Nick: Cyrano622 Oggetto: domenica pomeriggio Data: 20/9/2005 12.37.27 Visite: 62
Una domenica bestiale! il sole che entra timido e tiepido nella mia stanza dall'enorme finestra mi sveglia dolcemente. unosguardo all'orologio, è già pomeriggio. decido di andare in università a lavorare. prendo la bici, lo zaino e vado. pedalo lentemante per godere a pieno il sole che quì si vede raramente. l'aria e fresca quasi fredda, se non ci fosse il sole sarebbe sicuramente fredda. arrivo all'università, la biblioteca è chiusa, nulla di fatto mi tocca tornare a casa. ma il mio stomaco mi ricorda che è ora di mangiare, decido di andare in centro e prendere lì qualcosa. la tentazione di andare alla caffetteria italiana e ordinare un panino al crudo è forte, del resto con quello che mangiano qui un panino al crudo è roba da "nouvelle cuisine". I morsi della fame, tuttavia, mi ricordano che forse è meglio un più "sostanzioso" kebab. entro nel solito locale, il ragazzo al bancone è nouvo non l'ho mai visto. mi chiede se voglio le salse ed io sicuro: "Yes, the hot souce too". me ne pentirò di li' a pochi minuti. la gola mi brucia, il palato e invaso da una colata di lava calda. devo prendere una birra. li vicino c'è il B. è un coffe shop ma vendono anche la birra. si lo so è strano nei coffe shops non si vendono alcolici, ma in queto li vendono. entro l'ambiente è il solito. l'idea di sporco che trasuda quel posto ti fa rabbrividire ogni volta. se non fosse per l'odore pungente delle varie erbe ed ashis si leverebbe un intollerabile olezzo di sudico, ne sono certo. mi avvicino al bancone, al mio fianco un omone barbuto ma dalla faccia buona, un po' Guccini un po' Depardieu. mentre lui fuma io ordino una birra. dannazzione hanno la Grolsch. ormai la odio quella birra per quanta ne ho bevuta, odio quel sapore acre, odio la sua consistenza evanescente. hanno la Calsberg ordinerò quella. al tavolo che a doppia L vicino al finestrone che da sulla strada affianco alla porticina d'ingresso è seduto un ragazzo. i suoi vestiti e i soui accessori percorrono meticolosamente tutte le tonalità del blu, dal celeste chiaro al blu notte, con qualche spiraglio di bianco. tutto con il marchio nike in bella vista, persino il piercing che ha all'orecchio sinistro. con le scarpe da ginnastica in tinta, la tuta e il cappellino sembra eminem. al tavolo fuori ci sono degli uomini che bevono la birra, il finestrone è aperto sento arrivare un altro. un ragazzo di colore con i suoi rastaraccolti in un cappello, sembra la fotocopia della faccia di Bob Marley che ha stampata sulla maglietta. saluta i tizi al tavolo fuori, entra saluta eminem gli prende una siugaretta e inizia a bere. uno di quelli fuori entra e offre ai due un'altra birra oltre a quella che stanno bevendo. io siedo di fronte ad enimen che ha la gamba stesa sulla panca. mi godo i pochi raggi di sole che filtrano nel buio dle locale, sono caldi, avverto un piacevole tepore. il sole quì, quando c'è, è caldo insopportabile. qui le nuvole ci sono o no, non ci sono vie di mezzo e allora il sole arriva basso e caldo tutto su di te. entrano due uomini sulla cinquantina, tutti e due sono alti, un metro e novanta credo. Indossano tutti e due un giaccone di pelle: uno nero l'altro marrone. Quello con la gacca nera è corpulento quasi sovrappeso, ma di quel sovrappeso che incute timore non di quello che suscita tenerezza. ha i capelli rossi tagliati corti e un paio di occhialini da sole con la montatura dorata e le lenti rettangolari azzurre. sembra John Goodman nel grande Lebowski. l'altro è magro che piu magro non si può, da l'imprssione di crollare al suolo da un momento all'altro. ma nei suoi tratti si può ritrovare tutta la tenace coriaceità di si attacca alla vita coi denti, tipica delle persone magre, di quelle che da bambini si chiamano "roccia". non è una figura rassicurante sembra che abbia già da tempo sputato via l'anima vendendola al diavolo, e che porti in giro quella pellaccia da iena solo in attesa della dannazzione eterna. il tipo corpulento si avvicina a me e mi chiede in un inglese privo di accenti, sicuro ma gentile, di fargli posto. l'altro va al bancone ad ordinare. tira fuor dalla tasca interna della giacca una scatola d'argento. la apre. resto stupefatto, ci saranno venti grammi di erba già pronta, altri trenta ancora in cime e i sei tocchi di fumo in totale saranno una sessantina di grammi. tira fuori una cartina e inizia a rollare. la'ltro arriva col tè freddo. lui si alza indispettito si dirige al bancone e fa notare alla cameriera, con tono deciso ma cortese, che lui ha ordinato un icetea e che quindi ci va il ghiaccio. tornano tutti e due a sedere. devo scalare un altro posto. lui riprende la precedente attività. con mticolosa cura riscalda la sigaretta, la apre, la versa sulla cartina che aveva precedentemente piegato sui lati, quasi stesse fecendo un aeroplanino di carta. dalla scatola prende un mezzo grammo abbondante di erba e ricopre il letto di tabacco. poi e la volta del fumo. esegue di nuovo tutte le operazioni con meticolosa perizia. chiude lo spinello e con gesti sapienti rimuove il lembo di carta. infine accende quelle che piu che una canna sembra essere una torcia olimpica e lui novello tedoforo si appresta a principiare la sua corsa verso un viaggio che lo porterà lontano. nel frattempo bob marley che parlava con eminem e ustruiva la porta si sposta per far spazio, anche un altro avventore si alza e sposta il suo sgabello. non capisco. poi fa il suo ingresso un altro personaggio. un vecchio sull'ottantina su di uan sedia a rotelle spinto dall'autista del taxi per disabili che avreva chiamato per farsi accompagnare lì. va al bancone prende da bere. e dopo una manovra con la carrozzina il ragazzo del taxi lo lasicia al nostro tavolo. ora e di fornte a me quest'uomo corpulento dagli occhi azzurri allo stesso tempo innocenti come quelli di un bambino e diabolici come quelli di un vecchio sadico. ricorda jeffrey lebowski, quello ricco, se non fosse per la corporatura più robusta e l'età più avanzata. ha un maglione di lana spessa e ai piedi delle pantofole di quelle a stivaletto invernali. saluta gli altri due che rispondono con gioia e al cntempo con devota ammirazione. il più magro dei due, che sembra un po' il miglior Clint Eastwood al tempo degli spaghetti western, con la faccia i Jack Palance in "scappo dalla città, la vita, l'amore, le vacche" ma con qualche venatura di Lou Red, allunga al vecchio quaranta euro. e lui ridndo li conta ed intasca. nel frattempo arriva una coppia lui bassino, scuro di carnagione, ampaimene stempiato ma con i capelli corvini e ricci lunghi fino quasi alle spalle, che se non fosse per gli occhi celesti sembrerebbe lo spekear messicano del "Titty Twister" nel film "From the dusk till the dawn". veste di nero ed ha dei folti baffi scuri. con lui una donna anche lei sui cinquanta, vestita che sembra appena uscita da woodstock, una rediviva Janis Jopin un po sovrappeso. il mesicano prende le sigarette del vecchio si giria verso la donna che nel frattempo teneva a bada duei cagnolini, e gli fa sono senza filto. lei si gira e tirando fuori dalla borsa un pacco delle stesse sigarette ma col filtro glielo porge dicendo "te lo avevo detto che lui le fuma senza filtro". l'uomo le prende e le da al vecchio con aria un po' sonsolata. la stessa sensazione che si prova quando si organizza una sorpresa ma qualcosa va storto. l'uomo si siede al tavolo. la donna prende da bere. io scalo altri due posti ed eminem e costretto a tirar via la gamba che aveva steso. la donna torna con due birre ne porge una all'uomo che ne beve avido circa la metà, con mano tremante. poi con un rapido movimento di labbra succhia via la birra che gli era rimasta tra i folti baffi. lei fa il giro del tavolo e per farla passare devo accovacciarmi sulla spalliera. i duei cani si ccomodano ai miei piedi. non posso stendere piu le gambe. il vecchio tenta di accendere una sigaretta ma non riesce ad usare l'accendino. il messicano accortosi di ciò provvede ad accenderla per lui. ma il rosso prima che lui possa accendere la sigaretta passa la canna al vecchio che con la stessa innocenza e tranquillità con cui un bambino si nutre dal seno della madre inizia a fumare con malcelata frenesia. l'uomo dalla giacca marrone allora estrae una scatoletta d'argento simile alla prima ma piena di diverse varietà di fumo. saranno un dieci tocchi da dieci grammi ognuno, poi tira fuori dalla tasca una busta d'erba. un trenta grammi. e con le mani tremanti e gesti indecisi riesce faticosamente a tira su un'altra tromba che nulla ha a che invidiare alla precedente, con le medesime quantità di tabacco ed erba ma con uno stiletto di Nepal all'interno che sembra lalero maestro dell'Amerigo Vespucci. l'accende e la passa al vecchio che nuovamente inizia a fumare dopo aver ceduto la precedente al messicano. la donna nel frattempo tira su una canna d'erba con le cartine piccole e il trinciato. eminem dopo aver fumato due canne si è alzato. ora posso andare via senza far alzare nessuno. raccolgo le ultime forze che le esalazioni dle loro fumare mi avevano lasciato. esco dal locale. gli uomini al tavolo non ci sono più. il buttafuori gentile parla con uan ragazza. mi siedo rspiro profondamente e vado via convinto di aver vissuto una mezz'ora in un film pulp. Raccolte le forze decido di tornare verso casa. il sole tiepido mi riporta a più dolci pensieri. ripenso agli "strani" avventori incontrati, ma ora non ho più "timore" di loro il il tepore dei raggi di sole mi metono di buon umore e mi predispongono ad essere ingenuo e buono come un bambino il giorno prima della befana che vuole redimere tutti i suoi veniali peccatucci per ricevere in dono quanto febbrilmente atteso. Una visione ceslestiale si presenta ai miei occhi. un motociclista alla guidadi quella che sembra essere una ducati d'annata. la mia miopia e i postumi del fumo passivo mi impediscono di focalizzare moto e guidatore. mi avvicino mentre il semaforo è rosso. dal casco nero sbucano due occhi neri e profondi dal taglio esotico, e la pelle leggermente bruna tradise origini esotiche. il corpo minuto ma formoso e impreziosito da una camicetta in seta rosa che mette in risalto le curve e da un blue jeans un po' svasato fascia le natiche sode della callipigia fanciulla. ai piedi degli infradito di cupoio neri, sulle cui sottii fibie dei fiorellini pastello ingentiliscono la calzatura e la fanno sembrare una dea polinesiana che appena finito di fare il bagno nella laguna e si lascia accarezzare e baciare dal sole. il semaforo scatta lei riparte decisa guidando la moto con grazia innaturale. io rimango a pensare a quanto capitatomi in una domenica pomeriggio di fine estate. "Ho messo la testa dove gli altri non osavano mettere nemmeno i piedi" J.P. Rives
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