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Nick: Franti
Oggetto: Emme
Data: 12/7/2005 9.38.25
Visite: 239

Che la storia con Emme stava per concludersi, beh, ne avevo già il sentore, pur se non lo ammettevo con me stesso.

Il sentore nacque grazie ad un episodio.
Quale episodio?
Beh, in genere, io non ho mai sopportato l’idea di accompagnare una donna fin’ sulla porta del bagno, in un locale pubblico, e restare lì ad aspettarla mentre lei fa i suoi bisognini.
E questo per due ragioni.

Prima ragione? Semplice: perché, appena vai in un locale pubblico, o comunque esci con una donna, che sia la tua donna o di altri o di nessuno, alla donna scappa sempre da pisciare.
In continuazione.
E, se dovessi accompagnare ‘sta donna in bagno, per ogni volta che le scappa di pisciare, beh, ti tocca attendere davanti al bagno del locale pubblico almeno una decina di volte in una serata.
Un po’ di più di volte se la le mestruazioni.

Con quasi tutte le donne è così.
A meno che io non sia sfortunato e ho trovato solo donne con prostate bacate.

Se poi la donna che devi accompagnare al bagno beve pure alcool, allora le volte in cui dovrai attendere davanti alla porta del cesso, mentre lei fa la pipì, aumentano sensibilmente, in una serata.
Puoi rimanere davanti alla porta del bagno anche quindici volte in una serata.
In pratica corri il rischio che qualcuna, uscendo dalla porta del cesso pubblico, ti lasci pure dieci, venti o, se sei fortunato, cinquanta centesimi.
Che ti scambiano per il tipo che pulisce il cesso, insomma, quello che trovi, con tanto di grembiule azzurro del tipo "Bidello delle Scuole Medie", davanti ai bagni degli Autogrill, in autostrada.

La seconda ragione per la quale non ho mai sopportato l’idea di accompagnare una donna fin’ sulla porta del bagno, in un locale pubblico, e restare lì ad aspettarla mentre lei fa i suoi bisognini, è che le donne, per fare la pipì, ci mettono minimo minimo dieci minuti, se sei fortunato.

Se sei sfortunato, puoi restare lì, ad attendere la tua donna, fuori dalla porta del bagno, anche ventidue minuti.
A me una volta è capitato di aspettare ben ventidue minuti.
Calcolati con l’orologio alla mano, eh! I ventidue minuti.
Senza mestruazioni ben ventidue minuti ho atteso davanti al cesso delle donne.
Che ti da un fastidio già aspettare.
Che poi ‘sto fastidio aumenta al cospetto delle altre donne che passano, per entrare nel bagno, e ti guardano in maniera strana che ti fanno sentire un maniaco.
Che a te verrebbe voglia di dire a queste donne che passano, per entrare nel bagno, e ti guardano in maniera strana che ti fanno sentire un maniaco :

"Oh ma voi non ce l’avete un fidanzato più o meno coglione che vi accompagna al cesso e vi attende fuori per dieci o ventidue minuti, come in un caso capitato a me? O voi quando pisciate, avete la pisella che piscia così come corre Speedy Gonzales? No, perché la mia, quando fa pipì, ci mette dieci minuti se mi va bene, ventidue se sono sfortunato. Che cazzo mi guardate adesso? Tutte virtuose e veloci e sbrigative quando andate al bagno e ci sono io ad aspettare fuori, eh?".

Ecco, queste sono le ragioni per cui non ho mai sopportato l’idea di accompagnare una donna fin’ sulla porta del bagno, in un locale pubblico, e restare lì ad aspettarla mentre lei fa i suoi bisognini.

Invece con Emme non era così.

I primi tempi la accompagnavo sulla porta del bagno, in qualsiasi locale pubblico, e restavo lì ad aspettarla mentre lei faceva i suoi bisognini, un sacco di volte.
Ma un sacco di volte che nessuno può immaginare.
E non mi dava fastidio.
Per nulla non mi dava fastidio ‘sta cosa che generalmente me ne da di fastidio.
Eccome se me ne da. Di fastidio.

Nessun fastidio nell’accompagnarla sulla porta del bagno, in qualsiasi locale pubblico, e restare lì ad aspettarla, mentre lei, Emme, faceva i suoi bisognini.
Anzi, tutt’altro.
Devi fare la pipì, amore mio?
Ma che caruccia, bellina e dolce che sei, ti accompagno io fino al bagno e ti aspetto io fuori dal bagno delle donne, amore mio.
Fai pipì con calma, non ti preoccupare, amore mio.
Poi fai due chiacchiere con qualcuna dentro, amore mio.
Lavati le mani, amore mio.
Fumati anche una sigaretta, amore mio.
Asciuga ben bene le manine ed esci con calma, amore mio.
Ah, se hai le mestruazioni mi raccomando, togli pure l’assorbente con calma e attenta a come lo posizioni sulle mutande, eh, amore mio.
Attenta ad applicare bene le alette di quel Lines ai bordini della tua dolce mutandine, amore mio.
E lavati di nuovo le mani, amore mio.
E poi fumati un’altra sigaretta.
E poi fatti una chiacchierata con qualcuna lì dentro, di nuovo, amore mio.
E poi rilavati le mani, con calma, amore mio.
Scusa se ti dico sempre ‘sta cosa delle mani che devi lavare, amore mio, che mi sa che le mani le avrai lavate ventisette volte e saranno divenute squamose come quelle di una salamandra e mi starai maledicendo per il suggerimento, amore mio, ma si sa, l’igiene è la prima cosa, amore mio.
E poi esci dal bagno, amore mio
Quanto ci metti non ti preoccupare, amore mio.
Con la massima calma, amore mio.
Ci sono io che ti aspetto, fuori, vicino alla porta, amore mio.
Perché con te non è una questione di pazienza, amore mio.
Ti aspetto con amore, amore mio.
Non mi pesa, amore mio.
Anzi, amore mio, non vedo l’ora che ti scappi nuovamente la pipì, amore mio.
Perriaccompanarti al bagno, amore mio.
E io sempre lì, pronto ad aspettarti con amore e con piacere, amore mio.
Sì, ti aspetto io sempre, amore mio.
Come un coglioncino di coniglio amore mio, ma sono contento lo stesso, amore mio.

Che poi questa cosa del coglioncino di coniglio non l’ho mai pensata là per là, in verità.
Dopo, invece, sì.

Amore mio invece lo pensavo là per là.
Adesso, invece, non ci penso più ad amore mio.
Amore mio è divenuto inversamente proporzionale a coglioncino di coniglio.
Purtroppo.

Ma il tempo passava.
E nei locali pubblici ad Emme scappava sempre la pipì.
Come a tutte le donne.
Almeno cinque o sei volte in una serata.
E questo perché beveva poco alcool.
E meno male.
E l’idea di accompagnare una donna fin’ sulla porta del bagno, in un locale pubblico, e restare lì ad aspettarla mentre lei fa i suoi bisognini, che prima mi dava fastidio, poi invece con Emme no ed ero contento come un coglioncino di coniglio, mi tornava a dare nuovamente un fastidio che nessuno può immaginare.

Infatti, le volte che accompagnavo Emme nel bagno, andavo pure io nel cesso dei maschi per pisciare.
Così avrei aspettato di meno, fuori alla porta del bagno delle donne.
Mi prendevo per il culo da solo, insomma.

Capita sempre così: quando una storia sta per finire ti prendi per il culo da solo per un sacco di volte e per un sacco di tempo.
Già, mi prendevo per il culo, con questa cosa che anche io andavo a fare la pipì, così avrei aspettato di meno, fuori alla porta del bagno delle donne.
Infatti accompagnavo Emme al cesso, io entravo nel cesso dei maschi, pisciavo, uscivo fuori e comunque dovevo attendere quei sette minuti minimo, fuori, vicino alla porta del bagno delle donne, affinché Emme uscisse dal bagno delle donne.
Che nervi.

E tutte quelle altre donne che entravano ed uscivano da quel bagno mi guardavano.
Che nervi al quadrato.

Non sopportavo più aspettare fuori al bagno delle donne.
Lo dissi ad Emma.
Le dissi, un giorno, anzi una sera, con tono scocciato:

"Emme, ‘scolta, io già non sopporto l’idea di doverti accompagnare al bagno cinque os ei volte a serata ed attenderti fuori, a questo aggiungi che per ogni tuo bisogno io attendo minimo dieci minuti fuori dalla porta, fai la somma e renditi conto di quanto mi sta sul culo ‘sta cosa. Non puoi diminuire le tue pisciatine nei bagni dei locali pubblici, quando usciamo, o comunque non puoi essere più rapida nel fare i tuoi bisogni?".

Lei mi rispose, con un tono tra l’infastidito e la non curanza:

"Sei sempre il solito pesante! La fate facile voi maschietti, tirate fuori l’uccello, potete pisciare anche in quei cosi di ceramica appesi al muro, tirate fuori l’uccello, pisciate, a stento vi lavate le mani, ed uscite. Ci mettete un attimo, mica come noi donne, scusa eh…"

La interruppi:

"Emme, eddai! A parte che io non piscio mai in quei cosi di ceramica appesi al muro, ma sempre nel bagno e con la porta chiusa perché non m va di farmi vedere l’uccello da altri unomini che pisciano al mio fianco, tra l’altro il mio pisello non piscia in tali condizioni, ma ti rendi conto che io sono velocissimo nel pisciare e tu lentissima e che non posso aspettare sempre un’eternità fuori dal bagno delle donne?".

Lei rispose:

"Ma ti rendi conto? Noi donne, quando andiamo al bagno per fare la pipì, dobbiamo, nell’ordine, attendere il nostro turno, entrare nel bagno, alzarci la gonna o abbassarci i pantaloni, a seconda se portiamo gonna o pantaloni, abbassarci i collant, abbassarci le mutande, accovacciarci senza sederci sulla tazza che è antiigienico sederti sulla tazza, assumere posizioni strane, quasi da sedute, per fare la pipì, fare la pipì, pulirci con i kleenex, tirare lo scarico, uscire dal bagno, lavarci le mani ed uscire. Vuoi mettere?".

E io:

"A parte s’ta lista della spesa, non credi di esagerare come sempre? Eccheccazzo! Sembra che tu vada in guerra in Cambogia e non in un bagno a pisciare. Ma poi mi chiedo: quando mai tu hai portato i collant? Cazzo c’entrano i collant? E poi adesso è estate e i collant non si portano e comunque non li devi abbassare e io aspetto sempre un sacco di tempo fuori dal cesso delle donne.".

Emme non mi rispose.
Mi guardò infastidita.
E poi, come se nulla fosse successo, girò le spalle e entrò nel cesso.
Io attesi quindici minuti.

Altro segnale.
E’ un campanello d’allarme quando la donna che ami non ti risponde, ti guarda infastidita e fa quel che vuole fare, in contrapposizione a quel che tu non vuoi che lei faccia.
E’ l’inizio della fine della tua storia.
Solo, te ne accorgi dopo.
E impari dopo che è un campanello d’allarme per la tua storia, il fatto che la donna che ami non ti risponde, ti guarda infastidita e fa quel che vuole fare, in contrapposizione a quel che tu non vuoi che lei faccia.

Ma mi ricordai delle parole di Emme.
Quasi per sfidarla.
Anzi non quasi, ma per sfidarla proprio e dimostrare che io, come sempre, avevo ragione e che non ero pesante, ma che era lei ad aver torto marcio e ad essere estremamente superficiale.
Che stronzo che ero.

Comunque in quel momento mi ricordavo solo della parole di Emme e del suo atteggiamento strafottente solo per sfidarla.
E per dimostrare che io, come sempre, avevo ragione e che non ero pesante, ma che era lei ad aver torto marcio e ad essere estremamente superficiale.

Così una sera, in un locale pubblico, la accompagnai al cesso.
Io pure andai nel cesso.
Ma non per pisciare,
Ma per cagare.
E dissi a Emme:

"Emme, ascolta, chi prima fa, attende l’altro sulla porta, va bene?"

E lei:

"Si va bene..".

In verità non mi scappava alcuna cacca, ma dovevo cagare ugualmente, per vedere se Emme m’avrebbe fatto aspettare ugualmente là, fuori dal bagno delle donne.

Così mi venne in mente il ragionamento di Emme.

Entrai nel bagno degli uomini e, convinto di dover fare della cacca, nell’ordine, feci queste cose:
Attesi il mio turno per avere accesso alla tazza, così come Emme diceva che faceva.
Chiusi la porta del bagno, così come Emme diceva che faceva.
Ad entrare nel bagno ero già entrato, così come Emme diceva che faceva.
E già qua mi venne il sospetto che mi prendeva per il culo perché non puoi considerare ,come elemento che ti fa perdere, l’entrata nel cesso, se prima hai annoverato al chiusura della porta.
Eh già, perché, se chiudi la porta, significa che nel cesso ci sei già, cazzo!
Comunque continuai.
La gonna non la porto e mi abbassai i pantaloni, cosi come Emme diceva che faceva, se e quando c’aveva i pantaloni.
Mi abbassai le mutande, così come Emme diceva che faceva.
Mi accovacciai senza sedermi sulla tazza che è antiigienico. sederti sulla tazza, così come Emme diceva che faceva.
Assunsi una posizione strana, quasi da seduto, per cagare, così come Emme diceva che faceva , per fare la pipì.
Cagai, così come Emme diceva che faceva, solo che lei faceva la pipì e io la cacca.
Mi pulii il culo con i kleenex, così come Emme diceva che faceva, quando faceva la pipì.
Tirai lo scarico, così come Emme diceva che faceva.
Uscii dal bagno, così come Emme diceva che faceva.
Lavai le mani, così come Emme diceva che faceva.
Uscii definitivamente dal bagno, così come Emme diceva che faceva.

Una cosa mi mancava, però.
Non avevo perso tempo ad abbassarmi i collant.
Però, a parte che neppure Emme portava i collant, men’ che meno che in estate e che eravamo, appunto, in agosto, e che era una delle sue solite scuse per dimostrare che aveva ragione, io in compenso, pur non avendo i collant, e pur volendo ammettere che Emme aveva i collant e che poteva perdere del tempo prezioso ad abbassarsi i collant, io,…che dicevo?
Mi sono perso..
Ah, sì! Dicevo: io per compensare questa presunta perdita di tempo per i collant che Emme doveva abbassare, dovetti spingere un po’ per far uscire la cacca e queste spinte si protraerono per quasi due minuti.

Poi, dal momento che io, quando faccio la cacca, sono velocissimo, ma così veloce che se qualcuno dovesse aspettarmi fuori dal bagno degli uomin, questo qualcuno, senza ombra di dubbio, si convincerebbe che io abbia fatto la pipì e non la cacca, talmente sono veloce, al fine di perdere ulteriormente tempo, che feci?
Mi accesi una sigaretta e la fumai.
Già, fumai una sigaretta mentre spingevo e cagavo, in quella posizione strana, quasi da seduto.
Ora, io a fumare una sigaretta ci metto sette minuti, massimo otto, ma ne voglio considerare sei per difetto, và.
Due minuti li persi per spingere la cacca che non usciva.
Totale otto minuti nel cesso.
Più due minuti per buttare la cicca nella tazza, pulirmi il culo con i kleenex, tirare lo scarico, uscire dal bagno, lavarmi le mani ed uscire dall’atrio del bagno,quanto fa?
Dieci minuti impegnati per una cacca e robe necessarie prima e dopo la cacca.

Uscii fuori, mi avvicinai al bagno delle donne e Emme non c’era.
Guardai al cielo sconsolato.
E incazzato.
Passai il tempo leggendo tutti i numeri di cellulare di lesbiche e froci scritti fuori, nell’atri del cesso.
Che poi non ho mai capito se quei numeri sono scritti proprio da chi è titolare di quei numeri, di quelle utenze, insomma, o da altri, per scherzo.
Nel dubbio io lasciai pure un annuncio con sopra scritto:

"Cerco maschio attivo. Sono normodotato e ho il corpo coperto da bel pelame rosso. Come un Volpacchiotto. No perditempo. Chiamate al 338 eccetera".

Era il numero di cellulare Mario, il mio caro amico di Caserta.
Nell’attesa gli avevo tirato ‘sto scherzo.
Qualcuno lo ha pure chiamato, Mario.

Attesi tredici minuti ancora.
Più i dieci minuti persi da me totale ventitre minuti di attesa.
Un record, cazzo.

Non vedevo l’ora che Emme uscisse, per gridarle addosso e dimostrare che io, come sempre, avevo ragione e che non ero pesante, ma che era lei ad aver torto marcio e ad essere estremamente superficiale.
No.
Non mi preoccupavo de fastidio dell’attesa.
Dovevo vincere quella sfida e gridarle addosso, quasi per umiliare Emme.

Comunque, Emme uscì.
Dopo ventitre minuti.
Io la assalii immediatamente, dicendole a voce alta:

"E mò come la metti che ti attendo da più di venti minuti. Come la metti, eh? Dimmi come la metti, cazzo!!!".

E lei, quasi impaurita:

"Scusa…E’ che ho incontrato un’amica nel bagno e…."

E io:

"E hai perso tempo a chiacchierare con lei mente io, il coglioncino di coniglio, attendevo fuori eh? E io sono il pesante, eh? Sei una superficiale del cazzo, ecco quello che sei. Mai più deve capitare una cosa del genere, non sono il tuo zerbino, chiaro? Da oggi si cambia musica, capito? Dimmi chi ha ragione e chi ha torto, vai, dimmi su! Dimmelo!".

E Emme:

"Scusa Piè…"

E io:

"Vabbè dai, andiamo di là, stop!"

Emme quasi piangeva.
Era veramente mortificata.
Io un po’ me ne dispiacqui, ma questo mio dispiacere veniva offuscato da un altro sentimento.
Un sentimento che toccava una soddisfazione sublime.
Io avevo dimostrato di aver ragione.
E che Emme aveva torto e che era superficiale.
Avevo vinto la mia sfida.
Uno a zero per Piero su Emme.

Molto dopo ho capito che la sfida l’avevo persa.
Dieci a zero per Emme su Piero.
Ed Emme non aveva umiliato Piero.
Semplicemente perché Emme e Piero non stavano più insieme.
Storia finita.

Che stronzo che ero stato.
Dimostrare di aver ragione anche solo per una pisciata.
E non avere la consapevolezza di una storia agli sgoccioli.
Anzi, di avere la consapevolezza di una storia agli sgoccioli ma di non avere il coraggio di ammetterlo a me stesso e di offuscare il tutto con il mio stupido e masochista gioco di "Io ho ragione e non sono pesante come tu dici, tu hai torto e sei superficiale".

Emme ha vinto quella sfida per dieci a zero, in quell’occasione.
O forse la sfida non l’ha vinta nessuno dei due, né Piero, né Emme.
Anzi, non forse: la sfida non l’ha vinta nessuno dei due, né Piero, né Emme.
Abbiamo perso entrambi.
Io lo so e, credo,anzi ne sono sicuro, lo sa anche Emme.
Non c’era ragione per quella sfida dolce Emme.
Abbiamo perso di brutto Emme.
Vorrei dirti "Scusa Emme, mi dispiace tanto", ma è tardi, e poi, a che serve?
E "Scusa" non è una parolina magica che cancella tutto.

Ti auguro soltanto che tu stia con un nuovo fidanzato che ti aspetti con amore, fuori dal bagno delle donne, anche per mezz’ora, quando tu vai a fare la pipì.
Anche se, quando penso a ciò, cioè a lui che, innamorato, ti aspetta fuori dal bagno delle donne, anche per mezz’ora, quando tu vai a fare la pipì, mi sento male.
Non è gelosia.
Davvero, non lo è.
Però...niente và.





Ps - Già postato tempo fa.

Amaaaaaaaaami ancoraaaaaaaaaaaaaaa
Fallo dolcemeeeeeeeeeeenteeeeeeeeeee
Solo peeeeeeeeer un'oraaaaaaaaaaa
Perdutamenteeeeeeeeeee



Ps. -Non è la Nannini, ma i CCCP.



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Emme   12/7/2005 9.38.25 (238 visite)   Franti
   re:Emme   12/7/2005 9.45.10 (83 visite)   _azneroL
   molto bello,   12/7/2005 9.46.10 (75 visite)   *Zipper75
   re:Emme   12/7/2005 9.49.1 (53 visite)   DanyMasca
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