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Nick: sugArcuBe
Oggetto: antidroga
Data: 27/12/2004 16.3.54
Visite: 61

intervista (agosto 2003) al direttore del servizio antidroga, gen.Petracca: Sfruttano strategie innovative, hanno agganci tra le figure-chiave del panorama politico ed economico. Sono versatili, aggiornatissimi, vendono più tipi di stupefacenti e riciclano il denaro sporco "lavandolo" con tecniche d’avanguardia. Francesco Petracca, generale della Guardia di finanza e direttore centrale per i servizi antidroga, traccia il profilo dei trafficanti del terzo millennio. E spiega come la comunità internazionale cerca di ostacolarli.
Generale, chi sono oggi i "signori della droga"?
Le organizzazioni criminali classiche come quelle di stampo mafioso sono sempre attive. Ma oggi stanno prendendo forma ed acquistano potere gruppi di trafficanti a composizione multietnica. Si tratta prevalentemente di marocchini, tunisini, albanesi, algerini, colombiani e nigeriani. Persone che si sono stanziate in Italia e che non costituiscono quindi una criminalità itinerante ma stabile.
Tra l’altro gran parte di questi gruppi opera autonomamente, senza appoggiarsi ai trafficanti italiani.
Oggi si stanno affermando sempre più delle nuove figure nel campo del commercio di stupefacenti: i cosiddetti "politrafficanti globali". Cosa si intende con questo termine?
Sono trafficanti che gestiscono la vendita di stupefacenti in base alle richieste di mercato e non smerciano solo un particolare tipo di droga, come cocaina o eroina. I "politrafficanti globali" si occupano anche di riciclaggio di denaro sporco, che in genere avviene in Paesi dove il sistema bancario è particolarmente aperto, ed hanno un’enorme competenza nel campo degli investimenti nonché appoggi nelle diverse strutture finanziarie. Per far diventare puliti soldi che provengono da operazioni illecite, infatti, bisogna conoscere a fondo i "meccanismi di lavaggio". C’è bisogno di esperienza nel settore, agganci, conoscenza dettagliata delle strategie. Un "bagaglio" che non tutti i trafficanti detengono.
Quali sono i paesi che meno collaborano nell’ostacolare il commercio di sostanze stupefacenti?
Quelli in via di sviluppo, in particolare le nazioni che non hanno ancora aderito alle convenzioni di diritto internazionale in tema di stupefacenti e non hanno un’aggiornata legislazione relativa al narcotraffico né strutture di polizia antidroga.
Tra le diverse tipologie di droghe, ce ne sono alcune su cui è più difficile mantenere un controllo?
Il monitoraggio sulle sintetiche è senza dubbio più complicato. A differenza delle droghe naturali, che hanno un’origine precisa e chiaramente identificabile (come il papavero prodotto in Afghanistan), le sostanze stupefacenti sintetiche sono prodotte dai chimici all’interno di laboratori spesso artigianali, ed utilizzano degli "ingredienti" (i precursori) liberamente acquistabili sul mercato. Tenerle sotto controllo non è facile.
La Convenzione di Vienna ha stabilito l’obbligo per i produttori di precursori di dichiarare, ad ogni spedizione, il luogo di destinazione della merce. Qui alla Dcsa ci occupiamo di riscontrare se il quantitativo fissato dal produttore è effettivamente arrivato alla meta prestabilita. Ma i movimenti di sostanze di questo genere sono tantissimi; il monitoraggio è davvero complesso.
Alla difficoltà di controllare questi traffici, si aggiunge la semplicità di assunzione di stupefacenti sintetici che invita sempre più i giovani a farne uso: i ragazzi prendono l’ecstasy in discoteca, senza bisogno di lacci o siringhe. È tutto estremamente semplice, eppure così gravemente dannoso.
È proprio sui giornali di questi giorni la notizia che in Svizzera biologi, chimici e scienziati hanno iniziato a produrre marijuana geneticamente modificata. Marijuana ogm, con un principio attivo di Thc sopra il 25 per cento. Praticamente una bomba, considerando che le erbe di una volta non superavano il 7 per cento di Thc. Come pensate di far fronte a questo nuovo fenomeno?
Intensificheremo senz’altro i controlli sul confine svizzero. Si tratta di una zona da sempre problematica dal punto di vista del traffico di droga. Fortunatamente lo smercio delle sostanze stupefacenti prodotte in quest’area interessa soprattutto le province a ridosso del confine, non si estende a tutta l’Italia. Ma certamente il rischio correlato all’utilizzo di marijuana ogm non è da sottovalutare: l’uso di cannabinoidi con alto tasso di principio attivo può rendere ancora più probabile ed accelerato il passaggio verso forme di assunzione più problematiche, come quelle di eroina, cocaina, anfetaminici ed allucinogeni.
Come è organizzata la cooperazione internazionale tra stati finalizzata ai servizi antidroga?
Esistono delle convenzioni di diritto internazionale (del 1961 sugli stupefacenti, del 1971 sulle sostanze psicotrope, del 1988 contro il traffico di droga) che fissano i criteri e i principi su cui devono basarsi gli interventi degli Stati interessati a sviluppare una lotta a tutto campo contro il narcotraffico. Oltre a rispettare queste norme, i responsabili dei servizi antidroga dei diversi paesi mandano regolarmente degli esperti fuori dal territorio nazionale, nelle cosiddette "aree a rischio". In questi paesi particolarmente sfruttati per il traffico di stupefacenti, vengono inseriti nelle rappresentanze diplomatiche, promuovono la cooperazione e collaborano alla repressione del traffico illecito di droga. Un espediente che abbrevia i tempi della lotta al narcotraffico ed accelera la cooperazione a livello internazionale.
Dove, nel mondo, sono presenti oggi gli esperti della Dcsa?
Attualmente abbiamo dipendenti nelle sedi di Varsavia (Polonia), Budapest (Ungheria), Ankara (Turchia), i cui territori sono interessati dalla nota "rotta balcanica" sulla quale è trafficata illegalmente la maggior parte dei carichi di oppiacei prodotti nelle regioni asiatiche. E proprio poche settimane fa abbiamo deciso di inviare un esperto antidroga ad Islamabad (Pakistan) ed uno a Teheran (Iran).
Apprendere nuove tecniche all’estero e confrontarsi con i colleghi stranieri è fondamentale per poter operare nel settore. Nell’ambito del fenomeno droga tutto ha una dimensione internazionale, ed è quindi impensabile prescindere da un approccio che abbracci la politica usata dagli stati esteri per combattere il narcotraffico. Per la stessa ragione, i corsi di formazione per chi lavora nel campo sono sempre aperti a persone provenienti da tutti i paesi: bisogna cercare di omogeneizzare il più possibile le modalità d’intervento.
Molto è già stato fatto. Solo per fare un esempio, la cosiddetta "consegna controllata" (la tecnica basata sul lasciar passare volutamente un carico di droga ed osservarne la consegna, per capire chi sono i destinatari e sgominare poi la banda di trafficanti) fino a non molto tempo fa era utilizzata solo in alcune zone. Oggi, grazie alla standardizzazione, è uno strumento di uso comune.
In che modo può essere sintetizzata la funzione principale della Dcsa?
Il suo compito è quello di mantenere e sviluppare i rapporti internazionali con i servizi antidroga esteri collegati e con i rappresentanti di questi servizi in Italia. Ma anche di fornire assistenza tecnica e di addestramento a quei paesi che non hanno né le strutture né la dimestichezza ad operare nel campo degli stupefacenti. Noi cerchiamo di assistere questi paesi e farli evolvere nel settore per poi creare una solida cooperazione. Siamo intervenuti in Albania, prossimamente opereremo in Romania. Ci stiamo muovendo anche in Perù e in Marocco.



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antidroga   27/12/2004 16.3.54 (60 visite)   sugArcuBe

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