Nick: Max56 Oggetto: re:riforme Data: 12/3/2005 13.43.5 Visite: 15
Spesso le "politiche sociali" si traducono in assistenzialismo fine a se stesso, in clientelismo e nell'arricchimento di una nuova "classe" che deriva dai corridoi della politica e da quelli della burocrazia. Non credo sia un caso che i principali sostenitori della spesa pubblica (sotto forma di "politiche sociali") siano sindacalisti (che vivono in una nocchia di privilegi blindati dai loro permessi sindacali e distacchi vari); funzionari di partito che, falliti in ogni altra professione, hanno trovato quella strada per sbarcare il lunario e funzionari pubblici, con carriere sicure, per automatismo, senza flessibilità e senza mobilità. Oltre ai Montezemolo di cui sopra. Prova, invece, a fare un conto su dieci anni di busta paga in relazione alle trattenute per le spese sanitarie. Ti sorprenderà la cifra, sia per un operaio tessile che per un funzionario di banca. Con quei soldi ci si poteva pagare una comoda assicurazione, per farsi curare in strutture decenti (a propria scelta) e non nei pubblici ospedali, tra scioperi e attese croniche. Ed è solo un esempio. Là dove c'è concorrenza, ci sono servizi migliori. Ma se un servizio deve essere fornito in concorrenza con una struttura pubblica (dove si spende e, più che altro, si spande) allora le regole del mercato non valgono più, perchè un soggetto è in posizione di vantaggio. Lo stato lo vedo come terzo, non come protagonista. E un terzo è quello che, da una posizione dineutralità e imparzialità, fa rispettare le regole a vantaggio di tutti. Se lo stato scende in campo, diventa un concorrente avvantaggiato dal poter utilizzare la leva fiscale e i soldi di tutti, anche degli altri concorrenti. |