Nick: Mach Oggetto: LA DITTATURA DEL PREMIER Data: 15/3/2005 9.24.34 Visite: 48
LA DITTATURA DEL PREMIER di GIOVANNI SARTORI
Finora Prodi si è dovuto preoccupare, più che di altro, delle beghe interne della sua Unione. L’altro giorno ha fatto il suo primo affondo da leader dell’opposizione su un problema di sostanza, e anche di grande importanza, attaccando frontalmente il progetto di «nuovo Stato». Ha detto che quel progetto «sta creando le premesse per una moderna e pericolosissima dittatura di maggioranza, e anzi del primo ministro stesso», e quindi che prefigura una «dittatura del premier». Si può controbattere che non è così, o comunque che Prodi esagera. Ma non è decoroso controbattere che si tratta di una «freddura» (Berlusconi), o che Prodi «non ha il senso del ridicolo» (Fini). E nemmeno ha molto senso, ritengo, agitare in ogni occasione, inclusa questa, la oramai ultralogora bandiera dello «spirito bipartisan» che viene violato e del terribile conseguente pericolo che il Paese si spacchi. Ogni tanto le democrazie si dividono profondamente. Non ne consegue che siano a rischio di guerra civile. Ogni tanto succede, ma poi non succede niente di terribile. Anzi. Al qual proposito devo ricordare che le oscillazioni del «bipartisanismo» sono davvero curiose. Oggi viene largamente esaltato e invocato. Ma ai tempi della Bicamerale, quando D’Alema cercò un consenso di riforma costituzionale trasversale tra maggioranza e opposizione, quel suo tentativo fu largamente bollato di «inciucio». Invece ora l’incontro a mezza strada tra contendenti, e quindi anche il «compromesso istituzionale», sono sempre cose belle e doverose. Il che mi sembra un passaggio da stupidata a stupidata. In certi casi la sintesi, la composizione tra due tesi diverse e financo opposte, è possibile. Quando una cavalla si accoppia con un asino, ne esce un mulo. Ma in altri casi non ha senso, non è possibile. Se cerchiamo di accoppiare un cane con un gatto, è impossibile che ne esca un «can-gatto». Sul premierato è la stessa cosa: o il premier è insediato da una elezione popolare diretta, oppure no. Non può essere eletto direttamente a metà, oppure una volta sì e una volta no. Un premierato «can-gatto» non esiste. Torniamo alla domanda: Prodi ha esagerato? Se lo ha fatto si deve tener presente che la partita dovrà essere decisa da un referendum, e che nei referendum, non si può sottilizzare più di tanto. D’altra parte la dizione di «tirannide della maggioranza» è una dizione acquisita nella teoria della politica. È vero che Tocqueville e John Stuart Mill l’hanno usata in un significato che non è quello inteso da Prodi, e cioè nel significato di una tirannide della maggioranza che soffoca il pensiero (e dunque in un senso che si applica a pennello alla scandalosa legge Gasparri sulla berlusconizzazione dell’etere: una legge che davvero merita un ulteriore siluro). Ma i costituenti americani di Filadelfia già parlavano di «dispotismo elettivo», e quindi di una tirannide della maggioranza in un significato costituzionale affine a quello di Prodi. Resta da stabilire se la diagnosi di Prodi sia vera o sbagliata. E qui il punto è che le spalle di Prodi sono largamente coperte da una larghissima maggioranza «critica» di una sessantina dei nostri maggiori costituzionalisti (vedi il volume curato da Franco Bassanini: Costituzione, Una riforma sbagliata» ) mentre alle spalle della Berlusconi-Bossi c’è soltanto il vuoto, soltanto l’applauso di pochi costituzionalisti finti o di seconda fila. Berlusconi è capace di assemblare una sessantina di esperti di prestigio che lo applaudono? Se no, allora deve essere vero che il suo nuovo Stato è il frutto di un «dispotismo elettivo» pilotato da una dittatura del premier. Attenzione: del premier . Il che è diverso dal dire: dittatura di un dittatore "Quando c'è l'amore c'è tutto". "No ti sbagli, chella è 'a salute". |