deve ascoltare di più gli umori e i malumori popolari».

Il governatore del Lazio lo dice a Berlusconi...
«E vengo al secondo livello di intervento, a mio avviso il più urgente: riguarda i contenuti dell’azione di governo da qui alla fine della legislatura».

Dopo l’ennesimo vertice conclusosi senza intesa sul taglio delle tasse, il premier ha ripetuto che se non riuscirà a mantenere le promesse andrà a casa.
«In alcuni casi il programma del 2001 è stato attuato al cento per cento: penso alla riforma della scuola, alla legge sull’immigrazione, alla riforma costituzionale, a quella del mercato del lavoro, alla riforma delle pensioni. In altri casi siamo riusciti a percorrere solo metà strada, aumentando comunque le pensioni minime e varando il primo modulo della riforma fiscale. Con onestà intellettuale occorre però ammettere che il programma elettorale fu pensato in una congiuntura economica precedente l’11 settembre, totalmente diversa e assai più favorevole di quella che purtroppo stiamo attraversando. Avremo anche commesso degli errori, ma nessuno avrebbe saputo far meglio. Ne dobbiamo andare orgogliosi e dobbiamo comunicarlo agli italiani attraverso l’azione dei partiti in periferia. Ora, però, va fatta professione di realismo e di serietà politica».

Sta per dire quel che Berlusconi non vorrebbe sentirsi dire?
«Constato semplicemente che l’abolizione dell’Irap e la riduzione a due sole aliquote 23% e 33% dell’Irpef sono un obiettivo impossibile da raggiungere entro il 2006, vista la condizione dei conti pubblici e il modesto trend di crescita previsto per il 2005. Noi dobbiamo dirlo. E dobbiamo anche impegnarci a scrivere un nuovo programma fino al termine della legislatura. Penso a un programma apparentemente poco ambizioso, in realtà concreto e realistico, che centrerei quasi esclusivamente sugli aspetti economico-sociali più gravi. Bisognerà fare delle scelte che sono ormai ineludibili, indicando le priorità. Se le risorse finanziarie sono esigue, non si può pensare di dare qualcosa a tutti, perché alla fine scontenteremmo tutti. Faccio un esempio. Se nel 2005 le risorse disponibili per la riforma fiscale, e reperibili con tagli alle spese e non agli investimenti, ammontano a 5,5 miliardi di euro, si deve anzitutto sciogliere un nodo: con la riforma fiscale vogliamo tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori e delle famiglie o rilanciare la capacità produttiva delle imprese?».

Quale sarebbe la sua opzione?
«La decisione va presa collegialmente. Se la risposta fosse la prima, andrebbe abbassata l’Irpef mantenendo però almeno per il 2005 un’aliquota alta per quei 650 mila contribuenti oltre i 70 mila euro, su una platea di 38 milioni, che non hanno certo il problema di arrivare a fine mese o di rinunciare alla pizza. Tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori e delle famiglie è indispensabile. Lo si può fare diminuendo le tasse ma anche contenendo i prezzi e le tariffe, cosa che stiamo facendo, e rinnovando i contratti di lavoro scaduti. Non si può dire ai pubblici dipendenti non ti rinnovo il contratto, ma in cambio ti abbasso le tasse. Se invece si ritiene che ridurre le tasse serve per rilanciare la produzione, si deve intervenire sull’Irap e sul Sud, come chiedono tutte le associazioni d’impresa. Pensare, con 5,5 miliardi di euro, di fare entrambe le cose, significa sognare a occhi aperti».

Intanto i sindacati hanno indetto lo sciopero generale.
«Lo considero uno sciopero pretestuoso. Sanno perfettamente che la Finanziaria tiene sotto controllo i conti pubblici. Anziché manifestare contro i conti in ordine, non sarebbe male se Cgil, Cisl e Uil avanzassero proposte. Specie ora che con Siniscalco all’Economia c’è quel dialogo con le parti sociali che la personalità di Tremonti aveva reso problematico».

Non è tardi per invertire la rotta ?
«No, perché sono certo che sapremo rimotivare l’elettorato con un nuovo programma, che dovrà essere scritto da tutte le forze della Cdl senza egemonie o discriminazioni».

Per vincere, Berlusconi pensa di allargare i confini del centrodestra ai radicali e alla Mussolini.
«Non ha senso allargare la coalizione inseguendo una logica di sommatoria aritmetica, spesso un po’ schizofrenica: eppoi in politica due più due raramente fa quattro. Chiediamoci cosa vogliamo fare, e solo dopo verifichiamo chi è disposto a farlo con noi, dando disponibilità a recepire le proposte degli eventuali nuovi alleati».

Quindi niente rimpasto.
«Varato il nuovo programma per l’ultima parte della legislatura, magari anche attraverso la convocazione degli Stati generali della Cdl, potrebbe anche nascere un nuovo governo».

E il Cavaliere le pare oggi disponibile?
«Abbiamo dei problemi, ma non quello della leadership: nessuno pensa a primarie o a strategie volte a indebolire il premier. Sarebbe puro autolesionismo. Ma se vogliamo dare uno choc positivo alla pubblica opinione, lavorare rapidamente a un programma nuovo, da attuare con una squadra di governo diversa e con la prospettiva di una coalizione più ampia, penso sia una possibilità interessante. Tocca a Berlusconi decidere, in piena autonomia. Ma deve farlo in fretta, perché non abbiamo molto tempo».

Accetterebbe di inserire nella trattativa sul nuovo programma anche la riforma della legge elettorale in senso proporzionale?
«Bisogna essere consapevoli che la legge elettorale non è mai neutra: il proporzionale rafforza lo spirito identitario dei partiti, mentre il maggioritario mette l’accento sullo spirito di coalizione. Vorrei che quando si discute di questi temi ne fossero tutti consci. In ogni caso non siamo contrari a discutere di ipotesi di riforma, a patto che salvi la democrazia dell’alternanza e la logica bipolare».

Teme che la legge elettorale diventi il grimaldello per scardinare il sistema bipolare?
«La riforma costituzionale con l’introduzione del premierato è un antidoto al rischio. Comunque la legge elettorale delle regionali garantirebbe uno schema bipolare».

Lei ipotizza un Berlusconi-bis, intanto non si sa se il ministro Buttiglione diverrà commissario europeo.
«Abbiamo fiducia nel presidente Barroso e in Buttiglione. Siamo certi che si troverà una soluzione positiva».

Ritiene che dietro l’offensiva contro il candidato italiano si celi una vendetta contro il governo italiano?
«Le difficoltà emerse sono frutto di una serie di fattori. C’è in effetti la volontà di qualcuno di colpire il governo italiano: penso alla sinistra italiana e ai molti che nell’Europarlamento non si rassegnano al fatto che Berlusconi governi. Poi penso a quanti, usando le dichiarazioni di Buttiglione, hanno colto l’occasione per delegittimare il ruolo dei cattolici in politica. Altrimenti non si capirebbe perché il Ppe ha fatto quadrato attorno a Buttiglione. C’è anche una ragione legata al ruolo che l’Europarlamento rivendica all’interno dell’architettura istituzionale dell’Unione. E infine un’ultima ragione: la tentazione di votare contro la Commissione alla vigilia della firma del Nuovo Trattato a Roma, per colpire il processo europeo».

Se è vero che la Cdl non se la passa bene, è anche vero che An è minata da forti polemiche correntizie. In questi casi tocca ai leader muoversi.
«Alla prossima Direzione anche il problema delle correnti e dei personalismi dovrà essere affrontato all’interno di una strategia politica e in un quadro di riorganizzazione del partito. Non è una questione che si risolve con ordini di scioglimento delle componenti. Davanti ai dirigenti sarò chiaro: al governo c’è tutta An e non ci sono ministri o componenti di An. E se il partito decidesse che è necessario un mio impegno a tempo pieno per far continuare la stagione della destra di governo, lo farei senza esitazioni e senza rimpianti per la carica di vicepresidente del Consiglio».

Fonte:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2004/10_Ottobre/28/fini.shtml



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Intervista   28/10/2004 18.55.13 (53 visite)   Peppos

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