Nick: harding Oggetto: Si, viaggiare Data: 7/6/2003 14.30.51 Visite: 10
Viaggiavo ormai senza soluzione di continuità da troppo tempo. I paesi scorrevano ai lati della strada tutti uguali e monotoni. Il mio percorso era diventato solo una lunga teoria di cartelli stradali che superficialmente annunciavano un contenitore di vite dopo l'altro. Improvvisamente cadde la notte, rapida come un agguato. Avevo sonno e volevo arrivare da qualche parte. Fermarmi. Entrai in uno degli anonimi paesi. L'ora non era tarda ma aveva sublimato qualsiasi evidenza umana dalla strada. Ormai potevo solo dormire lì in auto, dovevo solo trovare un posto. La piazza del paese non era il massimo. Già immaginavo i vecchietti mattinieri che sbirciavano dal finestrino lo straniero che dormiva a bocca aperta in canotta e shorts. Imboccai una stradina che, così, a istinto, sembrava portare al mare. Invece portava ad una buia e silenziosa campagna. Mi si chiudevano gli occhi. Mi fermai appena potei. Il cielo divenne velocemente nuvoloso e carico di elettricità. I tuoni si avvicinarono come i tamburi di un esercito in lenta avanzata. Era tutto dannatamente buio e la pioggia che iniziò a scrosciare con violenza acuì il senso di isolamento dal resto. Eppure non mi sentivo solo. La solitudine è uno stato mentale. La provo più spesso a Napoli in mezzo alle parole vuote e stanche di chi ho intorno, nelle mie risposte automatiche. Qui ci sono io, nel posto "culo del mondo". Ho l'esatta percezione di quello che mi circonda, di quello che devo fare, dei miei bisogni, del mio sonno. Non sono solo. Dopo aver scaricato ciò che dovevano le nuvole scapparono via così come erano arrivate. Lasciarono un cielo limpido e dolorosamente tempestato di stelle. Davanti a me scorsi uno scheletro di palazzina in costruzione. Da dietro le geometriche travi, come nel migliore dei "coupe de teatre", spuntò la Luna. Sorrise e mi fece il solito ammiccante occhiolino ma, forse, stavo già dormendo. |