Alfabetagammadeltaecc.

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Nick: Franti
Oggetto: Alfabetagammadeltaecc.
Data: 21/2/2003 3.24.10
Visite: 39

E mò?
E mò una cippa di cazzo.
Nulla.
Sto andando a letto.
Cioè, si fa per dire.
Non dormo molto ultimamente.
Perchè? Boh, non saprei, inutile chiederlo.
E tra l'altro non dormo nel mio letto da tanto, oramai.
Dormo sul divano. Perchè? Boh, mi ci sono abituato.
E alle 7 mi sveglio. Porca puttana.
Non perchè debba far' qualcosa.
Mi sveglio automaticamento.
E comincio a pensare.
Ma a che cazzo io penso, non lo so.
E neppure il perchè.

Fra poco mi siederò in poltrona, il plaid addosso e mi addormenterò là.
A casa mia. Finalmente a casa mia.
Con le braccia piegate dietro la testa, sulla mia poltrona di velluto color ocra, con i braccioli sdruciti e scorticati da chissà quante braccia appoggiate.
Ma nel frattempo sono qui, i piedi coperti da calzini neri, poggiati su una sedia, con le gambe stese parallelamente al tavolino dove è situato il pc, di fronte a me un poster del Dom, il simbolo architettonico e religioso di Colonia.

E poi nulla.
Questo tavolino dove c'è il PC, con sopra un barattolo vuoto di Coca Cola che mi serve da posacenere ed un bicchiere di vodka liscia.
Niente sigarette.
Non le ho comprate stasera.
Eh, sì, la Coca Cola sì e le sigarette no. Strano?
Strano non lo so ma peccato sì.
Come si fa a bere una Vodka senza accompagnarla da una gustosa sigaretta tosta?
Poi c'è un barattolo vuoto di Nutella, qualche monetina sparsa e un libro di Camus che ho da tre mesi e non ho letto. Si chiama "Lo Straniero".
Forse l'ho comparto per sentirmi "alternativo".
Ma io sono uno banale. Uno semplice semplice.
Cosa cazzo può fregarmi del libro di Camus?

Poi ci sono sparsi, ma per la stanza, una moltitudine di oggetti elettronici.
Mio fratello ha preso 'sta fissa.
Sono tanti gli oggetti. Tanti e tali che la stanza pare si trasformi in qualcosa di vivo.
Forse, con il tempo, sarà capace di sviluppare una personalità propria, fino a diventare lei stessa il modello di organizzazione di me che la occupo.
Mi dirà quello che devo fare, influenzerà il mio umore, deciderà di che tipo di habitat avrò bisogno.
Se servirà un ambiente adatto a fare l’amore me lo preparerà.
Una stanza in grado di odorare e sentire la mia presenza.

Ho spostato l'Hi Fi qua, in questa stanza, da un pò di giorni.
Ho le cuffie e sto ascoltando un pezzo di Henry Rollins che si chiama "Divine Object of Hatred".
La sento da almeno 4 o 5 anni, una volta al giorno.
Mi piace molto.
L'ho tradotta, la canzone.
Nella prima strofa questa canzone parla di un Marine, aggredito, legato e trascinato per le vie di Mogadiscio, nella seconda di una ragazza che balla nuda in un pub.
L’idea della canzone, credo, sia il rovesciamento dell’atteggiamento umano nei confronti dell’amore.
Cioè, tutti usano la parola “Amore” continuamente, quando ti salutano, quando ti complimentano.
“Ciao amore”, “Bravo amore”.
Perché dicono così? Forse vogliono qualcosa da me?
Ti amano veramente? Non penso.
Quando però ti dicono e mi dicono “Ti odio”, beh, questo è da prendere veramente sul serio.
Se mi gridano “Amore” rispondo anche io così, al massimo, ma quando urlano che mi odiano, mi fermi e chiedo “Che cosa?”.
Questo è pesante.
Però credo che l’adorazione si possa manifestare con l’odio: ad esempio, quando presero il corpo di Mussolini e lo colpirono, lo trascinarono, già senza vita, lo fecero perché lo odiavano molto, mostravano così la loro adorazione.
Battere e trascinare per le vie un corpo vuol dire odiarlo molto, e l’oggetto di tanto odio diventa subito divino, non diversamente dall’oggetto che provoca tanto amore.
Così il Marine della canzone di Rollins è oggetto d’odio, come d’altronde la ragazza che danza nuda nella seconda strofa.
Gli uomini, da sotto il palco, gridano, la insultano, cercano di afferrarla, le sputano.

Tolgo le cuffie.
Ho snetito 'sta canzone tante volte, stasera.
E adesso?
Beh ho acceso il televisore.
Ho fatto zapping. Che vocabolo di merda.
Rassegna stampa su Canale 5.
Rassegna stampa internazionale su RAI 2.
Il finale di un episodio di Star Trek nuova serie, su una rete privata: il capitano dell’Enterprise vive in una dimensione parallela dove si danna per sopravvivere.
Hot Line: “Chiamami…”
Questo schifo di programmi hanno colonizzato la notte. Arrivano dritto fino all’alba, laddove, fino a un bel pò di anni fa pochissimi si erano spinti e soltanto in rari casi, tipo certe repliche delle partite dei Mondiali di Calcio e certe Olimpiadi, Alfredino Rampi nel pozzo, l’armata trash-porno delle private, il primissimo Fuori Orario.

Bah, ora premo il pulsantino rosso sul telecomando. Afferro una lattina di Fanta e la bevo.
Finita. La lancio e cerco di centrare il cestino.
Mi rastrello con la mano aperta la testa rasata e concludo strappando l’anello d’alluminio di un’altra lattina come se si trattasse della sicura di una bomba a mano.
Boom! Ahhhh!

Ho ascoltato un messaggio in segreteria telefonica.
Al cellulare.
Lo conservo da due settimane.
E lo sento sempre.
Perchè? Boh.
Mi piace quella voce infastidita.

Prima mi sono avvicinato alla finestra.
Mi sono fissato a guardare la luna. N
on lo faccio mai.
Stasera era enorme. Però non piena.
Chiarissima e grossa, con un taglio sul lato.
Sono stanco, veramente stanco.
Ho la sensazione di essere un criceto salito per sbaglio sulla ruota e costretto a girare per sempre.
La gente crede che i criceti si divertano.
Non è vero. I criceti sulla ruota ci salgono per sbaglio e ci mettono un sacco di tempo a capire che solo se la smettono di correre la ruota si ferma e possono scendere.
Dove l'avro letta 'sta cosa? Non lo ricordo.
Notte.

Vittorio Emanuele