Nick: emy836 Oggetto: re:qualcuno può aiutarmi? Data: 2/6/2005 18.6.29 Visite: 24
Antonio Canova – Amore e Psiche giacenti (1787-93) marmo, 155 x 168 cm – Parigi, Louvre Nella serie di sculture su temi mitologici spicca il gruppo di Amore e Psiche giacenti. Questo tema fu sviluppato in diverse opere, tra il 1786 e il 1796, prendendo spunto da una favola dello scrittore latino Apuleio, destinata a un crescente successo dalla metà del secolo in poi. "Nella scelta degli oggetti – scriveva nel 1794 Fernow, un artista contemporaneo di Canova – e molto di più nel modo di trattarli si rileva la sua prepotente tendenza per il vezzoso, il dolce, il leggiadro; per ogni dove si scorge che Canova è miglior pittore che disegnatore; […] quindi non deve meravigliare se questa sua naturale disposizione, questo genio di dipingere si manifesta anche nelle sue sculture e se in queste gli riesce soltanto ciò che è tenero, piacevole, giovanile." Poter conferire al marmo la morbidezza e il calore della carne viva è un sogno lungamente accarezzato da Canova: "Le opere dunque di Fidia sono vera carne, cioè la bella natura", esclamerà nel 1815 di fronte ai marmi del Partendone, trasferiti a Londra da Lord Elgin, trovandovi espresso il proprio ideale. Francesco Hayez – Il bacio (1859) olio su tela, 112 x 88 cm – Milano, Pinacoteca di Brera Con il procedere degli anni si accentua in Hayez un sentimento di accorato pessimismo ideologico, nato dalle disillusioni politiche. In ultima analisi anche la sua opera più celebre, Il bacio, partecipa di questo cupo pessimismo nella descrizione della scena medievale dominata dalla figura trepida del giovane che bacia la sua donna prima di una partenza che viene descritta come una fuga irrimediabile. Un’allusione all’esilio politico, dunque, e alle sue sofferenze senza rimedio. L’AUTORE Francesco Hayez (Venezia, 1791 – Milano, 1882) si forma nella città natale, e si trasferisce nel 1809 a Roma, dove conosce Canova, suo futuro protettore, ed entra in contatto con gli ambienti classicisti e puristi, di cui fa parte anche Ingres (a Roma dal 1806). Nella capitale l’artista si allontana progressivamente dai modelli neoclassici, pur continuando a godere della benevolenza di Canova che, insieme a motivi politici e campanilistici, sarà determinante nella vittoria al concorso dell’Accademia di San Luca, nel 1815, in cui Hayez supera addirittura Ingres. Nel 1817 l’artista lascia Roma per stabilirsi con la famiglia a Venezia, dove inizia a lavorare al Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri, considerato il manifesto del romanticismo storico. Il quadro, terminato nel 1820 ed esposto subito a Milano, riscosse un enorme successo nella capitale lombarda, dove l’artista si trasferì nel 1822, per insegnare all’Accademia di Brera. Pur godendo del favore del governo austriaco, fu amico e ritrasse personaggi come Manzoni, Rossini, Rosmini, D’Azeglio, diventando, secondo una definizione di Emilio Cecchi (1927) "lo storico dell’aristocrazia intellettuale del suo tempo".
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