Nick: Black 80 Oggetto: IL MIO ATTO UNICO Data: 21/3/2003 22.22.39 Visite: 32
Siamo terribilmente pieni, stracolmi di cose da raccontare. Ma soprattutto, le raccontiamo in ogni momento, in ogni luogo, volenti o nolenti. Un tempo credevo che ognuno avesse una storia, più o meno lunga da narrare, e se mi fossi posto in ascolto, per sentirle tutte, mi sarebbe scoppiata la testa. Ora mi rendo conto che, alla fine, siamo tutti su un palco, davanti a un pubblico. Ognuno di noi, sempre, mette in scena il suo atto unico. Non personagi che cercano un autore, ma vere e proprie rappresentazioni che vanno avanti, interrotte, inesorabilmente. Quello che cerchiamo è un pubblico. Il dramma va avanti, a volte viene ascoltato, a volte no. In realtà il sipario non si chiude mai. Ascolto il mio dramma, e lo vivo come primo attore, guardandolo dalla prospettiva di chi, parte integrante dello spettacolo, fornisce il suo punto di vista tutto personale. Desiderando che qualcuno la smetta di chiacchierare, e presti attenzione alla mia rappresentazione. Anche non essendo dei personaggi, dei caratteri, delle peculiarità del nostro spettacolo, si ripetono ciclicamente, sempre uguali. Conserviamo quindi degli aspetti del personaggio, come seme che germoglia in una mente suprema, tuttavia qualcosa si muove. Questa faccenda potrebbe essere intesa (com'è intesa) in modo positivo, in ogni caso possiede dei caratteri dalla valenza ambigua. Come diceva lui, siamo uno, centomila, tuttavia nessuno. E se questa polivalenza, questa duttilità, da un lato ci consente di crescere, dall'altro ci rende delle nullità. Domani la mia commedia cambierà, in modo probabilmente inaspettato, sicuramente incoerente con quello che ho prodotto fino ad ora. Prodotto da me, il mio atto unico, non risponde al mio controllo. Io sono l'autore, e lo metto anche in scena, ma non ho facoltà di dirigerlo a modo mio (per quanto possa avere l'illusione che sia così...non è così!). Ed è qui il bluff più grande, stupenda presa in giro. Se il teatro è la beffa dell'arte, in quanto non può rispecchiare il nostro animo frammentato, la molteplicità delle nostre coscienze, la concezione naturalista del vivere l'arte, visto in questa ottica, si beffa anche della nostra vita. Si, il personaggio che vive nella reiterazione dei suoi gesti, nella coerenza della sua personalità, tanto brillante che anche chi non ne è l'autore potrà prevedere le sue future azioni, è la linfa vitale di un teatro che si burla di noi poveri, mutevoli, personaggi riusciti male. Burlesco, incoerente, sgangherato, il mio atto unico necessita di personaggi, di costanti dal valore univoco, perchè così, in questo modo, non so più dove riposare la mia stanchezza. A Luigi Pirandello. Stefano.
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