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Nick: mir
Oggetto: il naso nell'occhio
Data: 26/2/2005 0.19.0
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Arrivo a casa sua un po' in anticipo.
Essere in anticipo o puntuali credo sia una malattia al pari dell'essere ritardatari.
Tra le dita stringo lo spago della confezione di pastarelle prese durante il tragitto. La guantiera ciondola lenta mentre suono il campanello.
Apre la porta illuminandomi di un sorriso bianchissimo. Veloce mi bacia sulla guancia sottraendomi la guantierina dalla mano.
Considerazione1: conosci una persona ed inizi a costruirci attorno un'opinione, un modo forse anche comodo di pensare a lei. Ti ritrovi a immaginare ambienti e atmosfere e poi...
Poi il punto di vista muta quasi brutalmente quando entri in quella che è solo una piccola parte del suo mondo.
Sulle pareti spicca un colore tra il rosso e l'arancione molto pop-art. I mobili sono abbastanza vecchi da essere nuovamente oggetti di una ciclica moda ma non troppo per essere antichi. I quadri sono guaches da mercatino con Napoli in giorni di pioggia o in atmosfere che non le appartengono più (o che forse non le sono mai appartenute).
L'atrio non è altro che una porzione sottratta ad un lungo corridoio che ha una sola, stretta, finestra.
I corridoi lunghi, non so perchè, mi hanno sempre fatto girare la testa. L'ennesimo appunto da portare al mio futuro analista.
Mentre la seguo, un po' le guardo il bel sedere disegnato sotto la gonna e un po' sbircio nelle stanze che si aprono alla destra di questo fobico tunnel.
Una di queste sembra la stanza di un'adolescente. Poster alle pareti di tipi bellocci e decine di peluche su un letto dalla sovracoperta rosa.
Ho sempre invidiato la capacità di certe ragazze di tenere in ordine una stanza pur essendo piena di roba. A casa mia sembra sempre che ci sia appena stata una perquisizione della DIGOS.
"E' la mia stanza questa" dice. E nella mia testa la prospettiva subisce un'ulteriore brusca variazione di direzione.
Per casa c'è odore di sugo che, unito al calore emanato da invisibili readiatori, mi dona un senso di pericolosa familiarità.
Andiamo in cucina dove un timido sole filtra dalla finestra. Lei mi impone di sedere a tavola.
Quando non sparlo delle mie mirabolanti avventure per arrivare lì da lei, cala un po' il silenzio ed emerge il ticchettio di una pendola in chissà che parte della casa.
Se non sembrassi un tipo troppo strano direi che quello è il momento migliore di tutta la visita. Prima del durante e prima del dopo.
L'essere entrato in un'altra realtà.
Considerazione2: ci è dato, probabilmente, "essere" solo una volta nella nostra vita. Dopo, saremo puro spirito, energia o semplice concime. A me interessa vivere, interessa guardare quanto più possibile sotto tutti i punti di vista concessimi.
Nei rumori domestici delle forchettate nel piatto, nella cucina di chi imparo a conoscere, nei rumori che non so, negli odori, negli stati d'animo, nel bianco e nel rosso.
Io, così, vivo un po' di più, in larghezza.
