Nick: Althusser Oggetto: SONO IO E UN SACCO DI IO Data: 14/1/2005 1.40.35 Visite: 265
post ispirato da "A te chatters" di JFM. Il diario ha il lucchetto, se qua scrivo X c'è una persona Y che legge e nella vita reale me ne chiede conto, mentre col diario questi pensieri sarebbero stati solo miei. il fatto è che scrivendo pubblicamente si rivelano tante cose di noi che forse sarebbe più giusto non raccontare, perchè scrivendo ci raccontiamo a un livello cosi' intimo che non tiene conto, spesso, delle convenzioni sociali, dei modi di relazionarsi, della cautela nei confronti di altre persone. quando si scrive si è cinici, si racconta con crudezza e a volte penso si dovrebbe farlo solo per un pubblico che non ci conosce, non per chi ci vive giorno dopo giorno con il nostro fardello d'educazione, di barriere, di frasi pensate ma non dette, di parole che feriscono, che tu pensi e non pronunci. perchè come dice JFM a volte i pensieri dell'uomo non sono una gran cosa. chi ti conosce non dovrebbe leggerti, perchè poi ti legge e ti scopre cosi' come tu ti sei scoperto raccondandoti e sei rimasto quasi sorpreso, da come vedi le cose con la nettezza che sparirà un attimo dopo che alzi la testa dal foglio e ritorni alla vita normale, agli odori, ai sapori della gente, alle tue inquietudini di notti senza sonno nelle quali raccontare diventa facile quasi quanto è difficile vivere. la scrittura racconta le cose e lo fa come operazione chirurgica, non conta lo stile, il modo, le parole che usi. la scrittura sono segni su un foglio bianco, preciso nelle sue misure e ridicolo nella sua presunzione di poter rappresentare una metafora del mondo. il mondo scrive le sue storie su pietre dure e irregolari o forse le scrive sull'acqua e un istante dopo avrà già cancellato per crearne altre. la nettezza della scrittura non può rappresentare il mondo, per questo chi ci conosce e ci vuole bene non ci dovrebbe leggere, perchè dentro la scrittura ci sono le sconfitte, le paure, i deliri di onnipotenza. non è giusto farla diventare il fardello di altri. dentro la scrittura c'è la voglia di svegliarsi domani su un peschereccio islandese che solo l'ultimo fiordo separa da casa e tu lo scrivi, perchè lo pensi, perchè c'è sempre un ragazzino dentro di te che fa lo zaino comprato al ponte di casanova e va a vedere il mondo. oppure vorresti guardarti un tramonto dove le twin towers non ci sono più e chiederti: io l'avrei fatto? il mondo invece vuole risposte per domani che siano più banali, vuole che ti svegli (perchè come racconta lucio lucertola la cosa fondamentale è addormentarsi e svegliarsi lo stesso esatto numero di volte), che vai a fare un lavoro fino a quando diventi vecchio e ti buttano nella tazza del cesso e i ragazzini ti sfottono per strada. invece con la scrittura pure i vecchi possono tornare lupetto e pure leone l'allegro e pure l'astice con una chela sola. però se ti trovi di fronte lucio lucertola tu non dovresti vederli leone l'allegro e lupetto, perchè appartengono solo a chi scrive. per cui io sono io e quando scrivo sono un sacco di io, quelli che ho scelto di essere, quelli che ho sognato di essere e non sono stato, quelli che sarò a partire da ora, anzi da domani che mo' ho sonno. può darsi che stanotte il sonno sarà più veloce a venire. |