Nick: Althusser Oggetto: 2005, META' DEL PRIMO DECENNIO Data: 19/12/2004 3.19.44 Visite: 271
E in un attimo arrivamo a metà del primo decennio del nuovo millennio. IL 2005 calò fra capo e collo ancora prima che mi fossi abituato al 2000, fu davvero un lampo, il tempo di un pronti-partenza-via e 5 anni se n'erano già andati. Accumulavo tempo alle mie spalle, ormai. E se da un lato i decenni mi apparivano nitidi in alcuni particolari, nel ricordo di un attimo, nella precisione di un dettaglio, allo stesso tempo il passato costituiva un mare magnum nel quale qualche volta la memoria si perdeva. Gli anni 60 furono uno scorcio, ne avevo solo 4 quando finirono, mi ricordo la mia testa poggiata al tavolo mentre cercavo di dormire e i miei genitori poco più che ventenni, la loro comitiva, i mangiadischi nei quali si mettevano solo i 45 giri e mio padre che cantava Luigi Tenco con aria malinconica. Ma anche il rock'n'roll acrobatico che ballava con mia madre ed erano davvero bravi. Degli anni 70 mi ricordo un sacco di cose. La partita Italia - Germania ai mondiali in Messico, il colera e le vaccinazioni, le domeniche a piedi per la crisi energetica, la giunta del sindaco comunista Valenzi a Napoli, le elezioni politiche del 1976, quando un vecchio operaio chiese a mio padre se quella sera avrebbero esposto la bandiera rossa, mi ricordo lo scioglimento di Lotta Continua e gli anni di piombo. Erano belli gli anni 70, anche se i miei genitori litigavano perchè mio padre era sempre in giro per riunioni politiche e missioni sindacali in Italia e all'estero: Olanda, Belgio, Germania, Torino, Milano e 3 volte in Unione Sovietica coi viaggi premio del Partito. Tornava sempre col colbacco e negli occhi l'immagine di un altro mondo possibile che per lui si chiamava Mosca e Leningrado, ma pure Togliattigrad, ma allora non sapeva che gli facevano vedere solo mezza verità e a lui bastava. Alla fine degli anni 70, nel 1979, ricordo il mio primo giorno di liceo, troppo piccolo e spaurito in una scuola piena di capelloni e chitarre e cortei e pugni chiusi e fascisti di Spezzacatene, mazziere morto, poi, in un agguato camorristico, che aspettavano gli studenti di sinistra all'uscita per cercare la rissa. Gli anni 80 si aprirono con un boato che spaccò la terra, era il 23 novembre e un terribile terremoto provocò quasi 5.000 morti fra Campania e Basilicata. A Poggioreale crollarono due palazzi, anni dopo avrei conosciuto il "Fagiano" che in quel crollo perse la madre e una sorella, ma all'epoca non sapevo nemmeno chi fossero quei corpi che tiravano fuori dalle macerie. Gli anni 80 furono anni duri, anche se vengono ricordati come il periodo in cui l'Italia si lasciò definitivamente alle spalle il dopoguerra, avviandosi a diventare una delle nazioni più ricche del mondo. La fabbrica dove lavorava mio padre chiuse e furono oltre 1.000 licenziamenti, solo un anno prima la multinazionale americana che era proprietaria dello stablimento aveva assunto oltre 200 nuovi operai per poter beneficiare dei finanziamenti che lo Stato italiano elargiva con grande faciltà. Forse fu allora che nacque la mia avversione per le multinazionali e per gli Stati Uniti d'America. Ricordo mio padre vittima della depressione, che si tormentava perchè il sindacato non era riuscito a impedire la chiusura della fabbrica, come se un pugno di operai avesse davvero potuto fare qualcosa contro la logica dei padroni del pianeta e allora di no-global non si sarebbe parlato se non dopo 20 anni. Furono anni difficili per la mia famiglia e per tante altre che l'impetuoso sviluppo dell'Italia degli evasori fiscali, delle nuove professioni, dei manager rampanti, oscurava e tagliava ineludibilmente fuori. La mia famiglia era povera negli anni 80 e in un paese che scopriva le griffe, i monclair e le timberland io avevo a stento qualche vecchio vestito e scarpe da ginnastica che dovevano durare quanto più tempo possibile. Ricordo il primo disco dei Metallica e il giorno del mio 18 compleanno, il 5 settembre 1984, a vedere gli AC/DC in concerto a Nettuno in provincia di Roma. E poi la partenza per Londra. Victoria Station, poi Earl's Court e Brixton. Fu un anno nel quale crebbi molto. Ricordo ancora Londra, dove vissi per un altro annetto, sommando i periodi di 3/4 mesi per un tot di anni consecutivi e poi Amsterdam e Copenhagen e Amburgo e Monaco e Stoccolma. Allora amavo viaggiare, interail, biglietti falsi del treno, autostop, passaggi concordati con camionisti che volevano compagnia. Qualunque pretesto era buono per andarmene da Napoli, dale difficoltà economiche della mia famiglia, da una Napoli mamma ingrata dove c'era solo degrado e piazze buie. Gli anni 90 invece li ricordo fantastici. Si aprirono con la "pantera" e continuarono con Officina 99 e i 99 Posse. Napoli cambiava volto, io non ci stavo a lungo perchè viaggiavo moltissimo per lavoro su e giù per l'Italia, ma appena potevo tornavo in una città che finalmente sentivo mia, con l'eccezione di un anno trascorso a Milano. All'epoca ho creduto che fosse possibile cambiare le cose, dal basso, con tenacia, intelligenza, cultura. Ricordo quando dormii a casa di Gabriele Salvatores a Milano cazzeggiando con la statuetta dell'oscar che aveva ricevuto per "Mediterraneo". Quando andai in tour con Lorenzo Jovanotti, che all'inizio snobbavo e che si rivelò poi un ragazzo semplice e affabile. Oppure ho impresso Vasco che consegna il disco d'oro ai 99 Posse al primo Neapolis Rock Festival. Quando penso agli anni 90, vedo autostrade e autogrill, praticamente ci vivevo, col record di un anno imprecisato in cui trascorsi oltre 200 giorni in tournè lontano da Napoli. Il 2000 mi rimanda l'immagine di Piazza Plebiscito dove organizzai il concerto di capodanno con gli Almamegretta e il bancomat nei pressi di Palazzo San Giacomo dove prelevai i miei primi euro per vedere come erano fatti. Non sapevo ancora che li avrei maledetti per il loro nefasto potere di erodere i soldi reali che avevo in tasca. Quei pezzi di carta colorata, stile monopoli, non valevano un cazzo. Del 2000 ricordo pure i due viaggi in Chiapas, in particolare il secondo quando noi no-global italiani scortammo il subcomandante Marcos da La Realidad, nell'estremo sud del Messico, fino alla capitale. Noi in tuta bianca e intorno una marea di messicani che voleva toccare il Sub, fin quando in uno delle decine di villaggi visitati, uno di loro mi disse di non fare l'italiano mafioso e di lasciarlo passare. Gli risposi, stupidamente e d'istinto, che ero napoletano e non mafioso, ma camorista e che eravamo peggio dei colombiani e dei siciliani. Fu una risposta del cazzo e la storiella venne riportata, per fortuna edulcorata, da moltissimi giornali che parlarono di contrasti fra le tute bianche italiane e gli indigeni. E poi ricordo mio nipote Yuri, nato in un giorno d'ottobre del 2002 che fuori pioveva. Il giorno più bello della mia vita, forse. Fra qualche giorno il 2005 mi piomberà fra capo e collo e i decenni, come dicevo in partenza di questo discorso, ormai si accumulano. Chi sa, forse mi sento saggio oppure solo vecchio e poi, invece, mi scoprò in giro di notte a fare cazzate come e più di quando avevo 20 anni, un padre cassintegrato e comunista nell'Italia da bere di Bettino Craxi e una rabbia in corpo da spaccare il culo al mondo. In ogni caso guardo avanti, fra qualche giorno stapperò la mia bottiglia augurando a me e a chi voglio bene e anche a chi non conosco ma se lo merita, un anno felice. 2005, metà del primo decennio, i decenni si accumulano e la memoria è una bussola per procedere nel mare magnum di un futuro che aspetto sempre con curiosità, ma soprattutto avidamente. ps non rileggo, se ho fatto errori non fateci caso. |
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