Nick: Peppos Oggetto: Sulla guerra arabo-israeliana Data: 2/11/2004 13.19.3 Visite: 169
Chiedo scusa per l'eccessiva lunghezza, ma essendo al 90% argomento che sosterrò nella tesi di laurea, possiedo molto (troppo) materiale al riguardo. Del resto, stiamo parlando di un conflitto che affonda le sue radici nel 1880... Cito dunque le parole di chi non è di parte. Fonte: http://www.paceinmedioriente.it Andiamo per ordine: Primo Periodo: 1880-1913 Alla fine dell'Ottocento non esistevano né lo Stato di Israele né lo Stato di Palestina. L'area era governata dall'Impero ottomano che l'aveva divisa in due distretti amministrativi: il sangiaccato di Gerusalemme e il vilayet di Beirut. La popolazione ammontava a circa 600 mila persone, la maggior parte araba mussulmana di fede sunnita. L'attività economica si svolgeva principalmente in campagna dove le terre appartenevano a grandi proprietari che rappresentavano l'élite urbana. Intorno al 1880 la maggioranza degli ebrei viveva nell'Impero russo da dove però furono costretti a partire dopo l'uccisione di Alessandro II che scatenò la rabbia della popolazione russa contro di loro. Dopo aver subito vari progrom, gli ebrei diedero vita ad una grande migrazione verso gli Stati Uniti e la Palestina dove fondarono le prime colonie. Il sionismo politico è però da collegare alla figura di Theodor Herzl. Herzl si trovava a Parigi nel pieno del caso Dreyfus e, sconvolto dall'aria antisemita che si respirava in Europa occidentale, cominciò a pensare alla possibilità che gli ebrei potessero costituire uno stato proprio per loro. Herzl morì nel 1904 ma la sua intuizione non scomparve con lui. Secondo Periodo: 1914-1917 Nel 1914 la Turchia entra nella prima guerra mondiale. Ciò spinse subito l'Inghilterra a cercare un'alleanza con gli arabi: McMahon, alto commissario britannico al Cairo, cominciò a trattare con lo sceriffo della Mecca Hussein promettendogli una futura indipendenza araba in cambio dell'appoggio contro i turchi. Ma ben presto, incalzata dalle difficoltà, l'Inghilterra ebbe bisogno anche del movimento sionista dove spiccava la figura di Chaim Weizmann. Weizmann era un chimico e per via dei suoi studi sull'acetone (necessario per la costruzione di esplosivi) entrò in contatto con esponenti di governo britannici tra cui il ministro degli Esteri Arthur Balfour. Balfour pensava che gli ebrei americani potevano spronare gli Stati Uniti ad un maggiore e costante impegno nella guerra e così si fece artefice della famosa dichiarazione di Balfour per garantirsi ciò. Fu esposta alla federazione sionista britannica il 2 novembre 1917 e affermava che la Gran Bretagna vedeva con favore la costituzione in Palestina di un "focolare nazionale ebraico". Comunque Londra prometteva di rispettare i diritti degli arabi nella regione. Terzo Periodo 1917-1933 La Gran Bretagna ottiene il controllo della Palestina dopo la Prima guerra mondiale non sotto forma di colonia ma di mandato affidatole dalla Società delle Nazioni. L'amministrazione britannica si rese presto conto della difficoltà di mantenere le promesse che aveva fatto agli arabi e agli ebrei durante la prima guerra mondiale. Nei primi anni '20 cominciarono poi le prime rivolte degli arabi contro il governo britannico e contro gli ebrei. Nel tentativo di placare gli animi, l'allora ministro delle Colonie, Winston Churchill, emanò un memorandum nel quale fu ridimensionata la possibilità degli ebrei di costituire un "focolare nazionale in Palestina. Tuttavia nel 1922 gli ebrei erano 83.790 su 752.048 e nel 1929 arrivarono a 156.481 su 992.559 [Fraser, Il conflitto arabo israeliano, Il Mulino 2002]. Crearono l'Agenzia ebraica per la Palestina che ben presto fu capace di coordinare la vita degli ebrei costruendo scuole e ospedali e l'Università di Gerusalemme. Gli arabi al contrario stentavano a decollare a causa delle lotte interne tra i sostenitori degli Husseini e degli Nashashibi. Quarto Periodo: 1933-1939 In Germania nel 1933 sale al potere Hitler e di fronte ad un antisemitismo dilagante molti ebrei cominciarono ad abbandonare l'Europa. Gli ebrei che poterono scapparono quasi tutti in Palestina anche perché dal 1936 gli Stati Uniti avevano posto dure restrizioni all'immigrazione. Ma diversamente dalle precedenti ondate migratorie, quest'ultima si era riversata principalmente sulle città più che nelle campagne. In Palestina così gli ebrei raggiunsero quota 370.483 su 1.336.517 abitanti [Fraser, Il conflitto arabo israeliano, Il Mulino 2002]. Gli arabi reagirono a ciò che reputavano un sopruso: crearono l'Alto comitato arabo e diedero vita ad una serie di rivolte che furono sedate con difficoltà dalle truppe britanniche. L'Olocausto Lo sterminio di sei milioni di ebrei è cruciale per comprendere le complesse vicende mediorientali perché portò a un desiderio cosmico da parte dei sopravissuti di assicurarsi una vita certa in uno stato ebraico. Crisi del mandato britannico I britannici non sapendo più come gestire la situazione, d'altronde l'aver preso in passato una serie di impegni diplomatici strumentali e contraddittori e ispirati a una rischiosa imprudenza non aveva facilitato la loro missione di potenza mandataria, decisero di deferire alle Nazioni Unite il futuro della Palestina. A maggio del 1947 si svolse una sessione speciale dell'Assemblea Generale che si aprì con una importantissima dichiarazione dell'Unione Sovietica in favore di uno stato ebraico. Così dopo la dichiarazione dello Yom Kippur dell'anno precedente da parte di Truman nella quale sosteneva che la spartizione fosse la migliore soluzione, le due massime potenze mondiali erano d'accordo su come avviare il processo di decolonizzazione in Medio Oriente. Fu presto istituito un Comitato speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina (UNSCOP) formato da paesi soci ma "neutrali". Pertanto la scelta ricadde sui seguenti paesi: Perù, Uruguay, Guatemala, Svezia, Paesi Bassi, Cecoslovacchia, Yugoslavia, Canada, Australia, India e Iran. Scopo del Comitato era trovare una soluzione pacifica tra le ormai evidenti inconciliabili pretese degli ebrei e degli arabi palestinesi. Gli ebrei non cercarono di ostacolare i lavori della Commissione, anzi vi parteciparono attivamente ma in modo scorretto: "avevano collocato dei microfoni nelle stanze del Comitato che li informavano sull'orientamento dei membri e sulle dichiarazioni dei testimoni". [cfr. Morris, Vittime pag. 233, Rizzoli 2002]. Gli arabi invece, non capendo che le le decisioni dell'UNSCOP sarebbero state decisive per l'assetto futuro della Palestina, decisero di boicottarlo. Quinto Periodo: L'Exodus 1947 Durante i lavori del Comitato accadde un episodio che sembrò chiarire una volta per tutte lo stato apatico in cui versava il mandato britannico. L'Hagana caricò 4.500 rifugiati ebrei in un vecchio traghetto americano, l'Exodus 1947, che fece salpare da un porto francese in direzione della Palestina. Dal 1946 i britannici inviavano gli immigrati clandestini in dei campi di detenzione a Cipro che però furono nel giro di un anno già pieni. Quando Exodus si avvicinò alle coste palestinesi si scatenarono violenti scontri con la Marina Reale. "L'episodio confermò il fallimento del regime britannico". [cfr. Fraser, Il conflitto arabo israeliano, pag. 41, Il Mulino 2002]. Il piano dell'UNSCOP Il principio base del piano dell'UNSCOP era che "le rivendicazioni sulla Palestina degli arabi e degli ebrei, possedendo entrambe validità, sono inconciliabili e che, tra le soluzioni avanzate, la spartizione assicura la sistemazione più realistica e attuabile". La spartizione in due parti separate della Palestina era però seguita da due clausole: l'unità economica sarebbe stata mantenuta la città di Gerusalemme avrebbe costituito un corpum sepatatum amministrato dalle Nazioni Unite I dubbi non mancarono: se arabi ed ebrei avevano "rivendicazioni inconciliabili" come potevano cooperare in un'unione economica? I più scettici evidenziarono anche il fatto che in nessuno dei sottodistretti della Palestina gli ebrei possedevano la maggioranza della terra e che in uno solo (Tel Aviv e dintorni) la maggioranza della popolazione. Risoluzione n.181 del 29 novembre 1947: approvato il piano di spartizione delle Nazioni Unite sulla Palestina Il 29 novembre 1947, con la Risoluzione n.181, l'Onu approvò la divisione della Palestina in due stati: uno arabo e uno ebraico. La risoluzione passò con 33 voti a favore, 13 contrari e 10 astenuti. In conseguenza dell'approvazione del piano di piano di spartizione delle Nazioni Unite sulla Palestina, l'Alto comitato arabo proclamò 3 giorni di sciopero a cui seguirono numerosi episodi di violenza che non furono efficacemente sedati dalla politica minimalista britannica. Scoppiò così una vera e propria guerra civile dove si fronteggiavano gli arabi, divisi in gruppi eterogenei, e gli ebrei, molto meglio addestrati. L'Agenzia ebraica trasformò l'Hagana da milizia clandestina in un nucleo di un esercito creando 6 brigate che si mobilitarono subito secondo i dettati del piano D, preparato dal capo delle operazioni militari Yigael Yadin. Il piano D era finalizzato sia alla difesa delle postazioni assegnate allo stato ebraico e sia alle aree a maggioranza ebraica situate nella parte araba. Per raccontare l'orrore e le atrocità di questa guerra civile basta citare due episodi: il massacro del villaggio arabo di Deir Yassin, dove due gruppi ebraici estremisti (Stern e Irgun) uccisero senza motivo 250 arabi palestinesi e l'attacco a un convoglio medico di ebrei che causò la morte di 70 persone. Il 15 maggio 1948 il leader sionista David Ben Gurion annuncia l'indipendenza dello Stato di Israele. Il riconoscimento americano arrivò dopo solo 11 minuti seguito da quello sovietico. Ma solo otto ore dopo gli eserciti arabi di Siria, Transgiordania, Iraq, Egitto e Libano decisero di attaccare lo Stato di Israele. I paesi arabi diedero vita ad una coalizione non omogenea e impreparata perché solo l'esercito egiziano era in grado di poter combattere veramente. Inoltre Israele si accordò segretamente con la Transgiordania che in cambio di una belligeranza tenera avrebbe ottenuto i territori a ovest de fiume Giordano. Dopo una breve tregua, l'8 luglio riprese la guerra. Gli israeliani misero sotto assedio le città di Ramle e Lydda che erano state assegnate alla Palestina dal piano di spartizione ma per la loro posizione strategica erano diventate un obbiettivo del neonato stato ebraico. Ben Gurion in persona diede l'ordine di evacuare i 70.000 abitanti che, nel caldo torrido estivo, furono costretti a mettersi in viaggio verso Ramallah. Un centinaio di loro morì durante il tragitto. Il 18 luglio entrò in vigore un seconda tregua durante la quale Bernadotte, mediatore del conflitto delle Nazioni Unite, lavorò a una soluzione diplomatica. Il 16 settembre presentò le sue conclusioni: Israele avrebbe mantenuto la Galilea ma abbandonato gran parte del Negev e restituito le città di Ramle e Lydda Gerusalemme doveva costituire un corpum separatum amministrato dalle Nazioni Unite Ai rifugiati palestinesi doveva essere garantito il diritto di tornare nelle loro terre Poco dopo la consegna del piano Bernadotte fu ucciso da ebrei estremisti. La guerra proseguì. Israele voleva risolvere sul campo la questione del Negev ma ad un passo dalla totale conquista del deserto un errore costò l'arresto di una avanzata che sembrava inarrestabile. Cinque caccia israeliani abbatterono per errore cinque velivoli britannici che stavano portando aiuti agli egiziani nel Sinai. Nella prospettiva di una guerra globale gli americani intervennero e posero fine alle ostilità. Gli israeliani avevano allargato notevolmente i loro confini assicurandosi Gerusalemme ovest e il Negev, tranne una piccola area che fu chiamata Striscia di Gaza. Risoluzione n.194 : L'11 dicembre 1948 le Nazioni Unite approvarono la risoluzione numero 194. Nel testo si legge che ai circa 700.000 profughi palestinesi "deve essere consentito di tornare a casa". Fu presto evidente che Israele non aveva alcuna intenzione di accoglierli. Nacque così l'UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees) che ebbe il compito di provvedere alla sistemazione dei rifugiati. Sesto Periodo: 1950-1954 La Knesset (Parlamento israeliano) approvò la legge del ritorno: ogni ebreo aveva il diritto di stabilirsi in Israele. Tra il 1948 e il 1951 furono 304.000 gli ebrei che si trasferirono e la maggior parte di loro proveniva dalle comunità ebraiche del Medio Oriente e del nord Africa. Sempre nel 1950 il Parlamento di Amman annetté la Giudea e la Samaria (detta Cisgiordania o West Bank) al regno. Con questa conquista il regno di Transgiornania di Abdullah Hussein prende il nome di Giordania. La Lega araba non protestò anche se la Giordania sottraé il territorio a quella che sarebbe stata la Nazione palestinese. 1951 Il 20 luglio il re Abdullah di Giordania venne ucciso mentre si recava a pregare alla moschea di Al Aqsa a Gerusalemme. Gli succede Hussein. 1952 La rivoluzione dei giovani ufficiali dell'esercito egiziano, tra i quali spiccano le figure di Nasser, Amer e Sadat, abbatté la monarchia di re Farouk. Nel 1954 Nasser diviene il presidente dell'Egitto. 1953 Gli israeliani iniziarono dei lavori per deviare le acque del fiume Giordano. Solo la condanna degli Stati Uniti seguita dalla minaccia di sospendere un sostanzioso pacchetto di aiuti Israele interruppe i lavori. Settimo Periodo: Crisi di Suez 1954 Nasser ottenne il primo successo in politica estera ottenendo dalla Gran Bretagna il ritiro delle truppe di Sua Maestà dal Canale di Suez. 1955 Il Presidente egiziano, dopo aver partecipato alla conferenza di Bandung, strinse un accordo commerciale con la Cecoslovacchia in base al quale l'Egitto avrebbe scambiato cotone con armamenti di fabbricazione sovietica. Preoccupati dal riarmo del nemico Egitto, i servizi segreti israeliani organizzarono una serie di attentati contro uffici governativi americani al Cairo con lo scopo di far emergere le debolezze del paese delle Piramidi. Ma le cose non andarono per il verso sperato: gli agenti dei servizi segreti furono arrestati e la polizia egiziana informò Washington sulla loro identità. In seguito Israele si mise alla ricerca di un partner che potesse garantire equipaggiamenti militari più all'avanguardia di quelli che si era assicurato Nasser. La scelta ricadde sulle Francia che da tempo stava cercando di far crollare il regime di Nasser perché aiutava i guerriglieri algerini rifornendoli di armi. I due paesi firmarono un contratto che prevedeva la vendita di una ottantina di caccia Mystère e altrettanti carri armati. La crisi in Medio Oriente si aprì quando Nasser decise di voler aprire una diga ad Assuan che avrebbe permesso sia di regolare il corso del Nilo e sia di fornire energia idroelletrica a basso costo. Per realizzare questo progetto serviva però un finanziamento della Banca mondiale e sovvenzioni dal governo americano e britannico. Gli Stati Uniti furono lenti nel percepire e nel rispondere alle richieste egiziane, d'altronde la diffidenza di Eisenhower e Dulles nei confronti di Nasser non era segreta. Un margine di manovra comunque restava ma sicuramente gli americani non avrebbero mai finanziato un progetto insieme ai sovietici. Nasser questo lo sapeva ma non voleva certo privarsi degli aiuti dell'Unione Sovietica. Nel maggio del 1956 il ministro degli Esteri sovietico partecipò alla partenza dell'ultimo contingente britannico dal canale di Suez ma nell'incontro con Nasser non promise i soldi necessari per la costruzione della diga. Il presidente egiziano corse allora a bussare alla porta di Dulles. Diplomaticamente il segretario di Stato americano disse che l'anno finanziario era stato chiuso e che dunque non era più possibile effettuare ulteriori prestiti. Visto il rifiuto americano, e di conseguenza britannico, e ancora il continuo rimando dei sovietici di finanziare la costruzione di una diga ad Assuan, il 26 luglio 1956 Nasser decise di nazionalizzare il canale di Suez che fino ad allora era gestito da una compagnia con sede a Parigi il cui contratto di affitto sarebbe terminato nel 1968. Gli azionisti furono giustamente indennizzati. Le navigazioni del canale passavano ora in mani egiziane e i proventi della gestione sarebbero serviti per finanziare la costruzione della diga. Il rifiuto della Francia e della Gran Bretagna di riconoscere la nazionalizzazione del canale di Suez era basato dal fatto che i due paesi occidentali vedevano il regime di Nasser come un nemico dei loro interessi in Medio Oriente e non dalla preoccupazione che l'Egitto non fosse capace di gestire il canale. Un tentativo di riconciliazione fu fatto dagli americani che promossero una conferenza a Londra su questa questione. Le parti erano però troppo lontane. Il primo ministro francese Mollet era scatenato, il suo omologo inglese Eden era più cauto perché sapeva che gli Stati Uniti avrebbero difficilmente approvato una risposta militare. La Francia allora contattò Israele per vedere se era disposto a collaborare. Negli incontri segreti che si tennero a Parigi i due paesi decisero che l'appoggio britannico era indispensabile per un intervento militare. Ulteriori colloqui ai quali partecipò anche la Gran Bretagna portarono al protocollo di Sèvres: gli israeliani avrebbero attaccato il 29 ottobre le postazioni egiziane nel deserto del Sinai. Francia e Gran Bretagna con il pretesto di salvaguardare il canale sarebbero intervenute per dividere i due belligeranti. C'era un solo problema: come avrebbero reagito gli Stati Uniti? Il 29 ottobre partì l'attacco. Dayan in poco tempo conquistò il Sinai. Francia e Gran Bretagna lanciarono il loro ultimatum che venne rifiutato dalle parti in conflitto. Ma quando i paracadutisti francesi e britannici si lanciarono su porto Said Israele ed Egitto avevano già accettato la proposta delle Nazioni Unite di un cessate il fuoco. L'invasione anglo-francese non aveva più senso. La Francia e la Gran Bretagna si ritirarono solo il 21 novembre quando arrivarono i primi contingenti UNEF. Il ritiro israeliano non fu così rapido. Il presidente americano Eisenhower, appena rieletto, fu chiarissimo: l'esercito israeliano doveva ritirarsi. Solo l8 novembre, dopo averle provate quasi tutte, Ben Gurion si convinse. "Ben Gurion non aveva capito che all'indomani dello smacco anglo-francese gli Stati Uniti sentivano di essere rimasti soli a rappresentare gli interessi dell'Occidente e a controbilanciare l'influenza dell'Unione Sovietica; e per non perdere l'intero mondo arabo dovevano mostrarsi più rigidi che in passato con Israele". [cfr. Morris, Vittime pag. 378, Rizzoli 2002] 1959 Alcuni giovani palestinesi, tra i quali spiccava la figura di Yasser Arafat, avviarono una serie di colloqui che portarono alla nascita di Al Fatah. 1964 Viene fondata l'Organizzazione per la liberalizzazione della Palestina (OLP). Fu creata in un vertice arabo con lo scopo di istituire un organizzazione palestinese in grado di contrapporsi allo stato di Israele. L'Olp era però pilotata da Nasser e dagli altri paesi arabi. Ottavo Periodo : il 1967 - La guerra dei sei giorni Dopo la crisi di Suez del 1956, il deserto del Sinai era una zona cuscinetto dove era stanziato il contingente UNEF di 1.400 uomini delle Nazioni Unite. L'Aman, il servizio informazioni militari delle IDF, riteneva in numerosi rapporti che la probabilità di una nuova guerra tra Israele e l'Egitto fosse molto scarsa. Alla base di questa considerazione c'era il fatto che l'economia egiziana non si trovava in ottime condizioni e perciò non la si riteneva capace d sostenere i costi di un conflitto. Il 13 maggio 1967 l'Unione Sovietica informò Nasser che gli israeliani erano sul punto di sferrare un attacco alla Siria e per questo avevano schierato 12 brigate al confine settentrionale. In realtà nessun ammassamento di truppe era in corso e per dimostrarlo il primo ministro israeliano Eshokol invitò l'ambasciatore sovietico a fare un sopraluogo lungo il confine. La risposta fu no. Il perché l'Unione Sovietica inviò quella informazione falsa non è ancora noto anche se di ipotesi non mancano. C'è chi pensa che avesse voluto coinvolgere gli Stati Uniti in un guerra in Medio Oriente e chi crede che si sia trattato solo di informazioni errate. Comunque il pasticcio era stato fatto. Sempre il 13 maggio il ministro della Difesa siriano Hafez Assad parlò con il suo omologo egiziano Amer dell'ammassamento di truppe israeliane e poi lo pregò di fare una mossa che potesse allentare la pressione in corso sulla Siria. Il 14 maggio due divisioni egiziane attraversarono il canale di Suez e si insediarono sul Sinai. Due giorni dopo Nasser chiese al segretario generale delle Nazioni Unite U Thant di far ritirare il contingente UNEF dal Sinai. Senza sentire il Consiglio di Sicurezza U Thant diede l'ordine di ritirarsi. Il 21 maggio Nasser chiuse gli Srtetti di Tiran rompendo l'impegno preso nel 1957 secondo il quale lo stretto sarebbe stato una via d'acqua internazionale. Inoltre la chiusura degli stretti era considerata da Israele come un casus belli. Il 30 maggio re Hussein andò in visita al Cairo dove firmò un trattato di difesa reciproca con l'Egitto. L'accerchiamento ora era completo. Il 4 giugno il governo israeliano decise di sferrare un attacco preventivo. Il 5 giugno partì l'attacco: in una sola giornata l'aviazione israeliana distrusse 304 aerei egiziani su 419, 53 aerei siriani su 112 e 28 aerei giordani su 28. Il 7 giugno la parte est di Gerusalemme è in mano agli ebrei due giorni dopo toccava alla Cisgiordania. Dopo la guerra dei sei giorni passarono sotto l'autorità di Israele: Gerusalemme Est, le Alture del Golan, la Cisgiordania e il deserto del Sinai. Il 27 giugno in fretta e furia la Knesset fece passare una serie di leggi che estendevano l'autorità israeliana a Gerusalemme Est. Nel vertice arabo di Kartum i paesi arabi decisero di non voler trattare con Israele Il 22 novembre 1967 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approvò la la discussa Risoluzione n.242 che prevedeva, nella versione inglese, il ritiro israeliano da zone occupate, mentre in quella francese il ritiro era previsto dalle (e cioè tutte) zone occupate. La Risoluzione prevedeva anche il rispetto della sovranità, integrità e indipendenza di ogni Stato della regione e una soluzione equa al problema dei profughi palestinesi. Nono Periodo : il 1970 - Settembre Nero Con il passare del tempo i guerriglieri palestinesi divenivano meglio organizzati ed armati ed il loro ruolo in Giordania minacciava seriamente l'autorità di re Hussein. Inoltre, sia i continui duelli di artiglieria fra i guerriglieri e le truppe israeliane, che il dirottamento di diversi aerei, crearono il timore di un possibile golpe palestinese in Giordania. Dopo due tentativi alla sua vita, re Hussein decise di scatenare una violenta offensiva contro le roccaforti dei gruppi terroristici palestinesi. Il 27 settembre settembre Nasser convocò una conferenza al Cairo per cercare di ottenere un cessate il fuoco. L'accordo riuscì ma il giorno seguente il presidente egiziano fu colto da un arresto cardiaco. Gli succedette Sadat. In seguito l'OLP si trasferì in Libano. Decimo Periodo : il 1972 - Terrorismo palestinese fuori dallo Stato di Israele Le operazioni militari dell'Olp al di fuori dei confini dello Stato di Israele crebbero in modo spaventoso all'inizio degli anni'70 dello scorso secolo. Se nel 1971 solo il 3% delle azioni terroristiche venivano compiute all'estero nel 1973 ammontavano già al 30%. Attentati terroristici di guerriglieri palestinesi non si sono verificati solo nel 1972 ma di certo quelli di quest'anno sono stati i più cruenti: nel mese di maggio 3 elementi dell'Armata rossa giapponese, reclutati dall'FPLP, compirono una strage al terminal dell'aeroporto di Lod: spararono all'impazzata uccidendo più di venti persone nel mese di settembre guerriglieri palestinesi uccisero 12 atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco Undicesimo Periodo : il 1973 - La guerra dello Yom Kippur Il mondo arabo in quegli anni era particolarmente compatto contro il suo nemico di sempre: Israele. Gheddafi aveva preso il potere in Libia, al Numeiri in Sudan, il partito Baath iracheno che avrebbe portato al potere Saddam Hussein era particolarmente agguerrito e in più i guerriglieri palestinesi incominciavano ad essere meglio organizzati. L'ubriacante vittoria nella guerra dei sei portava Israele a sottovalutare il nemico arabo che in realtà si stava riarmando per riconquistare i territori perduti. Sadat e Hafez al Assad erano infatti convinti di non poter ottenere nulla sul piano negoziale e così decisero nei primi mesi del 1973 di sferrare un attacco congiunto contro Israele il 6 ottobre, giorno della festa ebraica dello Yom Kippur. La guerra del Kippur fu per Israele la maggiore sorpresa in campo strategico. Da un lato "il moltiplicarsi degli attentati palestinesi contro Israele e contro obbiettivi israeliani all'estero distolse risorse dell'intelligence dalle osservazioni delle forze arabe regolari a favore della lotta al terrorismo", dall'altro le mistificazioni dell'Egitto e della Siria furono molto efficaci. [cfr. Mossad, Morris Rizzoli 2003] Guerra Il 6 ottobre partì l'attacco egiziano-siriano contro Israele. Nei primi due giorni di battaglia, anche grazie all'effetto sorpresa, furono le nazioni arabe ad avere la meglio. Addirittura l'Unione Sovietica consigliò a Nasser di fermarsi in modo tale da poter dimostrare di aver infranto l'inviolabilità di Israele. Ma Nasser proseguì solo che con il passare dei giorni arrivarono i rifornimenti americani chiesti dal primo ministro israeliano Golda Meir. Di fronte a questo imponente ponte aereo i paesi arabi produttori di petrolio decisero di diminuire la produzione e di proclamare un embargo negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi. Il segretario di Stato americano Kissinger lavorò al fianco dell'Unione Sovietica per riportare le parti sul tavolo del negoziato. Fine delle ostilità tra Israele ed Egitto L'11 novembre 1973 fu firmato al Km. 101 della strada tra Suez e il Cairo il cessate il fuoco tra Egitto e Israele. In seguito, nel gennaio del 1974, le truppe israeliane si ritirarono dalla sponda occidentale del canale di Suez e si stabilirono a est dei valichi di Gidi e Milta. Infine con gli accordi siglati il 1°settembre 1975 Israele si ritirò a ovest dei valichi e restituì i giacimenti petroliferi di Abu Rudeis all'Egitto. Fine delle ostilità tra Israele e Siria Il 31 maggio 1974 fu firmato l'accordo tra Israele e la Siria in base al quale le truppe israeliane si sarebbero ritirate un pochino più indietro rispetto ai confini acquisiti dopo la guerra dei giorni. Nel 1973 l'OLP ottiene il riconoscimento diplomatico da parte di 114 Stati. 1974 Vertice arabo di Rabat (Marocco) In questo vertice venne sancito il diritto del popolo palestinese di stabilire un'autorità nazionale indipendente sotto la leadership dell'Olp nella sua capacità di unico rappresentante legittimo del popolo palestinese. 1977 Il presidente egiziano Sadat, nel tentativo di abbattere la "barriera psicologica del sospetto" (queste le sue parole) tra il suo paese e Israele, fece un discorso all'Assemblea del popolo in cui annunciò che "era pronto ad andare in Israele a fare la pace". Undici giorni dopo, il 20 novembre 1977, Sadat andò in visita alla Knesset con lo scopo di intavolare con il primo ministro israeliano Begin un negoziato di pace per l'intera regione mediorientale. La pace arrivò due anni più tardi. 1979 Il presidente egiziano Anwar Sadat e il premier israeliano Menachem Begin con la mediazione del presidente Jimmy Carter firmarono a Camp David firmano un accordo che mise fine allo stato di guerra tra i due Paesi che durava da 30 anni. In cambio del riconoscimento egiziano del diritto all'esistenza di Israele, gli israeliani restituirono la penisola del Sinai. I due Paesi stabilirono formali relazioni diplomatiche. La Lega araba espulse l'Egitto per aver firmato la pace con Israele. 1981 Il 14 dicembre 1981 la Knesset votò l'annessione de facto del Golan. Dodicesimo Periodo : 1982 - La guerra in Libano Dopo il Settembre nero i guerriglieri palestinesi si erno rifugiati nel sud del Libano che diventò presto teatro di numerosi scontri. Nel marzo del 1978 Israele lanciò una prima offensiva contro le roccaforti dei terroristi occupando il Libano fino a sud del fiume Litani ma, dopo le minacce del presidente americano Carter, il primo ministro israeliano Begin diede l'ordine di ritirarsi. Ma l'instabilità restava e dunque il problema era rimasto aperto. Operazione "Pace in Galilea" Nel tentativo di instaurare a Beirut un governo amico, Begin si mise in contatto con Bashir Gemayel, leader del partito falangista. Ma il ferimento dell'ambasciatore israeliano a Londra da parte di uomini dell'Olp, ma ostili ad Arafat, fece precipitare la situazione. Il 6 giugno del 1982 Israele diede il via all'operazione "Pace in Galilea". In poche settimane le truppe israeliane misero sotto assedio la città di Beirut. Ancora una volta gli Stati Uniti intervennero per imporre il cessate il fuoco: il 12 agosto il presidente Reagan telefonò a Begin chiedendogli di porre fine a un massacro ingiustificato. Il giorno dopo cessarono le ostilità. L'Olp stilò una lista contenente i nomi dei guerriglieri da fare espatriare sotto la protezione di truppe degli Stati Uniti, dell'Italia e della Francia. Il 3 settembre completato l'espatrio le forze multinazionali lasciarono il Libano pensando di aver evitato il peggio. Ma il 14 settembre fu ucciso Bashir Gemayel. La mattina successiva le truppe israeliano ritornarono ad assediare la parte ovest della città di Beirut. Ma ora non essendoci più i guerriglieri i campi profughi erano senza protezione. Ma fu l'infelice decisione dell'esercito israeliano di affidare alle forze falangiste la cattura dei terroristi nei campi profughi che portò al massacro di Sabra e Chatila. Frettolosamente fu ricomposta una forza internazionale mentre Israele si ritirava mantenendo una una zona di sicurezza nel sud del paese. Il 23 ottobre gli sciiti, in minoranza rispetto ai sunniti in Libano ma particolarmente agguerriti, sferrarono un attacco contro le truppe francesi e americane causando la morte di 78 soldati francesi e 241 marines. Il presidente Reagan, in pieno periodo elettorale, annunciò il ritiro delle sue truppe. L'opinione pubblica sempre più contraria portò Israele a effettuare un ulteriore ritiro anche se fu mantenuta una zona di sicurezza. Tredicesimo Periodo - 1987 – Prima Intifada Scoppia la prima Intifada (deriva dal verbo "nfada" che vuol dire scrollare, levarsi di dosso qualcosa), una rivolta del tutto spontanea dei palestinesi di Gaza e della Cisgiordania contro l'occupazione militare israeliana. Al ventesimo anniversario della guerra dei sei giorni, nei Territori circa il 50% della popolazione era nata e vissuta sotto l'occupazione. Era cresciuta inoltre la diffidenza del popolo palestinese rispetto ai paesi arabi colpevoli a loro giudizio (e non solo) di averli sempre messi in secondo piano. Si era sviluppata una società civile capace di produrre centri culturali, associazioni e organizzazioni femminili. Combattevano sopratutto contro i coloni ebrei che all'inizio degli anni'80 erano arrivati a 70.000 unità in Cisgiordania e 2.000 nella Striscia di Gaza. 1988 Il Consiglio nazionale palestinese riunito ad Algeri proclama la creazione simbolica di uno Stato palestinese in Cisgiordania e a Gaza con Gerusalemme capitale. Arafat dichiara, a Ginevra, di accettare le diverse Risoluzioni Onu (242 e 338) e di riconoscere Israele, pur non cancellando dalla Carta palestinese il proposito di annientarlo. 1989 Dopo il 1989 l'alleggerimento delle restrizioni all'espatrio vigenti in Unione Sovietica aveva portato a una ondata improvvisa di circa 370.000 immigrati in Israele. Nel 1992 in Cisgiordania la popolazione ebraica era arrivata a 97.000 unità, nella Striscia di Gaza a 3.600, nelle Alture del Golan a 14.000 e a Gerusalemme Est a 129.000. Quattordicesimo Periodo : 1991 - Conferenza di Madrid Sotto la presidenza congiunta del presidente americano George Bush e di Gorbaciov si svolse a Madrid una conferenza di pace alla quale parteciparono: Israele, la Siria, il Libano e l'Egitto. Era presente anche una delegazione palestinese-giordana. I colloqui non portarono a nessun cambiamento radicale, era ancora troppo presto. 1993 Pace? Forse una svolta Trattative segrete in Norvegia fra OLP e Israele portano a un trattato di reciproco riconoscimento che comprende una limitata autonomia palestinese a Gaza e Gerico e in prospettiva un accordo destinato a risolvere lo stato di Gaza e della Cisgiordania. L'accordo è sigillato dalla stretta di mano Arafat-Rabin alla Casa Bianca (13 settembre 1993). La Knesset e il Consiglio centrale dell'Olp ratificano l'accordo con 61 voti favorevoli, 50 contrari e 8 astenuti, il primo organo; 63 favorevoli e 8 contrari, ma con molte assenze, il secondo. Israele e Santa Sede Il 30 dicembre 1993 lo Stato di Israele e la Santa Sede sottoscrivono un accordo che sancisce il reciproco riconoscimento. 1994 In febbraio un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccide 39 palestinesi mentre pregano in una moschea di Hebron, mentre altri attentati fanno salire di molto la tensione. A maggio Israele, ottemperando all'intesa, si ritira da Gerico e da Gaza. Arafat rientra in Palestina dopo decenni di esilio e nomina il primo governo dell'Autorità nazionale palestinese che prende il controllo di queste città. 1995 Il controllo dell'Autorità nazionale palestinese si estende ai sei città della Cisgiordania. Un estremista della destra israeliana al termine di una manifestazione a Tel Aviv uccide il premier Yitzhak Rabin a colpi di rivoltella. Il processo di pace faticosamente avviato dai due ex nemici subisce un brusco stop. La tensione torna a salire rapidamente in tutta la Palestina. 1996 Si svolgono le prime elezioni palestinesi, secondo gli accordi di Taba. Le elezioni riguardano il Consiglio di Autonomia (88 membri) e la scelta del presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese. Arafat è eletto presidente con l'88% dei voti e Al Fatah si aggiudica 65 degli 88 seggi del Consiglio di Autonomia. Hamas, Fdpl e Fplp boicottano le elezioni. In Israele il 29 maggio si tengono le elezioni politiche secondo una nuova legge elettorale, che prevede l'elezione diretta del primo ministro e l'elezione della Knesset con il tradizionale metodo proporzionale. L'affluenza alle urne sfiora il 90% e Shimon Peres, che ha preso la guida dei laburisti dopo l'assassinio di Rabin, viene sconfitto di stretta misura da Benjamin Netanyahu, nuovo leader della destra. Netanyahu promette di lavorare per un trattato definitivo di pace ma intanto sostiene la costruzione di nuove colonie nei territori palestinesi oggetto della trattativa. Quindicesimo Periodo : 1998 - Gli accordi di Wye Mills Con la mediazione di Bill Clinton e del malato re giordano Hussein, il premier Benjamin Netanyahu e il presidente dell'Autorità palestinese Yasser Arafat, dopo lunghissime trattative, raggiungono un accordo in più punti: 1)ritiro in tre fasi di Israele dal 13% dei Territori della Cisgiordania e passaggio di consegne del 14% dei Territori controllati dai palestinesi 2)l'Autorità palestinese si impegna a mettere in prigione 30 persone che Israele sospetta di terrorismo. Lo Stato ebraico si impegna a liberare 750 detenuti palestinesi 3)i palestinesi si impegnano a cancellare nella Carta dell'OLP le clausole sulla distruzione dello Stato di Israele 4)corridoi sulla Striscia di Gaza e la Cisgiordania, aereoporto palestinese a Gaza. 1999 Gli elettori israeliani rispondono positivamente alla campagna del nuovo leader la burista Ehud Barak, il militare più decorato della storia d'Israele, che sconfigge alle elezioni con largo margine Benjamin Netanyahu. Le prospettive di una vera pace sembrano buone. In settembre Barak e Arafat firmano un accordo per attuare le intese che erano state firmate l'anno prima a Wye Mills. 2000 A Camp David nelle montagne del Maryland iniziano i negoziati a tre per un accordo-quadro tra Israele e l'Autorità palestinese. Bill Clinton esorta entrambi le parti a fare concessioni "perché nessuno può ottenere il 100% di ciò che vuole a vantaggio del proprio Paese." Arafat respinge la proposta statunitense di una sovranità israelo-palestinese nella parte orientale di Gerusalemme, accettata da Barak. Israele aveva infatti proposto la restituzione dell'88% dei Territori, l'autonomia limitata su alcuni luoghi santi, la costruzione della città Al Quds da collegare a sobborghi arabi di Gerusalemme Est, e un passaggio riservato alla spianata delle moschee e il rimpatrio di 10.000 rifugiati palestinesi (cartina dei rifugiati palestinesi). Barak si è spinto là dove nessuno dei precedenti leader israeliani era giunto (cartina sulle proposte israeliane). Ma Arafat non vuole essere ricordato come l'uomo che ha svenduto la Spianata delle Moschee. Il 28 settembre esplode la seconda sollevazione palestinese o nuova Intifadah. E' originata dalla visita provocatoria del leader del Likud, Ariel Sharon, alla Spianata delle Moschee. Il primo ottobre la nuova Intifadah dilaga nelle località abitate da arabi in Israele. I morti sono 12, tra cui un soldato israeliano e due bambini di dieci anni. Inizia l'esclation militare: in quindici mesi, fino al gennaio 2002, il numero delle vittime è stato di 1132: 872 palestinesi e 238 israeliani. 2001 I negoziati si bloccano sul problema dei profughi palestinesi e sullo statuto di Gerusalemme (cartina della città vecchia). Prende forma il Piano Clinton: 1)il 95% dei territori della Cisgiordania e Gaza ai palestinesi 2)sovranità palestinese sull'Haram el Sharif 3)sovranità israeliana sul Muro del Pianto e sul sottosuolo della Spianata delle Moschee 4)Gerusalemme Est capitale del futuro Stato palestinese 5)no al diritto al ritorno per i rifugiati palestinesi (Israele si impegna ad acconsentire un rientro simbolico di 100.000 profughi). In febbraio Sharon vince le elezioni con il 62,5% dei voti, dura la sconfitta di Barak. Marzo: spari contro i coloni, uccisa una bambina di 10 mesi. Dura reazione israeliana. Il 28 aprile Yasser Arafat scioglie Al Fatah. Nel cuore della notte, il presidente palestinese annuncia la decisione di abolire il movimento politico da lui fondato e di cui è ancora, almeno formalmente, il capo. Il motivo sembra evidente: Al Fatah è diventato troppo estremista e radicale, trasformandosi in un'organizzazione militare che si è messa alla testa della rivolta, l'Intifada scoppiata sette mesi prima. In aprile, dopo che Washington ha opposto il suo veto all'Onu per l'invio di una forza di interposizione, Israele rioccupa parzialmente la zona A. Il 6 maggio viene consegnato il rapporto Mitchell, il documento redatto dalla commissione internazionale per la pace in Medio Oriente presieduta dall'ex senatore George Mitchell. Queste le principali indicazioni: Israele deve "congelare ogni attività negli insediamenti", inclusa la "naturale crescita" degli insediamenti già esistenti. L'Autorità palestinese deve "rendere chiaro con azioni concrete ai palestinesi e agli israeliani che il terrorismo va condannato ed è inaccettabile, e che l'Autorità palestinese si impegnerà al 100 per cento per prevenire il terrorismo e punire i responsabili di azioni terroristiche". Giugno. attentato suicida in una discoteca a Tel Aviv. Muoiono 21 persone. Il 17 ottobre viene ucciso a Gerusalemme il ministro del turismo israeliano Rehavam Zeevi. Due uomini gli hanno sparato in albergo La rivendicazione dell'Fplp. La condanna dell'Anp. Il 30 ottobre Arafat in visita a Roma incontra il Papa, Berlusconi e Ciampi. Il leader dell'Anp: "Più speranze dopo i colloqui di Roma". Dicembre: nuovi attentati a Gerusalemme. Israele prepara la rappresaglia. Passano pochi giorni e dei razzi israeliani colpiscono a Gaza tre elicotteri usati dal presidente palestinese per gli spostamenti e la pista dell'aeroporto. Il premier israeliano Ariel Sharon afferma che "la responsabilità di tutto ciò che succede è di Arafat" che viene confinato nella "Moqata", il suo quartiere generale a Ramallah. Il 12 dicembre in Cisgiordania: attentato su un autobus, muoiono dieci israeliani, trenta sono i feriti. Dopo poche ore, la reazione israeliana: missili su Gaza, Nablus e Ramallah. Il giorno dopo il governo israeliano, con l'opposizione del ministro degli Esteri Shimon Peres, decide di rompere i contatti con il presidente dell'Autorità nazionale palestinese. "Israele si difenderà con le sue forze e ritiene che Arafat sia fuori gioco - annuncia un portavoce - Non avremo più contatti con lui dato che non fa niente contro il terrorismo". Il 15 dicembre gli Stati Uniti mettono il veto su una risoluzione dell'Onu per la creazione di un sistema di monitoraggio in Medio Oriente. Secondo Washington la risoluzione, appoggiata dai paesi arabi e dai palestinesi, ignorerebbe i recenti attentati anti-israeliani e punterebbe a isolare Israele. Nella risoluzione si chiedeva ai palestinesi e a Israele di cessare le violenze e si "incoraggiava" la creazione di un "meccanismo di sorveglianza" sul terreno per aiutare a disinnescare un conflitto che dall'inizio della nuova intifada (settembre 2000) ha fatto già più di 1000 morti. Dodici paesi, tra cui Russia, Cina e Francia, hanno votato a favore della risoluzione, mentre Gran Bretagna e Norvegia si sono astenute. Gli Usa, l'alleato più vicino a Israele nel Consiglio di sicurezza, hanno già bloccato con il veto tre precedenti tentativi dei palestinesi di portare nella regione, con l'avallo delle Nazioni Unite, osservatori internazionali. Secondo alcuni analisti il progetto inoltre veniva in qualche modo in soccorso del presidente palestinese Yasser Arafat - in questo momento particolarmente in difficoltà - perché sottolineava che l'Autorità palestinese "resta una parte indispensabile e legittima" per giungere alla pace. Sempre sul fronte diplomatico, si è saputo che il presidente George W. Bush ha richiamato oggi pomeriggio a Washington l'inviato speciale in Medio Oriente, Anthony Zinni. Quasi in contemporanea, la Cnn ha dato la notizia di una lettera inviata da Arafat al presidente Usa, affinché lasci nella regione il suo emissario. Fonti della Casa Bianca hanno però assicurato che il rientro di Zinni sarà di breve durata e che l'inviato tornerà a riprendere la sua missione nella regione dopo le consultazioni. Secondo il movimento israeliano Shalom Ah'shav (Pace ora) Israele ha creato 10 nuove colonie. Sedicesimo Periodo : il 2002 Gennaio: a Hadera un palestinese irrompe in una sala dove si celebra un matrimonio, sparando all'impazzata. Il bilancio e' di sei morti israeliani oltre all'attentatore. Il 27 gennaio una donna kamikaze si fa esplodere nella centralissima Jaffa Road di Gerusalemme. E' il primo esempio di terrorista donna della nuova Intifada. Febbraio: viene completata la bozza di un accordo tra Peres e il presidente del Consiglio legislativo palestinese Abu Ala. Il 16 un kamikaze palestinese dell'Fplp si fa saltare in aria in una pizzeria a Karnei Shomron, provocando quattro morti. Il 17 febbraio il principe ereditario dell'Arabia saudita Abdullah, in un'intervista al "New York Times" rilancia l'idea di pace in cambio di terra. Sempre in febbraio verrà colpito dagli israeliani il quartier generale di Arafat. In seguito il gabinetto israeliano per la sicurezza decide che Arafat continuerà a restare confinato a Ramallah e che potrà circolare liberamente nella città. Al tempo stesso decide di ritirare le truppe e i carri armati che circondano il suo quartiere generale. Il 15 febbraio una ragazza kamikaze palestinese di 15 anni si lancia, armata di un coltello, contro un posto di blocco israeliano nei pressi di Tulkarem, in Cisgiordania, finendo uccisa dai soldati. Solo due giorni dopo e un'altra donna kamikaze palestinese si fa saltare in aria a un posto di blocco. Marzo: attentato suicida nel quartiere ultraortodosso di Beit Yisrael, a Gerusalemme. Muoiono dieci israeliani. Il 6 elicotteri da combattimento israeliani lanciano due razzi contro un edificio dei servizi d'informazione palestinesi, a Ramallah, adiacente agli uffici di Arafat. Inizia una serie di rappresaglie nelle quali gli israeliani uccideranno più di 50 palestinesi. L'11marzo Israele abolisce le misure di confino di Arafat a Ramallah e gli ridà libertà di movimento ma solo in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Nel comunicato si afferma che la revoca del confino è una conseguenza dell'arresto dei responsabili dell'uccisione del ministro del turismo e dell'arresto di uno degli organizzatori del tentativo di contrabbandare armi dall'Iran nei territori palestinesi. 12 marzo: su proposta degli Usa, il Consiglio di sicurezza dell'Onu approva la risoluzione 1379 che tra l'altro prefigura "una regione nella quale due Stati, Israele e la Palestina, vivano fianco a fianco, all'interno di frontiere riconosciute e sicure". Carri armati israeliani prendono posizione attorno all'ufficio di Arafat, a Ramallah. Le forze israeliane occupano gran parte della città. Nuovi scontri provocano almeno 40 morti, 33 palestinesi e 7 israeliani. Passa qualche giorno e riprende la spola diplomatica di Anthony Zinni, l'inviato statunitense in Medio Oriente. L'esercito israeliano inizia il ritiro di tutte le sue truppe e dei carri armati dalle città palestinesi di Ramallah, Qalqilyia, Tulkarem e Betlemme, in Cisgiordania, e dal campo profughi di Al Boureji, nella striscia di Gaza. Il 20 marzo si verifica un nuovo attentato suicida e Sharon dichiara: "Finché proseguono gli episodi di terrorismo, il presidente palestinese Yasser Arafat non sarà autorizzato a lasciare i Territori". Sharon nega ad Arafat il permesso di andare a Beirut per il vertice arabo. Un responsabile israeliano dichiara che "le condizioni non sono mature per permettere a Arafat di andare all'estero. Egli non ha impartito alcun ordine alla sua polizia di lottare contro il terrorismo e continua a abbandonarsi a incitazioni alla violenza". Il 27 marzo: Pasqua ebraica di sangue in Israele: attentato kamikaze in un hotel di Netanya (20 morti e oltre 130 feriti), l'uomo bomba si fa esplodere durante la cerimonia che inaugura le festività; un kamikaze si fa esplodere in un ristorante a Tel Aviv (un morto e 27 feriti) e il giorno dopo un altro attentato suicida ad Haifa fa diciassette morti. 28 marzo: Arafat dichiara: "Io affermo che siamo pronti a un cessate il fuoco immediato e ne ho informato il generale Zinni". Il portavoce di Sharon replica che il suo paese "ne ha abbastanza delle dichiarazioni fatte da Arafat ogni volta che è sottoposto a pressioni". A Beirut, la Lega Araba approva una proposta per la pace in Medio Oriente (il piano saudita). 29 marzo: Israele lancia l'Operazione Scudo di Difesa in Cisgiordania, rioccupando le principali città palestinesi. 31 marzo: un kamikaze palestinese uccide 16 israeliani ad Haifa 2 aprile: i carri armati e la fanteria israeliana lanciano un attacco a Betlemme. Terroristi palestinesi trovano rifugio nella Chiesa della Natività. 9 aprile: una cruenta battaglia nel campo profughi di Jenin lascia morti sul campo 13 soldati israeliani e 109 palestinesi. 12 aprile: un kamikaze palestinese si fa saltare in aria in un autobus a Gerusalemme. Sei i morti. 15 aprile: Barghouti, leader di Al Fatah in Cisgiordania, viene arrestato a Ramallah dalle truppe israeliane. 10 maggio: fine dell'assedio alla Chiesa della Natività 5 giugno: un attentatore palestinese uccide 17 israeliani. Il giorno dopo, come rappresaglia, Israele invia carri armati e bulldozer a Ramallah per distruggere il quartier generale di Yasser Arafat. 18 giugno: un kamikaze palestinese si fa saltare in aria in un autobus a Gerusalemme. Venti i morti e quaranta i feriti. 16 luglio: otto coloni ebrei sono uccisi in Cisgiordania da proiettili sparati da terroristi palestinesi. 22 luglio: un jet israeliano lancia una bomba su un'area residenziale della città di Gaza, uccidendo il leader militare di Hamas, Salah Shehadeh e altri 14 palestinesi, compresi 9 bimbi. |