Nick: Mach Oggetto: Come morta Data: 13/12/2004 23.1.12 Visite: 73
Racconto letto su un newsgroup:
Come morta, distesa supina al centro del letto, la mia donna sembra un bambola di legno. Finemente intagliato, il suo volto ansioso, in attesa della mia invasione di carne, tradisce il suo soffio vitale con una piccola ragnatela di perline acquose. Le ciocche brune sono anch’esse abbandonate tra i cuscini, e tracciano un sentiero verso la spalliera del letto. Trema nel caldo, vittima della mia passione: le ho già lasciato un segno rosso sulla pelle sottile del collo; è mio il primo sangue. Puntate le mani verso i bordi del materasso, restano inerti le braccia, esposto l’incavo dei gomiti, ad asciugare i segni arcaici che ho tracciato con la saliva. E i seni, perfetti nella penombra azzurra, restano ad un sospiro dallo sbocciare, piccoli monti di crema incoronati da una ciliegia ancora acerba. Come morta, distesa supina al centro del letto, lei resta ad un passo dal mio corpo teso, senza cercarmi, senza neanche aspettarmi. Sono sospeso, col petto, con le spalle, col membro eretto, su di una enorme domanda. La mia donna chiede senza chiedere, le labbra gonfie di baci schiuse in un inizio silenzioso. Ed io non rispondo, non mi arrendo a lei che, sottomessa, mi punta addosso l’arma del suo aroma tentatore. Sotto di me, è lei che comanda. La conosco cedevole al tocco, umida polla per bagnarmi le dita, stretta guaina ad abbracciarmi il sesso, persino bocca tra le sue gambe a succhiarmi il glande. Ma tutto il suo corpo, se lo prendessi adesso, non mi risponderebbe. Ogni muscolo mi si negherebbe, rifiuterebbe di farsi gabbia per il mio torace, sarei dolorosamente libero di andare e venire senza sosta, senza pace. Dischiusa eppure non aperta. Desiderosa ma non sollecita a fondersi, a legarsi con me, che bramo la prigionia del suo ventre, la schiavitù delle sue braccia. Infine mi arrendo, tutto mirato verso di lei, sussurro esitante la risposta e la vedo sciogliersi dal suo torpore. La vedo tendersi verso di me, offrirmi i palmi roventi delle sue mani, lasciare il petto libero di sbocciare in capezzoli vermigli. E le affondo tra le cosce bagnate, sospingendomi in lei che è viva, è presente, è mia. Sussurrando, esclamando, urlando: “Ti amo”.
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