Nick: golden Oggetto: radicali di sinistra.... Data: 23/6/2005 16.30.3 Visite: 117
il sito è www.radicalidisinistra.it so che in pochi leggeranno tutto però so anche che chi lo leggerà saprà apprezzare il tentativo in atto: Radici e prospettive per un'alternativa radicale Unire e insieme rinnovare il meglio del pensiero liberale e di quello socialista, sviluppandone le ispirazioni più libertarie e progressive: questo il senso e il compito del liberalsocialismo a cui si richiama l'azione politica dei Radicali di Sinistra. Ma il risultato di questa fusione non assomiglia affatto al moderato equilibrismo "centrista" tipico di tanti "liberaldemocratici" in Italia e in Europa: al contrario, il nostro liberalsocialismo si esprime in una nuova radicalità dei valori e dell'impegno pratico per cambiare il mondo in cui viviamo nella direzione della libertà, di una libertà personale e collettiva sempre più ampia e profonda. Come dice con chiarezza e semplicità il nome stesso del nostro movimento politico, siamo radicali che si collocano a pieno titolo e senza incertezze nella sinistra, sia pure con l'ambizione di contribuire a rinnovarla e a rilanciarla. La nostra concezione della libertà per tutti - la "libertà uguale" teorizzata dai padri del liberalsocialismo quali Piero Gobetti, Carlo Rosselli, Ernesto Rossi ed altri ancora - implica l'inscindibile unità tra i due valori fondamentali della libertà individuale e della giustizia sociale: senza giustizia, la libertà si riduce al privilegio di pochi, come nel vecchio liberalismo conservatore; senza libertà, la giustizia sarebbe soltanto l'egualitaria (e totalitaria) distribuzione del sopruso e dell'infelicità, come dimostrato ampiamente dagli esiti fallimentari del cosiddetto socialismo reale. La libertà che i Radicali di Sinistra teorizzano è il risultato (mai definitivo) di una lotta incessante di liberazione ed emancipazione umana e sociale, per estendere sempre di più la sfera dei diritti individuali (civili, politici, economico-sociali, ecologici) e far propri responsabilmente quei doveri sociali indispensabili alla difesa della libertà e dei diritti stessi, contro ingiustizie e privilegi sempre risorgenti. Nell'ambito della sinistra italiana, la tradizione politica più specifica alla quale ci ricolleghiamo - all'interno del grande filone laico-democratico avviato durante il Risorgimento da Cattaneo, Mazzini e Garibaldi - è quella del radicalismo laico di fine Ottocento (Felice Cavallotti), della "rivoluzione liberale" gobettiana, del "liberalsocialismo" di Guido Calogero e Carlo Rosselli, di Giustizia e Libertà, del Partito d'Azione, del federalismo progressista di Altiero Spinelli e del movimento radicale da Ernesto Rossi alle grandi battaglie per i diritti civili negli anni Settanta; così come ci sentiamo parte attiva del movimento ecologista e pacifista, non violento e animalista, per uno sviluppo eco-sostenibile ed una globalizzazione che tuteli in primo luogo i diritti umani e l'ambiente naturale anziché il profitto delle multinazionali e gli interessi dell'imperialismo economico e politico. Per una società aperta, laica, plurale La nostra "concezione del mondo" è aperta, critica e pluralista, ed esclude dogmi e ortodossie di qualunque tipo. Un pensiero libertario, umanistico, "terrestre" per dirla alla Nietzsche, che valorizza l'uomo "in carne ed ossa" (come amava ripetere Marx) insieme a tutti gli altri esseri viventi, che coltiva la razionalità ma rifiuta di contrapporre alla spontaneità dell'animo una morale innaturale e repressiva, quale quella imposta dalla chiesa cattolica nel corso del medioevo e anche oltre. Un pensiero dunque antitetico alla fosca ideologia dei fanatismi, delle inquisizioni, delle crociate, della caccia agli "eretici", dell'oscurantismo; quello stesso pensiero laico e tollerante che in epoca moderna (dal Rinascimento all'Illuminismo, attraverso i grandi campioni di libertà come Bruno, Galilei, Spinoza, Kant e Voltaire, fino ai libertari dell'Ottocento e del Novecento: Mill, Cattaneo, Dewey, Popper, Russell...) si è battuto coraggiosamente per la libertà ed ha aperto gli occhi dell'umanità sui rischi sempre presenti del totalitarismo politico e ideologico, con i suoi agghiaccianti lager e gulag, e del fondamentalismo religioso, per il quale la vita umana conta meno di nulla e che continua a infestare il mondo con il terrorismo più mostruoso. Stato, cittadinanza, diritti Restringendo il cerchio alla teoria più squisitamente politica, vanno senza dubbio riconosciuti i meriti dei padri del liberalismo, che hanno sostenuto la limitazione dei poteri statali assegnando allo stato il compito di porsi al servizio dell'individuo, e non viceversa (come pretenderebbe il fascismo, nero o rosso che sia); però ci risultano ben chiari anche i limiti del liberalismo classico: una concezione ristretta del "cittadino" e una visione angusta ed elitaria dei diritti, appannaggio esclusivo di ceti privilegiati. D'altro canto, della tradizione marxista facciamo nostra la concezione dialettica della storia, che vede nella contraddizione - tra le idee e i gruppi sociali - il principale motore del progresso (come sosteneva anche Gobetti); ma la dialettica deve rimanere aperta e non si può mai chiudere con il raggiungimento di un assetto "perfetto" e "definitivo" della società o del pensiero: questo vale contro il marxismo stesso così come si è evoluto e manifestato storicamente dopo la morte del suo fondatore (con alcune eccezioni, quali ad esempio la Scuola di Francoforte o, prima ancora, il pensiero critico e la coraggiosa battaglia di Rosa Luxemburg per la pace e per una società giusta ma non autoritaria). Di Marx andrebbe rilanciato l'ideale libertario, chiaramente espresso nella celebre tesi sul "regno della libertà" che sempre più dovrà prendere il posto del "regno della necessità", per ridurre il tempo di lavoro socialmente necessario e dare agli uomini più tempo libero, da dedicare alle attività essenzialmente umane; per "umanizzare" il lavoro stesso, liberandolo dallo sfruttamento e dall'alienazione; per "sostanziare" la democrazia liberale con una partecipazione sempre più ampia, effettiva e consapevole alle decisioni pubbliche: aspirazioni che rappresentano un'implicita condanna del comunismo totalitario del Novecento, figlio però anche dei miti falsamente "egualitari" propri della società di massa, i cui effetti negativi non sono estranei neppure all'Occidente democratico e socialdemocratico: omologazione, conformismo, condizionamento dell'individuo (che viene spersonalizzato e deresponsabilizzato), discriminazione delle minoranze e dei "diversi", predominio dei partiti, dei sindacati e delle altre organizzazioni di massa. Lo stesso ideale di "uguaglianza" va aggiornato e ripensato, per comprendere in esso la più rigorosa salvaguardia e valorizzazione delle differenze e delle diversità individuali. Proprio nel tentativo di conciliare i principi della democrazia sociale con quelli della libertà individuale, nasce nel Novecento quel filone di pensiero e di azione che in Italia chiamiamo "liberalsocialismo", ma che ha sviluppi autonomi e originali in molti paesi dell'Europa continentale e nella tradizione laburista, democratica e "liberal" del mondo anglosassone, da una parte all'altra dell'Atlantico. Nel nostro paese, questa corrente comprende in senso lato sia il liberalismo radicale di Gobetti che il socialismo liberale di Rosselli, filoni poi confluiti nelle straordinarie esperienze politiche di Giustizia e Libertà e del Partito d'Azione. Un movimento laico, rappresentato da ammirevoli personalità quali ad esempio Ernesto Rossi, ma che ha potuto e saputo avvalersi del contributo intelligente di uomini profondamente religiosi e di grande levatura morale come Aldo Capitini: in suo nome ancora oggi marciamo per la pace, valore essenziale e imprescindibile per ogni movimento che si batta per la vita, la libertà e il progresso. L'economia: giustizia è libertà Dal punto di vista economico, il liberalismo sociale in cui crediamo non equivale affatto al liberismo, ed anzi si schiera con forza a difesa dello "stato sociale", purché efficiente e non fonte di sprechi e parassitismi. Allo Stato spetta sostanzialmente un duplice compito: da un lato quello di garantire le condizioni di uno sviluppo equo e il più possibile armonico, tutelando il mercato e la libera concorrenza dalla cappa soffocante dei "blocchi" e delle "corporazioni", di lobbies, mafie e "famiglie" (così tipiche del capitalismo italiano) - spesso legate a filo doppio alla corruzione politica - e dalla naturale tendenza alla formazione di monopoli e oligopoli che è insita nella stessa dinamica concorrenziale, se non guidata e governata; dall'altro lato, il compito di tutelare i cittadini dai meccanismi spontanei e niente affatto provvidenziali del mercato stesso. Altro che "mano invisibile": ad oltre due secoli di distanza dall'ingenuo ottimismo di Adam Smith, dovrebbe essere chiaro che i diritti dei cittadini vanno protetti non solo dalla "prepotenza" dello Stato, come ancora crede con miope unilateralità la destra economica, ma anche e con la stessa energia dai "prepotenti" del libero mercato, che a volte possono essere i suoi principali nemici (come dimostrano casi anche recenti di bancarotta finanziaria ai danni dei risparmiatori) oltre che una costante minaccia per la salute dei cittadini, la difesa dell'ambiente naturale e i diritti dei lavoratori. Un filo rosso collega la concreta utopia dell'italiano Ernesto Rossi, autore di un programma di politica economica finalizzato ad "abolire la povertà", alla teoria della giustizia del pensatore americano John Rawls, teorico di un Welfare State che utilizzi la produttività "privatistica" del capitalismo a beneficio dei "meno avvantaggiati" e dunque agisca per ridurre il più possibile le inevitabili disuguaglianze sociali (non soltanto, dunque, "pari opportunità" di partenza, che spesso si rivelano una chimera): sono appena due esempi di una possibile teoria economica "radicale", all'insegna dell'inscindibile binomio giustizia&libertà. In conclusione In una sinistra, quella italiana, alla quale senza dubbio vanno riconosciuti notevoli meriti storici, ma che oscillando nel corso dei decenni tra i poli opposti e complementari del rivoluzionarismo teorico e del moderatismo pratico, e passando dal "comunismo" al "riformismo", non è mai stata radicale, la presenza dei Radicali di Sinistra può dunque rappresentare il lievito mancante per crescere e per vincere, ed un punto di vista nuovo e originale, in alternativa alle tradizioni (piuttosto logore e obsolete perché strutturalmente legate ai canoni collettivistici della "società di massa") della socialdemocrazia da un lato e del popolarismo cristiano dall'altro. Ottant'anni dopo la sua morte per mano fascista, a soli 25 anni, Piero Gobetti è ancora molto giovane! Per la legalità e la legalizzazione. Radicalmente contro tutti i fondamentalismi |