Nick: Mach Oggetto: muore per far nascere il figli Data: 26/1/2005 9.30.11 Visite: 118
Malata di cancro, non si cura e muore per far nascere il figlio PIANELLO DEL LARIO (COMO) - La gioia e il dolore arrivarono insieme, un anno fa, in un mattino grigio dell'inverno. La gioia del terzo figlio in arrivo a quarant'anni, il dolore di scoprirsi malata del male più cattivo. Fin dal primo giorno, Rita non ha avuto dubbi. Ha rifiutato tutte le cure per far nascere il bambino. Federico è nato tre mesi fa e sta bene. Rita è morta lunedì, uccisa da un melanoma. Una folla commossa l'ha accompagnata ai funerali, ieri pomeriggio, nella chiesa del suo paese, Pianello del Lario. Sapeva che sarebbe successo.
Se n'è andata serena, consapevole della sua scelta, che aveva condiviso sin dall'inizio con Enrico, suo marito. "Preferisco morire, ma non abortirò mai, non posso stroncare una nuova vita - aveva detto - è come se mi chiedessero di uccidere uno degli altri miei due figli per salvare la mia pelle". "Un gesto d'amore e di fede per far vincere la vita" ha commentato l'Osservatore Romano. "L'unica terapia non è l'aborto ma la fede" ha detto il parroco, Don Giacomo, all'omelia.
La storia di Rita Fedrizzi, 41 anni, bruna, frangetta sugli occhi, un sorriso aperto, già madre di due bambini di 10 e 12 anni, ha commosso tutto il paese. La conoscevano bene, aveva insegnato l'inglese in alcuni istituti superiori della zona, l'ultimo il "Vanoni" di Menaggio. "Era una docente molto preparata, e una donna determinata, di carattere - la ricorda il vice preside Stefano Bertera - lo scorso anno volle continuare a lavorare fino all'ultimo nonostante soffrisse già dei sintomi della malattia, per non abbandonare i suoi allievi impegnati negli esami di maturità". Puntigliosa, determinata, cattolica convinta, Rita si era trovata di fronte al dramma quando i medici le avevano detto che per tentare di curare il tumore che l'aveva colpita, avrebbe dovuto sottoporsi ad una serie di terapie che avrebbero potuto rischiare di stroncare la nuova vita che le stava nascendo dentro. Alcuni medici le avevano consigliato, anche per iscritto, di abortire. Per potersi curare. Rita ha cominciato a documentarsi sulla sua malattia, a consultare libri e siti medici americani. Trovò le risposte che cercava, ma aveva già deciso. Pur consapevole che se avesse rinunciato alle cure per far nascere il suo bambino non avrebbe avuto alcuna speranza di sopravvivere, decise di rifiutare l'aborto e di portare a termine la gravidanza senza opporre neanche un'aspirina al male che le camminava dentro. E in quei mesi dedicò tutta la sua vita a curare, invece di sé stessa, la creatura che portava in grembo. Per riuscire a farla nascere a dispetto del male. La sua paura più grande, in gravidanza, non era quella di morire, ma quella di morire prima che Federico arrivasse alla vita.
Ce l'ha fatta, convinta, col sorriso sulle labbra. Federico, tre mesi fa, è nato, e bello sano. Poi, determinata come sempre, Rita ha deciso di passare a combattere, adesso sì, il suo male, e dopo il parto ha iniziato le terapie che prima aveva rifiutato. Ma era troppo tardi. Il male era andato avanti, troppo avanti, Rita non ce l'ha fatta. Ha resistito solo tre mesi dopo la nascita di suo figlio. Ha chiuso gli occhi lunedì mattina all'ospedale di Gravedona dopo un ultimo, improvviso, ricovero. Ma se n'è andata contenta di essere riuscita, nonostante tutto, a metterlo al mondo. L'ultimo sguardo, prima di spegnersi, è stato per quel bimbetto che, ignaro del suo sacrificio, ieri l'ha accompagnata in chiesa, ai funerali, in braccio al fratello più grande. L'anno scorso Gianna Beretta, un'altra donna che nel '62 a Milano aveva fatto la stessa scelta, fu fatta santa.
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