Capodanno 2005

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Nick: Coatlicue
Oggetto: Capodanno 2005
Data: 3/1/2005 13.16.17
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Si può scegliere di trascorrere il Capodanno insieme a persone che sono davvero felici di stare con te.
Al di là di quella cosa che a volte così semplicisticamente chiamiamo bene.
Del resto si vuole bene solo quando si ha l’ipocrita sicurezza di essere perfettamente corrisposti.
E intanto gli uomini sprecano parole e parole sul concetto di bene disinteressato.
Utopie dalla condizione dell’essere umano.

Le persone con cui festeggio il Capodanno non sono amici di vecchia data, e forse non li rivedrò così presto. Ma degli amici di vecchia data in una notte come questa non so davvero cosa farmene. Non riuscirebbero a comprendere il mio stato d’animo, non mi farebbero sentire a mio agio perché mentre loro sarebbero in preda alle convulsioni degli auguri io starei li in disparte in un angolo a mandare mentalmente a quel paese un po’ di gente, a bere svogliatamente champagne costosissimo e a interrogarmi su quale dieta iniziare visto che per entrare nel vestito c’è voluta la mano di nostro Signore.
E invece niente champagne, niente vestiti da urlo, tutto quello che mi occorre per questa notte è un pantalone comodo, un maglione caldo e un cappotto che a girare fuori fa davvero freddo, ma il freddo passa perché intorno a me c’è così tanto calore da incendiare tutta Roma. Altro che Nerone.

Le persone con cui festeggio il Capodanno forse non le rivedrò più, o le incrocerò ancora in qualche angolo di questa città che quando vuole sa essere terribilmente grande o terribilmente piccola.
I loro nomi sono il caleidoscopio del mondo, i loro occhi hanno attraversato la Siberia , il nord della Cina, le regioni dell’entroterra asiatico, Samarcanda, Istanbul. Non parlano molto e sorridono con i pochi denti che gli sono rimasti. E quel sorriso illumina una notte fin troppo artificialmente illuminata.

Dopo tanti mesi c’era anche lui accanto a me la notte di Capodanno, ancora una volta prima dell’ennesima fine, la fine di un sogno, la fine di un amore, la fine di una bugia che ci si racconta per troppo tempo.
Eravamo note stonate di un concerto d’archi trasmesso in filodiffusione, come nelle librerie in cui ci piaceva così tanto andare.

Non ho avuto altra scelta che tornare nel mio sud da figliol prodigo e gustarmi il piatto prelibato che mi era stato preparato e servito sul vassoio migliore del servizio buono, quello che resta inutilizzato per anni e anni nella credenza, regalo di un matrimonio che non c’è più, andato in pezzi come i piatti che si scagliavano addosso persone che hanno la presunzione di conoscermi ma che solo io conosco fin troppo bene.

Ti ho assaggiato, ti ho morso, ti ho gustato come il migliore dei cibi, ho goduto della tua bocca quando i tuoi pensieri prendevano voce, e delle tue mani quando non c’era più nulla da dirsi.
Ho ascoltato cosa dicevano i tuoi silenzi e non sempre mi ha soddisfatto. Ma adesso ci sei e non è il caso negare l’evidenza e se ti trattieni fino a domani sarà un miglioramento, fino a dopodomani una conquista, fino a dopo-dopo domani una prigione.

È il primo giorno dell’anno ed ho già il cuore in subbuglio.