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Nick: RASTA
Oggetto: una storia...vera
Data: 6/1/2005 16.19.31
Visite: 107

ESTRATTI DELLA TESTIMONIANZA DI AMAIA URIZAR DE PAZ, DI BILBAO,
ATTUALMENTE IN CARCERE A MADRID


Mi hanno arrestata il 29 ottobre, venerdì, alle tre del mattino,
mentre ero a casa dei miei
genitori. Al momento dell_arresto, i miei genitori erano in casa.
Hanno colpito la porta,
mentre gridavano che era la Guardia Civil e che aprissimo. Mi sono
innervosita molto e mi ha
preso il panico, così sono corsa nella camera dei miei in cerca di
protezione. È stata mia
madre ad aprire ed immediatamente numerosi agenti della Guardia Civil
si sono precipitati
all_interno, armi alla mano, puntandole ovunque e chiedendo di me. In
quel momento mi sono
resa conto che non c_era scampo ed il mondo mi è crollato addosso...
mi sono presentata
davanti a loro e ho detto che Amaia sono io. Mi hanno costretto a
sedermi su una sedia,
nell_ingresso, una donna della Guardia Civil mi ha letto l_ordine di
arresto, alla presenza
dei miei genitori, mentre mi diceva che mi si arrestava per la mia
collaborazione con ETA.
All_inizio hanno cominciato a gridare, ma poco alla volta si sono
tranquillizzati; io avevo
paura per i miei genitori, perché loro immaginavano cosa mi avrebbero
fatto durante quei
cinque giorni... e in quel momento mi è venuta la nausea, credo per la
tensione di quella
situazione. Mi hanno detto che mi portavano nella mia stanza per
cominciare la
perquisizione; una volta lì, hanno smontato tutti gli armati, tirato
fuori tutti i vestiti,
spostato tutti i libri... nel frattempo, raccoglievano le cose che
credevano importanti:
lettere di prigioniere e prigionieri politici, quaderni di scuola,
fotografie di amici e
parenti, cartine stradali, agende telefoniche... A perquisire erano
sei Guardia Civil, gli
altri erano sulla porta,con i miei genitori e ce n_erano anche sulle
scale del condominio.
Hanno lasciato la mia stanza a soqquadro, tutto sparso in giro; quando
hanno finito, sono
entrati nella stanza di mio fratello maggiore, che si trova in
prigione, e l_hanno guardata
superficialmente. Ho detto loro che non avevano il diritto di
perquisire la sua stanza,
perché era di mio fratello e lì c_erano solo cose sue, che non era un
ambiente comune
dell_appartamento; da lì, non hanno portato via niente. Poi, mi hanno
portata in sala;
mentre la perquisivano tutta, mi era impossibile controllare cosa
prendevano, dato che i sei
agenti perquisivano ovunque e spostavano tutto insieme. Ero nervosa,
ma allo stesso tempo
tranquilla, ero completamente terrorizzata, perché mi impressionava
molto vedere tutti
quegli agenti della Guardia Civil incappucciati ed armati, in casa dei
miei genitori; di
tanto in tanto guardavo i miei, anche solo perché mi vedessero
tranquilla e,
contemporaneamente, per accertarmi che li trattassero correttamente.
Una volta finito in
sala, mi hanno portato nella camera dei miei genitori, ho detto loro
lo stesso che quando mi
avevano portata in quella di mio fratello ma mi sono resa conto che,
quando erano entrati,
mi avevano visto uscire da lì; hanno perquisito tutta la stanza, ogni
angolo, ogni armadio e
si sono portati via alcune carte. Mentre perquisivano l_abitazione, ho
avuto una leggera
nausea e la donna della Guardia Civil della quale ho accennato mi ha
portata in cucina
affinché prendessi un po_ di zucchero; quando sono stata meglio, mi
hanno portata nella mia
stanza; mi hanno obbligata a vestirmi ed a prendere una borsa con del
vestiario (mutande,
magliette, calzoni e qualche tampax). Ero molto nervosa e non sapevo
bene cosa prendere, non
volevo uscire di casa, non volevo restare sola con loro... Mi hanno
portata alla porta e mi
hanno messo dellemanette di metallo dietro la schiena; mentre mi
dicevano di stare
tranquilla, mi hanno fatto scendere le scale, prima di arrivare al
portone mi hanno ordinato
di abbassare la testa e mentre mi dicevano di non provare nemmeno a
guardare, mi hanno
lasciata nelle mani di altri due uomini. Mi hanno afferrata per le
braccia, mi hanno detto
_adesso zitta_, mi hanno portato fuori e mi hanno infilata in una
macchina scura. Ho sentito
le grida di mia madre che mi faceva coraggio, ero terrorizzata, mi
trovavo nelle loro mani e
non potevo fare niente per uscire da quella situazione; non potevo
credere che fosse vero,
doveva essere un incubo... Nell_automobile stavo in mezzo a due
uomini, avevo la testa
china; appena salita in macchina, quello alla mia destra mi ha levato
le manette e me le ha
rimesse sul davanti Ha cominciato a parlarmi: _sei stata presa,
Amallita, e di questo devi
renderti conto; per noi è lo stesso, perché sappiamo tutto, ma sappi
che devi raccontarcelo
tu e hai due modi per farlo: con le buone o con le cattive e credo che
non ci sia bisogno di
spiegartelo, no? Sicché, adesso, pensaci, perché ti darò l_opportunità
di cominciare a
parlare adesso, altrimenti dormo per tutto il viaggio e, quando
arriveremo, sarò riposato e
allora, se non avrai detto niente, saranno cazzi tuoi..._ Stavo
tremando e mi è venuta la
nausea, gli ho chiesto dello zucchero, perché sapevo che la donna che
era stata in casa glie
ne aveva dato un paio di bustine; i quattro agenti nella macchina
hanno cominciato a ridere
e uno di loro mi ha mostrato il pacchettino dello zucchero, mi ha
detto che aveva aperto il
finestrino e che l_aveva buttato. Mi ripetevano continuamente le
stesse cose, che
cominciassi a parlare, altrimenti lui stesso avrebbe deciso di
iniziare a picchiarmi, che
sarei rimasta nelle loro mani per cinque giorni e che ormai non si
tornava indietro... Ero
perduta, non sapevo cosa volessero sentire e ho deciso di restare in
silenzio, perché
pensavo che mi avrebbero picchiata comunque, qualsiasi decisione
avessi preso. Dicevo loro
che io non sapevo niente e loro mi dicevano che, così, cominciavo
male, quando mi si
rivolgeva mi chiamava Amallita, come fanno le persone a me vicine;
questo mi faceva male,
perché mi parlava con confidenza ed il fatto che facesse finta di
essere una persona a me
vicina ed in confidenza, mi disorientava. Siccome il viaggio è stato
lungo e poiché la
persona che era stata arrestata prima di me era stata trasferita a
Madrid, ho pensato che ci
avrebbero portato anche me e così è stato. Quando la macchina si è
fermata per la seconda
volta, ero convinta che fossimo a Madrid; in precedenza, si erano
fermati ad una stazione di
servizio, lo so per l_odore che c_era. Appena arrivati alla caserma
della Guardia Civil a
Madrid e prima di farmi scendere dalla macchina, mi hanno coperto gli
occhi con una benda;
quello che durante il tragitto mi parlava, mi ha detto _adesso siamo
arrivati, puttana, e
non ci hai detto niente_, mentre mi lasciava nelle mani di altri
Guardia Civil. Questi, fra
loro c_era una donna, mi hanno portata in un bagno che si trovava in
fondo a delle scale, mi
hanno detto di levarmi i vestiti e mi hanno detto di mettermi sotto
una doccia; mi hanno
bagnata completamente, con acqua fredda, poi mi hanno restituito il
tanga ed il reggiseno,
ordinandomi di mettermeli. Mi hanno tolto gli orecchini, i
braccialetti, gli anelli ecc. Mi
hanno di nuovo coperto gli occhi e mi hanno messo in una cella, a quel
punto, la donna mi ha
spiegato come dovevo comportarmi ogni volta che avessero bussato alla
porta (sentendo la sua
voce mi sono resa conto che era la stessa donna presente alla
perquisizione ed al mio
arresto): dovevo mettermi contro la parete opposta alla porta, con le
gambe leggermente
piegate e le braccia dietro la schiena; mi ha detto questo e ha chiuso
la porta. La cella
aveva più o meno le dimensioni di questa, qui a Soto, era dipinta di
bianco, c_era una
branda con due coperte sudice ed una lampada fissata alla parete,
all_interno di una
reticella metallica. La porta aveva una piccola finestra che loro
aprivano e chiudevano
costantemente. Ero tranquilla, terrorizzata per ciò che sarebbe
accaduto nei giorni
seguenti, ma tranquilla; in testa continuavo ad avere il momento
dell_arresto, la
preoccupazione per come stavano i miei genitori... Nel giro di una
decina di minuti, da
quando mi avevano messo nella cella, hanno bussato due volte ed io ho
fatto ciò che mi
avevano ordinato, mi sono messa con le spalle alla porta, contro il
muro, per la paura mi
tremava tutto il corpo. Appena aperta la porta, ho sentito la voce del
Guardia Civil che era
stato in macchina fino a Madrid che diceva ad un altro, che chiamava
Garmendia, di fare quel
che doveva fare; mi è saltato addosso, mi ha buttato sulla branda e mi
ha afferrato molto
forte per le braccia. Ho cominciato a gridare di lasciarmi e loro mi
urlavano _taci,
puttana!_; allora li ho visti, erano incappucciati e quello che era
stato nella macchina
aveva i pantaloni e le mutande abbassati e veniva verso di me,
dicendomi, sghignazzando, _ci
scopiamo la fidanzata del capo_. Mi è saltato addosso, sfregando il
suo corpo sul mio,
percepivo il suo pene fra le mie gambe, piangevo e lottavo per
levarmelo di dosso, mentre mi
gridavano che mi avrebbero violentata. La porta della cella era aperta
e c_erano non so
quanti altri Guardia Civil che gridavano, sghignazzando, che loro
sarebbero stati i
prossimi; io gridavo, stavo piangendo, ma a loro non importava. Quello
che mi stava sopra mi
palpava dappertutto e mi premeva sempre più forte fra le gambe, mentre
mi gridava _Cosa ti
dice il tuo ragazzo mentre ti scopa? Gora ETA (Viva ETA, in euskara,
N.d.T.)? Certo che ti
stai arrapando, puttana, ti scoperemo tutti e gli farai schifo, perché
ce la godremo un
mondo, con te_!_. Quelli che stavano sulla porta reclamavano il loro
turno e fra le risate
mi dicevano _ti scoperà persino la tipa che sta qui, con noi_. Hanno
continuato così per
parecchio, mi sentivo perduta, perché quello era solo l_inizio ed
avevano cinque giorni per
comportarsi così con me; ero completamente terrorizzata, ero sola
nelle loro mani_ Quando se
ne sono andati avevo tutto il corpo indolenzito, mi sentivo spossata e
piangevo
continuamente, ero completamente bagnata e buttata in un angolo, con
una coperta addosso.
Non so quanto tempo è trascorso prima che bussassero di nuovo alla
porta della cella; stavo
tremando,completamente terrorizzata, non avevo nemmeno la forza di
alzarmi e hanno
cominciato a gridarmi _Alzati, troia, che adesso è la volta buona,
mettiti in posizione!"_
Quando ho fatto quello che mi ordinavano, la porta si è aperta e,
ridendo, mi hanno coperto
gli occhi; mi hanno tirata fuori dalla cella, ammanettata e a testa
china, abbiamo sceso
delle scale, ne abbiamo salite altre, abbiamo svoltato qua e là e mi
hanno messa in una
stanza, sistemandomi in un angolo, contro la parete. Un uomo, la cui
voce non avevo ancora
sentito, ha iniziato a parlarmi, mi ha detto che sapeva che, fino a
quel momento, non avevo
detto nulla di interessante e che da lì in avanti, per me, sarebbe
iniziato l_inferno, che
avevo due opzioni e che, a quanto pareva, avevo scelto la più dura,
che tutto ciò che mi
avrebbero fatto a partire da quel momento sarebbe stata colpa mia_
intanto, mi chiedeva se
volevo cambiare idea. Io non riuscivo a smettere di piangere, tremavo
e gli ho detto che non
sapevo niente, che non sapevo per quale motivo mi avessero arrestata;
allora, quell_uomo, mi
ha tetto _tu hai scelto_ e che se ne andava, lasciandomi nelle mani
dei suoi uomini, che
avrebbe voluto vedere se, quando sarebbe tornato, avrei avuto il
coraggio di continuare a
dire lo stesso. Subito, un altro mi ha afferrato per il braccio e mi
ha portata in un_altra
stanza, tutta rivestita di piastrelle; appena entrata lì, mi hanno
tolto la benda e ho
potuto vedere che c_erano cinque uomini, tutti incappucciati. La luce
era bianca e mi
provocava dolore, mi hanno fatta sedere su una sedia e mi hanno
indicato un pacco di sacchi
per la spazzatura, mentre mi chiedevano se sapessi a cosa servivano;
ho detto di sì e mi
hanno obbligata a spiegare per cosa li utilizzavano, ridevano
molto,fino a quando uno ha
colpito la sedia con la mano. Mi hanno detto che avevo perso tutte le
possibilità e che, da
quel momento in poi, avrei conosciuto ciò che loro chiamavano tortura;
mi gridavano i nomi
di amici e conoscenti e volevano che dicessi loro come mai li
conoscevo e che lavoro
facevano. Dicevo loro che molti li conoscevo, ma che non avevano
alcuna relazione con
l_organizzazione, almeno non che io sapessi; in quei momenti gridavano
e mi insultavano,
puttana, troia,bugiarda e mi mettevano un sacchetto di plastica sulla
testa, stringendolo da
dietro. Al principio, sentivo caldo, avevo il viso fradicio di sudore
cercavo di muovermi
quando il sacchetto mi tappava la bocca, non potevo respirare e
cominciavo ad avere la
nausea; riuscivo a rompere il sacchetto con i denti e, allora, quando
cominciavo di nuovo a
respirare, mi colpivano con degli schiaffi sulle orecchie. La testa mi
girava,quasi non li
sentivo, ero completamente persa, ma mi gridavano di nuovo dei nomi e,
siccome le mie
risposte erano le stesse, mi mettevano un nuovo sacchetto sulla testa.
Non so quante volte
me l_hanno messo, in questa prima sessione di tortura; una volta sono
caduta, con la sedia e
tutto, mezza svenuta e, fra le risate, mi dicevano _alzati, puttana, è
tutto qui quello che
reggi?_ e, intanto, tiravano calci allo schienale della sedia_ Mi
obbligavano a bere acqua
continuamente, dicendomi che erano bottiglie che avevano aperto
apposta per me. Quando
vedevano che stavo un po_ meglio, cominciavano di nuovo con
l_interrogatorio, gridandomi
ancora ed ancora nomi su nomi, colpendomi con la mano aperta sulle
orecchie ed infilandomi
sulla testa un sacchetto dopo l_altro. Improvvisamente hanno smesso,
mi hanno tolto le
manette e fatta alzare, mentre mi bendavano gli occhi; ho sentito la
porta aprirsi ed
afferrando mi per le braccia mi hanno riportata in cella. Mentre ero
in cella, siccome avevo
molto freddo, mi coprivo con una delle coperte; ero in tanga e
reggiseno, sentivo dei colpi
contro la parete e contro la porta e, tremando, mi mettevo nella
posizione che mi avevano
ordinato, pensando che sarebbero entrati,ma non entravano e, quando
tornavo a
sedermi,cominciavano a bussare di nuovo_ Ero stanca, spaventata,
temevo ciò mi avrebbero
fatto, mi veniva da vomitare, così, una delle volte che hanno aperto
lo spioncino, ne ho
approfittato per chiedere di andare al bagno; allora, uno mi ha
risposto: _se vomiti, ti
fotti, e appena lo fai, ti rimangi tutto_. Poco dopo, hanno bussato di
nuovo, mi sono messa
in posizione ed è entrata la donna, che mi ha dato una bottiglietta
d_acqua, affinché
bevessi e ha richiuso la porta. Non so quanto tempo sia passato prima
che tornassero a
prendermi, ma bussavano continuamente alla porta, lo spioncino era
aperto, in modo che non
potessi tranquillizzarmi. Mi hanno tirata fuori dalla cella e portata
alla sala degli
interrogatori; lì c_era il Guardia Civil che era stato in macchina
durante il viaggio a
Madrid e ha cominciato a parlarmi. Ero molto nervosa, perché non
potevo dimenticare ciò che
mi aveva fatto appena arrivati, la sua voce, il suo odore_ tutto mi
ricordava ciò che era
successo. Mi hanno messa in un angolo, faccia al muro, mi obbligavano
a tenere le gambe
leggermente piegate; sentivo una grande stanchezza, appena mi veniva
un capogiro, cadevo
all_indietro e, in quel momento, quello che stava dietro di me mi
spingeva contro il muro.
Le domande,me le facevo quello che stava in macchina, mi diceva che
fino a quel momento non
avevo detto niente e che dovevo sapere che, oltre al sacchetto,
avevano altri metodi per
farmi parlare, che se dicevo ciò che loro volevano, non mi avrebbero
toccata, che dipendeva
dame, ma che non mi avrebbe dato nessun_altra possibilità. Mi dicevano
che quello che
avevano arrestato prima di me non si era comportato così, che aveva
parlato e che per quello
io ero lì, perché mi aveva venduta e che io dovevo comportarmi allo
stesso modo, per
sopportare bene quei giorni, che tutti lo facevano ma che, affinché la
gente, fuori, non lo
sapesse, denunciavano torture, che dovevo solo testimoniare tutto ciò
che mi avrebbero
detto, mi dicevano di essere furba, oppure da lì, non sarei uscita in
piedi; che non
dormivo da molto tempo e che non avevo ottenuto niente, che dovevo
cominciare ad accettare
la situazione. Parlavano speso del mio compagno, chiedendo se sapevo
che andava con altre
mentre io stavo ad aspettarlo come una scema... mi facevano i nomi di
amiche, dicendomi che
avevano avuto relazioni sessuali con il mio compagno, erano molto
insistenti su questo tema,
volevano farmi male. In quell_interrogatorio mi dicevano solo cose del
genere,dando la colpa
del fatto che mi trovassi lì al mio compagno; sono andati avanti così
per molto tempo, io
non riuscivo più a stare in quella posizione, tremavo,piangevo e
sudavo. Mi dicevano che il
mio corpo piaceva loro, non so in quanti fossero, forse in
tre,dicevano che il tanga mi
stava molto bene, che sarei stata anche meglio senza reggiseno; ho
cominciato di nuovo a
piangere, perché temevo che mi facessero ancora lo stesso che mi
avevano già fatto o che
sarebbero andati oltre. Cercavo di stare dritta, ma non mi lasciavano
e mi obbligavano a
restare nella stessa posizione che mi avevano ordinato; mi hanno
portata di nuovo in cella.
Le pareti della cella erano dipinte con pittura _granulare_ e non so
perché, ma ci vedevo
delle figure e queste si muovevano; avevo paura di uscirne pazza, la
cella si ingrandiva e
si rimpiccioliva, la porta si avvicinava e si allontanava, anche il
pavimento si muoveva...
Non sapevo (non so) se era la mia testa o se era perché mi avevano
obbligata a bere e,
forse, mi avevano dato qualcosa nell_acqua... stavo molto male...
sentivo che la testa se ne
andava e, se chiudevo gli occhi, mi veniva la nausea. Hanno aperto di
nuovo lo spioncino e
uno che portava un cappuccio bianco ha cominciato a gridarmi che non
potevo guardare da
quella parte e che se l_avessi fatto ancora mi avrebbe pestata; mi ha
detto che sarebbe
entrato ed io sono andata al mio posto, pensavo che mi avrebbe
picchiata e non riuscivo a
smettere di piangere. Mi ha coperto gli occhi e mi hanno portata di
nuovo nella stanza con
le piastrelle bianche;entrando ho sentito rumore di acqua, come se
stessero riempiendo
qualcosa e ridevano, sussurrandomi all_orecchio Amallita, Amallita_.
Non so se è stato per
la paura o per quale altra ragione, ma in quel momento mi sono orinata
addosso; alcuni hanno
cominciato a ridere di me, mentre altri si sono arrabbiati e mi hanno
detto che avrei dovuto
pulire tutta la stanza con la lingua. Lo scroscio d_acqua è cessato e
mi hanno costretta a
fare un paio di passi in avanti ed a mettermi in ginocchio, mi hanno
toltola benda, mi hanno
stretto le manette, ero ammanettata dietro la schiena. Davanti a me
c_era la vasca da
bagno... mi sono innervosita e tentavo di arretrare,ma non c_era via
di scampo, ero
circondata; sapevo già cosa mi avrebbero fatto, uno di loro mi gridava
nomi che collegava a
diversi _gruppi_, volevano solo che ammettessi ciò che dicevano, che
ammettessi che quella
gente faceva ciò che loro mi dicevano. Io ripetevo che non sapevo
niente, che davvero non lo
sapevo, che erano solo amici o gente che conoscevo e che quello che mi
stavano dicendo non
era vero o che, almeno, io non lo sapevo. Allora, in due, uno
afferrandomi per il corpo,
l_altro tirandomi per i capelli, mi mettevano la testa nella vasca da
bagno, molto
violentemente, in modo che con il petto urtavo il bordo: sentivo che
affogavo, tentavo di
tirarmi indietro con le gambe, ma non ci riuscivo, muovevo la testa
con tutte le mie forze,
per tirarla fuori dall_acqua, ma era impossibile finché loro non me lo
permettevano. Ho
bevuto troppa acqua, sia attraverso la bocca, sia attraverso il naso,
mi girava la testa,
ero senza forze, ma a loro non importava e continuavano a gridarmi
nomi e ancora nomi, che
dovevo ammetterlo, che dovevo ammetterlo; il pianto non mi lasciava
dire niente e
continuavano a mettermi la testa nell_acqua. Ormai non si aspettavano
nessuna risposta, dato
che non lasciavano tempo sufficiente fra un_immersione e l_altra, ne
lasciavano solo per
respirare un momento;non ne potevo più, in quei momenti pensavo che
non sarei uscita viva da
lì, che non potevo fare niente e ho lasciato che il mio corpo
diventasse come quello di una
marionetta. Non opponevo alcuna resistenza a quello che mi stavano
facendo, volevo solo che
finisse, se il loro obiettivo era ammazzarmi, che lo facessero al più
presto... Ma
controllavano molto bene quello che facevano, perché mi davano giusto
il tempo
indispensabile per respirare, non volevano nessun problema, il che, in
quei momenti, mi
tranquillizzava; per uscire da lì, ho ammesso quello che volevano, ho
detto di sì, che avrei
ammesso tutto e mi hanno riportata in cella. Non avevo nemmeno la
forza di camminare, ero
distrutta e mi ci hanno trascinata; mi hanno lasciata lì parecchio
tempo, avvolta in una
coperta, perché avevo freddo ed ero bagnata, mi sono messa sulla
branda, in un angolo,
piangendo. All_improvviso, hanno di nuovo bussato alla porta e mi sono
messa in posizione,
nervosa: ma erano calmi, mi hanno bendato gli occhi e mi hanno detto
che mi avrebbero
portata nella sala degli interrogatori, per tranquillizzarmi; quando
siamo arrivati in
quella sala, mi hanno messa contro una parete, in un angolo, con le
mani libere (ero quasi
sempre ammanettata). Allora, ho sentito la voce del Guardia Civil
della macchina, era calmo
e mi ha chiesto se volevo sedere,ma ho detto di no, perché non volevo
che pensasse che gli
davo confidenza, perché non volevo che pensassero che facevo
_differenze_ fra loro. Mi
diceva che ero molto furba, un po_ testarda, ma che alla fine, anche
se a legnate, avrei
imparato a comportarmi bene, che i suoi uomini gli avevano detto che
c_erano buone notizie
per lui e che questo significava che avrei ammesso tutto, dunque, che
cominciassi a parlare.
Sono rimasta in silenzio, tremando; allora mi ha avvertito che mi
avrebbe detto ciò che
dovevo ripetere di sopra e che se sul verbale non ci fossero state le
cose esattamente come
lui diceva, sapevo già cosa mi aspettava al ritorno e mi diceva che
dovevo impararle bene.
Poi, hanno cominciato a leggermi le domande che mi avrebbero fatto
durante la deposizione e
ciò che dovevo rispondere; sono andati avanti a lungo, fino a che non
ho imparato a memoria
le risposte. Mi hanno dato i pantaloni ed il maglione, affinché meli
mettessi ed un
asciugamano per asciugarmi la testa;mi hanno detto che durante la
deposizione loro sarebbero
stati ad ascoltare e che se le mie risposte non li avessero
soddisfatti, sapevo già cosa mi
aspettava. Mi hanno anche detto che avrei incontrato il medico legale,
ma che non potevo
dire niente delle torture, perché altrimenti sì che ne avrei subite e
di molto più dure. Mi
hanno di nuovo bendato gli occhi e mi hanno portata _di sopra_, in una
sala piccola;c_erano
tre persone, una scriveva ad un computer, un altro mi faceva le
domande e, dietro, c_era la
persona che svolgeva il ruolo di avvocato d_ufficio. Appena entrata,
uno mi ha letto i miei
diritti, mi ha detto che la persona seduta alle mie spalle era
l_avvocato d_ufficio e che
non potevo né guardarlo, né parlare con lui; mi sono voltata e ho
visto che era una
donna,seduta in un angolo; ho visto che c_era uno specchio e, appena
ho guardato, ho sentito
due colpi da dietro lo specchio. Sapevo che dietro lo specchio c_erano
i miei torturatori,
che ascoltavano la mia deposizione;quello che mi ha letto i diritti,
aveva in mano alcuni
fogli, sui quali c_erano le domande e le risposte. Ero completamente
terrorizzata, avevo
molta paura che se non avessi detto quello che mi avevano ordinato, mi
avrebbero torturata
di nuovo; sapevo già che, anche se avessi detto quello che volevano,
non mi avrebbero
lasciata in pace, ma la paura ha avuto il sopravvento e ho tentato di
rispondere alle
domande. Ero molto nervosa e non volevo denunciare i miei amici e
conoscenti, tanto più che
erano tutte menzogne. Esitavo nel rispondere a quasi tutte le domande,
non potevo sopportare
il pensiero che quella gente sarebbe stata torturata come me, e
cominciavo a piangere; in
quei momenti, sentivo di nuovo picchiare dall_altra parte dello
specchio: i due uomini nella
sala fingevano di non sentire i colpi e mi offrivano acqua e
sigarette, ma io non accettavo.
Quando hanno finito con le domande, hanno stampato la deposizione e me
l_hanno data,
affinché la leggessi e la firmassi; c_era tutto, anche cose che mi ero
dimenticata di dire,
allora mi sono resa conto che avevano la deposizione preparata in
anticipo, perché c_era ciò
che loro volevano che io dicessi, perché c_erano cose che non avevo
detto in quei momenti.
Ho firmato il verbale. Mi hanno detto di alzarmi e mi hanno di nuovo
copertogli occhi,
mentre mi dicevano che mi avrebbero portata dal medico legale; mi
hanno portata in un_altra
stanza, dove, appena entrata, mi hanno tolto la benda. Quella stanza
era molto piccola,
appeso al muro c_era un armadietto con una croce rossa e c_era anche
un tavolo; un uomo, mi
ha mostrato un attimo il tesserino e mi sembrava diffidente. La prima
cosa che mi ha
chiesto, è stata se avessi subito maltrattamenti ed io, fra i
singhiozzi, gli ho risposto di
no, mi ha chiesto se avessi le mestruazioni, se sentissi qualche
dolore e gli ho detto di
guardarmi gli occhi, perché avevo quello sinistro gonfio e rosso; mi
ha dato un_occhiata e
mi ha detto che non era niente, che di sicuro mi si era infettato
mentre mi facevano la
vasca da bagno e mi ha chiesto se volessi un collirio. Non potevo
crederci, mi aveva chiesto
se avessi subito maltrattamenti e poi, lui stesso, mi ha detto della
vasca da bagno... non
ho accettato il collirio, volevo continuare ad avere l_occhio
arrossato quando mi avrebbero
messo a disposizione del magistrato. Mi ha misurato la pressione
perché i Guardia Civil gli
avevano detto che avevo dei cali degli zuccheri, mi ha chiesto che
giorno fosse, dove
eravamo e gli ho risposto che non lo sapevo; a parte l_acqua, quando
mi ha chiesto se mi
avessero dato da mangiare e da bere,gli ho risposto di no. Appena
finito, un Guardia Civil
mi ha nuovamente bendata e, mentre mi riportava in cella, mi ha detto
che avevo fatto molto
bene, sia la deposizione, sia la visita del medico legale. Mi hanno
rimessa in cella, mi
hanno detto di approfittarne per dormire un po_, ma pochi minuti dopo
sono tornati a
bussare. Mi sono messa al mio posto esono entrati due agenti
incappucciati, mi hanno detto
di mettermi sotto la luce, che mi avrebbero messo del collirio,
mostrandomi un grosso
flacone; ho detto che non volevo che mi mettessero niente nell_occhio,
ma uno di loro mi ha
risposto che non gli importava quello che volevo, che me lo avrebbero
messo comunque,che
decidessi se l_avrebbero fatto con le buone o con le cattive. Non so
cosa fosse quel
liquido, ma me ne hanno messo un po_ in ogni occhio e se ne sono
andati. Sono rimasta
parecchio tempo in cella, mentre loro accendevano e spegnevano la luce
e bussavano; non
riuscivo a tranquillizzarmi e mi venivano dei leggeri capogiri; ma non
volevo che entrassero
di nuovo e sono rimasta seduta per terra, con la testa fra le
gambe,fino a quando sono
tornati a prendermi. E mi hanno portata un_altra volta, bendata, alla
sala degli
interrogatori; mi hanno messa al solito posto e uno di loro ha
cominciato a parlarmi, mi ha
detto che durante la deposizione mi ero comportata bene, ma semi fossi
azzardata un_altra
volta a guardare l_avvocato d_ufficio, sapevo cosa mi sarebbe
capitato. Anche se all_inizio
mi parlava con un tono tranquillo, diventava sempre più nervoso, mi ha
detto che mi
avrebbero mostrato alcune fotografie e che avrei dovuto dire nome e
cognome delle persone
ritratte, gli indirizzi dei loro posti di lavoro e di dove abitavano
e, siccome ci sarebbe
voluto del tempo, mi hanno obbligata a sedermi su una sedia. Avevo le
braccia legate allo
schienale e mi hanno legato le caviglie alle gambe della sedia, con
una specie di manette di
corda; in quella posizione, mi sentivo ancora più debole, perché non
avevo nessuna
possibilità di muovermi e questo mi spaventava; uno di loro mi ha
tolto la benda, ero contro
la parete e, in quel momento, uno che era incappucciato mi ha messo
davanti un foglio con
una fotografia, non so quante fotografie mi hanno mostrato... ma
quando rispondevo qualcosa
che non era di loro gradimento, mi minacciavano con il sacchetto e con
la vasca da bagno e,
a volte, mi colpivano sulle orecchie con la mano aperta,lasciandomi
mezza svenuta. Ho detto
loro che quasi tutta la gente delle fotografie era gente che conoscevo
dal bar, ma che non
sapevo né che luoghi frequentasse, né dove vivesse; hanno continuato a
mostrarmi fotografie
su fotografie, fino a quando si sono stancati e, allora, quello che
faceva la parte del
capo, ha cominciato a gridarmi _Puttana, troia, se in questi giorni
non hai imparato niente,
imparerai!_e cose del genere. Mi ha detto che non gli costava niente
tirarmi due colpi e mi
ha rimesso la benda; mi ha chiesto se quello che avevo detto della
gente nelle fotografie
fosse vero e se avessi detto tutto ciò che sapevo; ho risposto di sì,
che non sapevo
nient_altro su quelle persone. Ero completamente terrorizzata,
piangevo... mi ha gridato di
non piangere, che lui sapeva tutto e che non gli avevo ancora detto
nemmeno la metà e che
per me sarebbe stato molto peggio se lo avesse detto lui, al mio
posto, che il gioco era
finito; mi ha alzato un poco la benda, mi ha mostrato una pistola, era
di metallo. Ho
cercato di voltarmi, ero terrorizzata, pensavo che mi mia avrebbero
sparato... ridendo, mi
hanno chiesto se volevo prenderla in mano, volevano vedere se _avevo
le palle_ per sparare
loro, come mio fratello e il mio compagno;io dicevo di no, fra i
singhiozzi, tremando e
loro,ridendo, mi dicevano cose come _puttana traditrice_. Allora, ho
sentito il metallo fra
le gambe e un Guardia Civil mi ha sussurrato di non muovermi, io
piangevo e ho cominciato ad
urlare come una pazza,mentre facevo forza per chiudere le gambe, ma
non potevo, perché avevo
le caviglie legate alle gambe della sedia... Mi ha messo la pistola
fra le gambe e,con la
mano, ha scostato il tanga, io gli gridavo di lasciarmi in pace, ma si
è messo a colpirmi
sulle orecchie, con la mano aperta, mentre mi gridava distare ferma o
gli sarebbe partito un
colpo, che la pistola era carica. Sentivo le risate degli altri, che
dicevano cose come
_troia, vacca, puttana, ti piacerà..._. Mi ha introdotto la canna
della pistola nella
vagina, gridandomi continuamente nell_orecchio_Cosa ti dice
(riferendosi al mio compagno)
quando ti scopa? Gora ETA?_, non riuscivo a smettere di piangere e non
avevo più la forza di
gridare. Si è messo ad introdurmi e togliere la pistola con maggiore
violenza e mi faceva
male, mentre quello che mi stava violentando mi sussurrava _ti piace,
puttana_, _non avrai
un figlio di puttana, perché ti tirerò due colpi_; il suo odore mi
invadeva, mi faceva
schifo,non so se quell_odore mi uscirà mai dalla mente...Tutti
ridevano, uno mi teneva per
il collo, mentre l_altro continuava a mettermi e togliere dalla vagina
la canna della
pistola e mi palpava il petto in maniera molto brusca, strizzandomi il
seno. Percepivo
dentro di me il freddo del metallo, mi ripetevano chela pistola era
carica e che se avesse
sparato sarebbe stata colpa mia... Non so quanto tempo è durata la
violenza, ma sono
ammutolita, ero persa; in quella stanza, stavano violando il mio
corpo, ma per un istante
sono riuscita a fuggire da lì, fra i singhiozzi, ma sono riuscita a
fuggire da lì; mi
ricordavo della mia gente, ero con loro, ero protetta...
All_improvviso, ha estratto molto
bruscamente la canna della pistola dal mio interno,dicendo agli altri
_guardate come ha
goduto, questa puttana_, _bisognerà rifarlo, che alla troia è
piaciuto..._ . Sono tornata
alla realtà, mi faceva male dappertutto... Mi hanno di nuovo mostrato
le fotografie, una ad
una e, di ogni persona, mi ripetevano quello che io avevo detto (il
paese del quale
erano...), oltre a ciò di cui volevano accusarla, mi dicevano che
dovevo imparare tutto a
memoria, per ripeterlo quando mi avrebbero portato disopra, a
deporre... L_hanno ripetuto
molte volte e io dovevo a mia volta ripetere ancora ed ancora e, se mi
confondevo,
ricominciavano a picchiarmi sulle orecchie con le mani aperte ed a
minacciare di
violentarmi di nuovo. Mi hanno riportata in cella, messo dell_altro
_siero_negli occhi e mi
hanno lasciata lì per un po_ finché hanno nuovamente bussato; mi sono
messa al mio posto e
mi hanno dato pantaloni e maglione per portarmi a deporre. Ero nella
stessa stanza di prima,
con gli stessi agenti, ma questa volta l__avvocato_ era un uomo (non
l_ho visto, ma ho
sentito la sua voce); questa voltami hanno mostrato le fotografie, su
ogni foglio ce n_erano
sei o sette, dovevo firmare sulle fotografie di chi conoscevo e dire
come mai lo conoscevo.
Ero molto nervosa e non ricordavo la maggior parte dei dati, ogni
volta che esitavo, sentivo
bussare dall_altra parte dello specchio, come durante l_interrogatorio
precedente, per
tenermi sottopressione; è andata avanti così fino a che non abbiamo
fatto passare tutte le
fotografie e, quando abbiamo finito, mi hanno detto che mi avrebbero
fatto l_esame del DNA,
che volevano sapere se acconsentivo. Siccome ero terrorizzata e non
avevo la forza di
rifiutare, ho detto di sì; mi hanno fatto un tampone, mettendomi in
bocca un paio di
bastoncini, di quelli per pulirsi le orecchie. Per portarmi fuori
dalla stanza, mi hanno di
nuovo coperto gli occhi e mi hanno riportato dal medico legale, che mi
ha fatto le stesse
domande,chiedendomi se avevo le mestruazioni, se avevo subito
maltrattamenti eccetera; ma,
come la volta precedente, non ha scritto nulla sul suo quaderno. Mi
hanno riportata in
cella, dove sono rimasta qualche ora, direi _tranquilla_, anche se
bussavano ed aprivano lo
spioncino, ma senza entrare; non riuscivo a dormire, perché ero
terrorizzata e nervosa, non
riuscivo a togliermi dalla testa quello che mi avevano fatto... erano
arrivati persino a
violentarmi, non poteva succedere niente di peggio, mi sentivo sporca,
mi faceva schifo solo
pensarci, non sapevo perché mi avessero violentata e non riuscivo a
smettere di piangere.
Quando sono tornati a prendermi, ho avuto un leggero capogiro, di
certo per la paura e prima
che mi riportassero alla sala degli interrogatori ho chiesto che mi
lasciassero andare in
bagno; la voce di una donna mi disse di fare in fretta, appena entrata
in bagno, mi sono
tolta il tanga per vedere se mi avessero causato qualche lacerazione o
qualcosa del genere,
perché mi faceva molto male, ma era tutto _a posto_... Nella piastra
di metallo che c_era
sul boiler, mi sono guardata l_occhio ma non era più arrossato,
c_erano solo le lacrime che
cadevano, ma stava meglio... Mi hanno detto che mi avrebbero portato
nella sala degli
interrogatori, mi hanno messo al solito posto;lo stesso agente mi ha
detto che ero lì da due
giorni e che, come avrei dovuto sapere, i miei compagni avevano avuto
il tempo di scappare,
che ormai sapevo di cosa erano capaci, che cominciassi a parlare...
Gli ripetevo, fra i
singhiozzi, che non sapevo niente e lui cominciava a gridare; mi
parlavano di qualsiasi
cosa, del mio compagno, della mia famiglia, del lavoro, degli studi...
fino a quando si
stancavano e minacciavano di violentarmi ancora, di spaccarmi la testa
a pedate... Da quel
momento in poi, tutto è stato in qualche modo più tranquillo; mi hanno
messo il sacchetto
sulla testa altre due volte, come se fosse stato un gioco,quando non
me l_aspettavo e questo
mi spaventava ancora di più_ Mi hanno portata ancora una volta nella
stanza dove tenevano la
vasca da bagno e mi ci hanno rimesso la testa una volta; più che
altro, ho subito minacce di
violentarmi, di mettermi il sacchetto, di affogarmi nella vasca e così
via,dicevano che
quello che avevano fatto a me l_avrebbero fatto anche ai miei
familiari. Erano molto
insistenti riguardo il mio compagno e, intanto, mi facevano molte
domande; mi hanno detto
che avrei dovuto fare una nuova deposizione e che, in quella, mi
avrebbero fatto domande
solo su di lui, come hanno poi fatto in un breve interrogatorio. Mi
hanno portata di nuovo
in cella, bendata; nell_entrare, mi sono messa a piangere...
All_improvviso, ho sentito la
voce del solito Guardia Civil, che diceva di mettermi contro il muro;
tremavo, terrorizzata,
non riuscivo a togliermi dalla testo quello che mi aveva fatto quel
tipo quando sono entrata
in cella... Pensavo che lo avrebbe rifatto; quando ho fatto come mi
aveva ordinato, è
entrato e, nell_aprire la porta, ha cominciato a parlarmi... dovevo
approfittarne per
dormire, dovevo pensare bene a ciò che avrei detto davanti al giudice
e che dovevo essere
furba, perché dovevo sapere che se non avessi detto tutto ciò che
avevo dichiarato lì, sarei
tornata da lui e che, allora, non ne sarei uscita viva. Diceva che non
avrei potuto
raccontare a nessuno ciò che era successo lì, sia perché loro lo
sarebbero venuti a sapere,
sia perché alla gente avrei fatto schifo, soprattutto al mio compagno,
perché, secondo lui,
non avrebbe più avuto voglia di stare con me; dopo avermi detto queste
cose, ha chiuso la
porta e se n_è andato. Poco dopo, la donna Guardia Civil mi ha
ordinato dimettermi contro il
muro, perché mi avrebbe lasciato un panino ed una bottiglietta d_acqua
sulla branda; ho
fatto come mi aveva ordinato e, quando ha richiuso la porta, ho visto
il panino sulla
branda: non ho assaggiato né il cibo, né l_acqua, perché temevo che ci
avessero messo
qualcosa, qualche droga e lei è rientrata a prenderli. In quei
momenti, cercavo di
tranquillizzarmi, pensando ai miei, ripetevo a me stessa che loro
erano al mio fianco,
perché sentivo una profonda solitudine... non sapevo da quanti giorni
fossi lì, nelle mani
dei miei torturatori e temevo che fosse una bugia la storia che mi
avrebbero portata presto
dal giudice... All_improvviso, hanno bussato molto violentemente e mi
sono messa contro la
parete, terrorizzata, perché i colpi erano stati molto violenti;
quando ho sentito aprirsi
la porta, due uomini mi sono saltati addosso mentre, ridendo, mi
dicevano che questa volta
mi avrebbero violentata davvero... All_inizio ho usato tutte le mie
forze per cercare di
liberarmi di loro, ma era impossibile ed uno mi dava degli schiaffi
per farmi smettere; la
porta era aperta e ce n_era un altro che guardava all_esterno, uno di
quelli che erano
entrati mi ha costretta a restare sulla branda, mentre mi afferrava
per le braccia e si
abbassava i pantaloni. Piangevo, disperata, ma poi sono rimasta
assolutamente ferma, perché
non avevo più forze per resistere, _cosa credevi, che te la saresti
cavata così?_ mi diceva
quello con i pantaloni abbassati; quando mi si è buttato sopra, non mi
sono mossa, lo
guardavo negli occhi, con odio e non riuscivo a smettere di piangere.
Sfregava il suo corpo
contro il mio e mi diceva delle porcherie ma, ad un tratto, tutti si
sono messi a ridere e
se ne sono andati, lasciandomi in un angolo della branda,
rannicchiata, dicendomi che facevo
loro schifo; a quel punto ero disorientata, non ne potevo più, volevo
essere con la mia
famiglia, uscire da lì,che l_incubo finisse... Quando sono tornati a
prendermi, era passato
molto tempo, è venuta la donna e mi hanno portata al bagno, con gli
occhi bendati, mi hanno
obbligata a fare la doccia e mi hanno fatto indossare abiti puliti;
quando ho finito mi
hanno rimesso la benda, mi hanno portata fuori dal bagno e siamo
rimasti lì qualche minuto,
fermi, finché è arrivata la macchina della Guardia Civil. Mi hanno
detto che davanti al
giudice dovevo confermare le deposizioni, che altrimenti sapevo cosami
aspettava e di non
dire nulla delle torture se non volevo tornare lì... Dopo avermi detto
così, se n_è andato;
mi hanno messa in un furgone, tolta la benda,mi portavano alla
Audiencia Nacional (Tribunale
speciale spagnolo, N.d.T.), h cominciato a piangere,alla fine, ero
fuori da quell_inferno...
I Guardia Civil che hanno partecipato agli interrogatori sono stati:
quello che faceva le
domande, era uno giovane, sui 30 anni, biondo, con lunghe basette,
sotto il labbro aveva un
poco di barba, alto circa 1,80, naso grosso, capelli rapati,occhi
chiari, pelle bianca e
parlava un euskera (lingua basca, N.d.T.) con accento di Bizkaia molto
stretto. Quello che
scriveva era anziano, sulla sessantina, capelli brizzolati,
grassoccio, basso di statura e
con il viso rotondo.





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una storia...vera   6/1/2005 16.19.31 (106 visite)   RASTA
   re:una storia...vera   6/1/2005 16.20.38 (43 visite)   Franti
   sarebbe stato meglio...   6/1/2005 16.21.55 (41 visite)   RASTA
      re:sarebbe stato meglio..   6/1/2005 16.23.38 (60 visite)   Franti
         re:sarebbe stato meglio..   6/1/2005 16.57.1 (51 visite)   cupa
            re:sarebbe stato meglio..   7/1/2005 12.35.21 (30 visite)   nala`
   re:una storia...vera   7/1/2005 12.36.11 (17 visite)   sfigatt0 (ultimo)

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