Nick: Hightecno Oggetto: Allora siamo tutti colpevoli Data: 12/11/2004 18.16.18 Visite: 104
Le motivazioni adottate dal vicepresidente del Senato per licenziare un suo dipendente: un caso esemplare... "Siti estranei sul lavoro" ROMA - Domenico Fisichella alle agenzie: "Il collaboratore licenziato faceva attraverso il computer del Senato ricorrenti collegamenti con siti del tutto estranei agli interessi di un ufficio pubblico". Dal caso del segretario particolare licenziato, nasce un tema che riguarda tutti noi, e non è quello del diritto a seguire il proprio orientamento sessuale. No, qui il problema che nasce dall'ultima dichiarazione del fondatore di An è un altro, e riguarda chiunque lavori in un ufficio: siamo tutti spiati? E scrivendola nell'altro verso: siamo tutti abusivi della comunicazione? Partiamo dal dato elementare che in una "rete locale" (quella di una azienda, di un ufficio pubblico, di un ospedale, qualsiasi luogo di lavoro dove si usi l'informatica) il comportamento di chi usa i terminali è "tracciabile". E' possibile verificare quali siti siano stati visitati, è possibile vedere quanti messaggi di posta e a chi siano stati mandati. E' "possibile" farlo. Non troverete un solo specialista di informatica che non vi dica che è impossibile, con molti distinguo. Ma si tratta di pietose, dovute, professionali bugie Questa facoltà di vigilare viene rivendicata dalle aziende per proteggere i loro interessi. Non è un problema italiano: in altri paesi, come quelli anglosassoni, le aziende si rifiutano anche solo di discutere il loro diritto a vigilare con ogni mezzo. Si dice: se è giusto che il capo si preoccupi che i dipendenti non siano sempre al telefono o al bar, è altrettanto legittimo che si chieda se non stiano troppo a giocare col computer o a guardare siti porno (sottinteso: invece che a lavorare). E inoltrandosi su un terreno ancora più delicato: è diritto o no di una azienda prevenire atti di spionaggio industriale ai propri danni, atti che potrebbero essere commessi da propri dipendenti usando il computer e la sua capacità di comunicazione? Anche qui, è difficile negare il diritto del datore di lavoro a tutelarsi. E tuttavia il terreno non potrebbe essere più "sensibile". Ecco perché Se io-controllore posso verificare quali siti ha visitato il dipendente Tizio, posso anche guardare a mia volta quei siti. Questo non prova assolutamente nulla a carico del dipendente, se non la perdita di tempo (accertabile peraltro attraverso programmi che rendono note agli amministratori di sistema le "statistiche d'uso" delle diverse applicazioni). E tuttavia se io sono il gestore della rete informatica di un istituto di suore, il fatto che qualcuno abbia visitato un sito porno costituisce un indizio pesante a carico di quella persona. Se poi sono uno che odia gli omosessuali, allora il fatto che la persona abbia visitato un sito gay potrà particolarmente irritarmi. In altre parole: l'uso che il datore di lavoro fa delle informazioni acquisite dipende dalla sua correttezza, cultura democratica e discrezione. Un fragile confine. Se poi il concetto di sicurezza (diritto indiscutibile dell'azienda, ripetiamo) viene esteso all'uso improprio del pc, perché di proprietà dell'azienda o dell'ente, allora siamo tutti al di fuori delle regole. Chiediamoci: chi non ha mai pagato una bolletta sul sito delle poste? Chi non ha mai cercato in quale sala danno un certo film? Chi non ha mai scritto una mail privata, magari d'amore, dall'ufficio? Se questo è il tema, siamo tutti colpevoli (e resta ovvio che non è professionale usare in modo privato il computer aziendale al di là del minimo definito dalla discrezione). Eppure, trasformata in tema d'accusa, è questa la contestazione che Domenico Fisichella fa al suo collaboratore, ed è questo l'argomento "legittimo" che può nascondere mille discriminazioni. La legge sulla privacy dice che tutto questo non si potrebbe fare . Il buon senso ci mostra che nella realtà questo avviene e non possa, in parte, non avvenire. Per le aziende, dove sta il confine fra sicurezza e spionaggio? E per i dipendenti, quello fra discrezione e abuso?
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