Nick: IrishKlan Oggetto: ARIDATECE BAFFONE! Data: 16/3/2005 15.1.8 Visite: 106
Le due facce della stessa medaglia Rifondazione, Verdi e Ds boicottano la richiesta di ritiro delle truppe italiane e fanno in modo che il rifinanziamento della missione italiana in Iraq venga approvato. Ricevono così gli apprezzamenti del tanto odiato Berlusconi. Intanto un altro nostro caduto al fronte. da il GAZZETTINO DEL SUD ROMA – Un incidente, una fatalità, ma pesa questa morte di un altro soldato italiano in Irak sul Parlamento che si appresta ad approvare una nuova proroga della missione italiana. Si fermano i lavori al Senato, sospende la seduta per un'ora la Camera. Il turbamento e l'emozione tuttavia non evitano che si ripeta l'ormai logoro copione della divisione nel centrosinistra. Così il decreto di proroga (fino al 30 giugno 2005) sarà alla fine approvato da tutta la CdL e da un pezzetto dell'opposizione, l'Udeur, mentre l'Unione voterà contro (246 i sì, 180 i no, 8 gli astenuti). Contro, come aveva già fatto al Senato, e come era stato a suo tempo deciso in una combattuta e caotica assemblea (soprannominata infatti Nuova Babilonia). I vertici della Fed, riuniti con Prodi ieri mattina non avevano ravvisato la necessità di mutare indirizzo in piena campagna elettorale. Compatti per il «no», Rutelli come Bertinotti. Poteva tutto filar liscio se non fosse intervenuto il "Pierino" della situazione. Stavolta interpretato da Oliviero Diliberto. Il leader del Pdci, dopo l'assassinio di Nicola Calipari, era tornato a premere per la richiesta di ritiro immediato delle truppe e aveva annunciato l'intenzione di presentare un ordine del giorno in tal senso. Per il resto dell'Unione, compresi Bertinotti e Verdi, il voto contro il rifinanziamento era invece sufficiente (perché, sapendo che comunque non sarebbe stato maggioritario, teneva insieme sia quelli che non vogliono il ritiro tout court, cioè la Fed, sia gli altri). Non sono mancate le pressioni per far recedere Diliberto. Inutili. E di fronte a ciò Rifondazione, Verdi e la sinistra dei Ds, che non volevano lasciargli la bandiera da rivendersi in piazza, sono passati alla controffensiva con una serie di arzigogoli regolamentari che alla fine hanno vanificato l'azione di Diliberto. Hanno cioè presentato un emendamento al decreto che ricalcava l'ordine del giorno di Diliberto. Bocciato, come si aspettavano (l'Ulivo si era astenuto): con il risultato che il documento con gli stessi contenuti non veniva messo ai voti a meno che non lo modificasse. Cosa che il leader del Pdci ha fatto, cancellando l'aggettivo «immediato» che seguiva la parola «ritiro». Rendendo dunque più blanda, anzi «arretrata» come ha subito rilevato Prc, la sua posizione. Uno spreco di energie fisiche e mentali che ha avuto il solo risultato di dare spazio alle accuse di irresponsabilità da parte della maggioranza. Sulle quali però poi la sinistra ha tentato di rifarsi, perché nel frattempo è giunta notizia dell'annuncio fatto a "Porta a Porta" da Berlusconi sulla sua intenzione di avviare il ritiro delle truppe dal prossimo settembre. «Berlusconi rincorre l'opposizione sul ritiro» è la prima reazione del verde Paolo Cento che rileva come siano stati strumentali, allora, gli attacchi della maggioranza. Mentre Fassino denuncia il «grave sgarbo» reso dal premier alle istituzioni che nel giorno in cui il Parlamento tratta il tema, lo diserta e va a fare l'annuncio in tivù. Ma Brutti (Ds) ha una spiegazione: il premier salta il Parlamento perché parlare in tivù «non impegna realmente il governo». «Solo propaganda» conclude Intini. Ho mal di sgrena |