Nick: L'intrusa Oggetto: CancanCuriosità Data: 25/1/2005 14.2.4 Visite: 147
La scintillante storia del Moulin Rouge: centotredici anni al ritmo frenetico del cancan PARIGI: IL FAMOSO LOCALE DI MONTMARTRE APRÌ I BATTENTI IL 6 OTTOBRE 1889 I LUOGHI DEL DIVERTIMENTO Parigi: il Moulin Rouge, uno dei luoghi simbolo delle notti nella capitale francese Emergendo da una nuvola di tulle, una gamba si alza verso l’alto, mentre intorno si spande il ritmo indiavolato della musica di Jacques Offenbach. Ribattezzato French Cancan da quegli stessi inglesi che l’hanno vietato a causa della sua «indecenza», il balletto fa accorrere il tout-Paris nei cabarets di Montmartre. Siamo alla fine dell’Ottocento e mentre è ancora caldo il ricordo della disfatta di Sedan, la Francia è ripiombata nella noia. L’attualità politica offre solo scandali e malversazioni finanziarie, la società è sconvolta dalla lotta di classe, la vita quotidiana è rivoluzionata dall’irrompere delle nuove tecnologie. Privi di punti di riferimento, i cittadini francesi appaiono disorientati, ma ben presto reagiranno col motto di sempre: c’est la vie. Parigi è ancora un’attrazione mondiale, e tanto i turisti quanto i suoi abitanti hanno bisogno di locali in cui annegare nel vino e nell’allegria la delusione delle speranze di un tempo. È il 6 ottobre del 1889 quando uno dei mulini abbandonati di Montmartre si trasforma nel locale notturno più famoso della storia: «Moulin Rouge» recita l’insegna fiammeggiante all’esterno, mentre all’interno una sala da ballo tappezzata di specchi - proprio come la dipinse Claude Monet - mantiene la promessa di eccitante trasgressione evocata dal nome. Gentiluomini e canaglie di quartiere, artisti e donnine di vita si mescolano sotto le luci del locale della Place Blanche che, secondo le parole di presentazione del patron Charles Zidler, non intende essere «né un cabaret né un bordello, ma tutte e due le cose insieme». E per facilitare il passaggio dall’uno all’altro genere, egli permette alle ballerine, a fine spettacolo, di mescolarsi al pubblico. Nella società ipocritamente pudica di quei tempi, si può immaginare l’effetto che dovevano avere su quei messieurs alticci le ampie gonne fruscianti che lasciavano intravedere giarrettiere e calze nere, in un accostamento di rouge e noir studiato per far risaltare, durante quelle danze indiavolate, il candore della pelle. In questa atmosfera inebriante, tra i fumi dell’alcool e dei sigari, si aggirano donnine speranzose d’incontrare l’uomo che le renderà ricche. Fra loro Auguste Renoir scopre una sera una ragazza grassoccia che farà carriera col nome di Goulue. Quando questo donnone degno di comparire in un film di Federico Fellini entra in scena, con i pochi lembi di stoffa che la coprono che sembrano dover scoppiare da un momento all’altro, il pubblico cade in delirio. Prima di diventare una star e una delle donne più corteggiate di Parigi, la Goulue era conosciuta sui marciapiedi e nelle prigioni della città. Cosa che non le impedisce di dichiararsi fervente cattolica e di portare una croce appesa al collo. Mentre la Goulue non perse mai la semplicità e spontaneità della ragazza di strada che era stata, un’altra stella del Moulin Rouge, Yvette Guilbert, dovette essere un misto di distinzione e sguaiatezza: parlava un francese così puro che fu ricordata dalle cronache come la grande diseuse, «la fine dicitrice». Con la sua profonda scollatura a «V» sul magro torace, snocciolava volgarità giocando sulle intonazioni e sulle sfumature. Un’artista sublime: così apparve a Toulouse-Lautrec - uno dei più assidui frequentatori del Moulin Rouge - che la immortalò nelle sue tele dedicate alle sfrenate notti parigine. Qualche tempo dopo, a dominare la scena del Moulin Rouge fu invece Jeanne Richepin, in arte Jane Avril, che col suo vestito rosso e il suo cappello di paglia somigliava a una fanciulla dell’Esercito della Salvezza caduta per sbaglio nella rete del peccato. Nata da un marchese italiano e da una prostituta, la sua storia è degna di un romanzo rosa, come d’altronde quelle di tutte le creature che dopo di lei occuparono la scena del Moulin Rouge: da «Raggio d’oro», immortalata dal film Casco d’oro e da un manifesto di Toulouse-Lautrec, a Grille d’égout, un’istitutrice convertitasi al guadagno facile; da Brin d’amour al «Valentino il disossato». Seguirono Polaire, una donna dal vitino così sottile che lo si poteva stringere con una mano, e Colette, che prima di dedicarsi alla letteratura scambiò sulla scena un celeberrimo bacio con la marchesa de Morny, tra il divertimento del pubblico e lo scandalo della polizia, che vietò lo spettacolo. D’estate la sala del Moulin si apriva su un giardino in cui gli artisti recitavano ai piedi di un gigantesco elefante, gemello di quello in cui Victor Hugo aveva fatto abitare Gavroche: nell’insolita scenografia si esibirono Polin, che con le sue canzoni prendeva in giro il mondo militare, e Fragson, che col suo pianoforte introdusse in Francia il sound dei neri americani. Ben presto, però, un nuovo mondo spazzò via quella che mezzo secolo dopo sarebbe stata battezzata la Belle Epoque. Dopo la Grande Guerra, lo sbarco del cinema americano in Europa trasformò il Moulin Rouge in un passatempo obsoleto; il tempio del divertimento parigino avrebbe chiuso i battenti se una nuova stella, Mistinguette, non l’avesse traghettato dal Vecchio al Nuovo mondo. Sarà lei, spesso accompagnata da Maurice Chevalier, ad animare la rivista tra una guerra e l’altra, prima di essere spodestata da Joséphine Baker, star americana dalla pelle nera che conquistò Parigi, ottenendo la Legion d’Onore e la cittadinanza francese. Siamo ormai nel 1939 e la storia non ha più tempo per i balletti. La liberazione di Parigi sarà fatale al Moulin Rouge, dove le belles de nuit avevano danzato per i militari della Wehrmacht, e il locale non regge la competizione dell’eterno «Lido de Paris» e del nuovo «Crazy Horse», con le sue atletiche ballerine in tenuta militare. Ma il centenario cabaret della Place Blanche non si dà per vinto: rinasce dalle ceneri, ritrova le sue paillettes e strass, e ancora oggi perpetua la magia del music-hall alla francese, anche se le sue stelle si chiamano Marissa, Ludmila, Vicky, Joice e Christine, tutte o quasi anglosassoni. Del Moulin Rouge della Belle Epoque, delle sue atmosfere e dei suoi protagonisti ci rimangono le fotografie, i dipinti vorticosi degli impressionisti e la ricostruzione sfolgorante che registi come Jean Renoir, John Huston e Baz Luhrmann - il cui Moulin Rouge interpretato da Nicole Kidman ha ricevuto 8 nominations all’Oscar - hanno portato sugli schermi. Consiglio di scaricare French cancan di Offenbach, divertentissimo. Studio Offenbach per un esame, e lo sto scoprendo divertentissimo, demoniaco, trasgressivo...l'inferno è luogo del piacere, Elena na gran zoccola, Orfeo un cornutone stracontento, e i carabinieri IDIOTIIDIOTI come oggi.  |