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Nick: Franti
Oggetto: Lullaby: Lettera Aperta
Data: 24/9/2005 11.36.29
Visite: 275

Prologo: a volte è necessario $Riproporle".
Fine del Prologo.

Ciao.
Come comincio?
Non lo so, ho sempre trovato difficoltà a cominciare qualcosa.
E ho sempre trovato difficoltà a cominciare a parlare.
Di solito sono un fiume in piena.
Ma solo dopo dieci minuti dall’inizio.
A cominciare non sono proprio bravo.
E a parlare men che meno.
No, non solo per i tuoi pregiudizi nascenti dalle paure.
Non solo per la tua prepotenza e la tua ira frustante ed insulsa che fa sì che tu non senta quel che ho da dire.
La verità è che quando provo a parlare e guardo gli occhi, mi blocco come un elefante al cospetto di un topo.
Io negli occhi mi perdo sempre.
Nei tuoi non ne parliamo.

E così provo a scrivere.
Mi riesce meglio.
Bene, credo.

Dai, comincio così: io le persone le faccio innamorare.
Solo che non se ne accorgono.
Come capita a Stefano.

Forse perché sono arrogante e intollerante.
Lo sanno tutti.
Lo sai anche tu.
Non sopporto niente.
Non sopporto nessuno.
E anche questo sai.
Sopporto solo Mario, credo.
Ed è già dura, credimi.
Ma gli voglio bene, tanto.
Non sopporto neppure te.
Nel senso che non risono ma postoli problema se ti sopportavo e ti sopporto o meno.
Perché ti voglio bene, credo.
Tanto.
Come ne voglio a Mario.
Ma non sei Mario.
Non hai neppure i capelli rossi.

Comunque non sopporto niente e nessuno.
Sono intollerante.
E, da un po’ di tempo, ho imparato a diffidare di alcune cose.
E di alcune persone.

Non mi fido di quelle che parlano di amore dopo una settimana.
In vita tua hai detto la prima parola dopo tre anni questo dovrebbe insegnarti qualcosa.
Diffido delle ragazze innamorate.
Non le sopporto.
Anzi non sopporto le ragazze che devono dimostrare di essere innamorate.

Detesto chi usa le esperienze per regolarsi.
Le esperienze ti formano ma non devono importi nulla.
E mai un comportamento standard.
Le esperienze non devono "farti regolare".
Le persone e le situazioni nulla c’entrano con le tue esperienze passate.
Non sono Francesco, non sono Marco, non sono Arturo, non sono Filippo.
Non sono neppure Pierluigi.
O meglio, non sono neppure quel Pierluigi.
Per fortuna.

Non sei d’accordo, lo so.
Per te le esperienze servono a regolarti in maniera standard.
Appena noti un campanello d’allarme, via.
Ci si regola e si fugge.
Ma le persone e le situazioni non sono bianche o nere.
E non sono solo bianche o nere.
Esistono altri colori.
Esiste il rosa, il marrone, il giallo, l’azzurro.
Ed esiste il rosa chiaro, il rosa scuro, il giallo ocra, il marrone chiaro e così via.
Esistono le sfumature.
Esiste anche Almost Blu.
Ma tu vedi soltanto bianco o nero.
Fatti tuoi.
Sarebbe meglio una visita oculistica finalizzata a farti notare gli altri colori e le sfumature.
Fidati di me.
Dopo quella visita, capirai che sono una cosa ha sempre lo stesso colore.
Il cielo.
Che è sempre blu, anche se qualcuno lo vedi grigio o nero.
Il cielo è blu.
Non Almost, ma proprio Blu.
Al massimo la tonalità d blu diventa più intensa.
Ma in quel caso sarà stato merito dell’oculista.
E allora ii cielo è sempre più blu.
Non sopporto nulla.
Tranne il cielo.
E tranne Almost Blu.
Soprattutto quando la ascolti.

Non sopporto soprattutto la superficialità.
E la mancanza di rispetto.
Ecco cosa non sopporto: la mancanza di rispetto.
Ho un sacco di difetti ma non manco mai di rispetto.
Gli altri con me sì.
Anche le altre, specialmente quelle che vivono in provincia di Napoli, con i capelli scuri senza sfumatiure e le tette piccole e sode e che fanno all’amore che è una meraviglia.

Ho un sacco di difetti ma non manco mai di rispetto.
Anche quando una mi chiama e piange al telefono
chiedendomi se ho mai sofferto per amore.
L’amore non fa soffrire, l’amore è gioia sempre che tu sia convinto che esista.
Al massimo ti fa soffrire la mancanza d’amore quindi l’abbandono.
Se la logica non è un opinione fa soffrire l’egoismo.
No, non ho mai sofferto per amore.

L’amore non esiste, sono d’accordo con Francesca che adoro come se fosse mia sorella.
L’amore è solo nella tua testa di cazzo.
La tua testa è intelligente, sveglia, simpatica e brillante.
E non solo nel senso che sei pelato ed è lucida.
Poi diventa di cazzo.

Qualcuno mi ha detto:

"Pier sei senza cuore".

Se fossi senza cuore sarei già morto.
Lo so per certo, il padre di Francesca ha quattro by-pass.
So che con un cuore malato si rischia la morte.
Figuriamoci l’assenza totale.

Sono nervosissimo.
Una corda di violino è meno tesa.
Se sbagli a parlare è finita, sei morta.
E’ intollerabile.
Dovrei ucciderti.
Versarti l'acido muriatico nel chinotto.
Per me bevi il chinotto.
Hai la faccia di una che beve il chinotto.

Mi sento raggelato.
Ci saranno ventisette gradi qui dentro e ho i brividi e sto morendo congelato.
Non è raffreddore, non sono mai malato.

Tu non hai bisogno di me.
Per fortuna.
Perché non sopporto chi ha bisogno di me.
Tutto quello che cercate ce l’avete nel vostro corpo.
Mi fate schifo tutti.
Mi fanno schifo i bugiardi e ancora di più le bugiarde.
Sono bugiardo.
Ma solo per giustificare delle vostre mancanze.
Delle tue mancanze.
Per la verità sono sincero ma devo far credere di essere bugiardo.
Perché la verità fa male.

Potrei consigliarti uno psicologo o uno psichiatra ma non lo faccio perché il consiglio sarebbe dettato dal desiderio di lasciare un segno a casaccio.
Per colpire.
E non mi va.
Non sono così.
Non voglio colpire nessuno a casaccio.
E poi non li sopporto.
Non sopporto gli psicologi e gli psichiatri improvvisati.
Non sopporto gli psicologi e gli psichiatri laureati.

Scusa se non ti ho inviato tanti sms, ma non li sopporto gli sms.
Qualche volta li mando, l’ho fatto anche con te, ma sempre quando non sono interessato.
Se te ne sono arrivati più di dieci cancella il mio numero.
Fidati di me.
Se sono sporadici, come con te, non preoccuparti.
Sono schiavo del telefono, invece, anche se lo odio.
Il telefono.
Sai che uso il telefono solo per comunicare?
Non si usa il telefono per perdere tempo, su questo arai d’accordo con me.
A volte lo uso per non addormentarmi.
Se ti ho chiamato di notte sappi che avevo qualcosa da fare.
Non volevo addormentarmi e ti ho usato.
Ma questa è una bugia.
Te l’ho detto che sono bugiardo, no?
Se ti ho chiamato di notte è perché non si usa il telefono per perdere tempo.


Sai una cosa?
Mi piacerebbe giocare a poker.
Una di quelle partite di poker che si giocano in quelle lunghe sere d'estate che suggerirebbero altro.
O forse non sono capace di suggerire altro ?
Forse.
Ho una mia teoria sul punto.
Il giocatore di poker è per definizione qualcuno che ama l'azzardo.
L'unica cosa che può distrarlo è un azzardo maggiore.
Le certezze non gli interessano.
Penso che se peschi magari da un mazzo normale e non da uno con le carte tutte uguali, senza sperare di vincere o di pescare la carta giusta potrebbe uscirti l’asso di picche, fiori, o quadri.
Mai l’asso di cuori.
Perché l’amore non esiste.
Se non nella tua testa di cazzo, Pier.

Non sono mai malato.
E se lo sono faccio finta di non esserlo, fino a crederci per davvero.
Non sopporto i malati.
Necessitano di cure che non posso dare, sono troppo egoista.
Un po’ come te.
Tutto quello che faccio per voi quando siete malati lo faccio controvoglia.
Non sono mai malato.
Quando lo sono stato nessuno se ne è accorto.
Quindi non serve essere malati se ti devi curare da solo.
La malattia nasce perchè qualcuno deve prendersi cura di te.
Mi sono visto sanguinante, squartato in due da me stesso.
E non ve ne siete accorti.
E non te ne sei accorta.
Ma non fa nulla.
Tutto passa e tutto scorre.
Non è una citazione da una canzone dei Negramaro, che mi stanno sul cazzo.
Perché queste quattro parole esistevano prima di loro.
Quel giorno farete finta di piangere.
Dopo dieci minuti avrete altro a cui pensare.
Sarà l’sms da mandare o il piatto da cucinare o l’assegno da coprire, a prendere il posto del pensiero di me.


Secondo me mi hai spesso "catalogato" come qualcuno che si trova a suo agio a vagabondare in territori dai tratti sfuggenti, quasi sospeso tra realtà e sogno, tra età adulta e adolescenza, tra cinismo e tenerezza.
Come qualcuno che rifiuti a priori tutte quelle parti che avrebbero potuto codificare e costringere il mio "personaggio" reale e no.
Ma quale personaggio, scusa?
Ma quale codificazione, scusa?
Ma quali tratti sfuggenti e quale cinismo, tenerezza, eccetera, scusa?
Ma è così strano sapere che si è banali banali?
E’ così scandaloso?
Che cazzo ci vuole a pensare, invece di codificare, che c’è qualcuno che sa come vuole essere?
Certo, me ne rendo conto, so quanto possa parere difficile.

Esserlo però, non pensarlo.
Per te, pure.
Non a fare chissà che cosa, ma a raggiungere l’obiettivo fondamentale: essere soddisfatto di sé.
E più banale di così che vuoi che ci sia?


E questo lo pensavo pure per te, anche se forse questa era presunzione ed invadenza.

Ma perché non ti metti seduta e canti a squarciagola Almost Blu o magari Let it Beeeeee, Let it Beeeeeeee, Let it Beeeeeee, Let it Beeeeeeeee, che è così bella?
E fa un sacco bene, sai?
E poi ti farà risparmiare i tediosi tentativi di catalogazione e di psicanalisi e di puttanate di questo genere.
Soprattutto se rivolta a te stessa.

Così impazzisci, sai?

Sei strana.
Io pure lo sono?
Strano?
Ma vai, vai.
Certo un po’ strano lo sono.
Ma lo sei anche tu.
Ma è banale pure questa come cosa, no?


Forse non sono molto allegro, spesso?
Boh, credo il contrario, in verità.
Ma ammesso pure che non sia molto allegro, hai bisogno di un altro venditore di felicità?
Tu sì?
Bah, contenta tu.

Sei un ossesso? Osesso io?
Ma quale ossessione.
Non ho un’ossessione.
Né, tanto meno, le scelgo lucidamente.
Non decido coscientemente di vivere come uno psicopatico.
Sono banale banale.
Davvero.
Non sono riducibile ad un cliché?
E allora?
Che cazzo significa? Nessuno è riducibile a un cliché.
Lo si può fare con i personaggi, non con le persone.
Le mosse, le parole sono troppo prevedibili.
Pure le tue.
Non ti sbattere, baby.
Ci siamo dentro tutti.
Con coscienza o meno.
E tu più di altri.

Lavoro poco e sono scocciato. E quindi?
Per il resto non faccio una cippa di cazzo.
E quindi?
Credi che sia da "originali", questo?
Non credo, guarda.
Io di una cosa sola sono certo.
Se fossi nato con gli occhi azzurri, la mia vita sarebbe stata completamente diversa.
Sarei finito alla Bocconi, avrei messo su famiglia e adesso lavorerei in un’azienda di Belluno.
Semmai come Product Manager.
Che poi non so neppure cosa significhi, ma il suono di queste due paroline mi piace.
Mi fa muovere gli ormoni, che adesso cominciano a fare la Ola.
Poduct Manager.


Cazzo di frase è " Un grande rimasto piccolo", scusami, eh?
Dai, vai.
Grosse difficoltà? Piccole difficoltà? Difficoltà normali?
E allora?
Mica mi nascondo dietro ad un dito.
Lo so che quello che accade intorno è il frutto di quello che io stesso ho creato.
Tranquilla: non andrò mai in giro a cercare responsabili.
Che bella la fortuna di vivere la "banalità" come un fuoco che arde dentro.
Come dire, ecco, sì, è come un richiamo urgente che è sempre lì, pronto ad aiutarti.
Credo siano le cose della vita ad alimentare questo fuoco.
Anche se non mi troverò al centro dei riflettori, mi troverò, invece, sicuramente, al centro della mia banalita.


Adesso?
Nulla, sono fermo qui, in uno scorcio di inizio autunno tenero ed imbronciato a rovesci.
Per quanto stropicciato da certi piccoli mali, che mi hanno scavato qualche ruga e fatto perdere i capell, non sono in cattiva forma: debole, questo si, per qualche colichetta renale, un’ulcera che qualcuno vuole sia un cancro allo stomaco, ma lucido e con voce ferma. E poi te l’ho già detto: non sono mai malato.

E non sono come qualcuno mi dice di essere, con un’eccentricità e un egocentrismo stratosferico, il candore e l’entusiasmo di un bimbo, le intuizioni e la perspicacia di un genio
Anzi, tutt’altro.

Mi hanno detto che la mia vita era innestata su una serie di avventure sentimentali andate a male, il tutto per arrivare alla consapevolezza di essere un uomo pieno di un "male naturale", insuperabile, ormai facente parte della sua persona.
Ma chi ve lo ha detto, scusa?
Io c’ho la capacità di ridere. Lo sai?
Te ne sei mai accorta?
Rido di tutto.
E’ poco? E non hai capito un cazzo.
La risata non offende il dolore, semplicemente lo spaventa, lo sbaraglia, lo sorprende.
Disillusa sei e disillusa resterai.
Ma ti voglio bene uguale. Ecco, lo scrivo pure per esteso.
TiiVoglioBene. Forse di più, ma fai finta di non averlo letto.


Non so cosa dirti, sai?
Le persone dovrebbero capire di essere vive e che la vita gli appartiene.
Non possono essere nient’altro da quello che sono.
Ci sforziamo ogni giorno di cambiare noi stessi e di cambiare gli altri: non è assolutamente il caso.
Ci sto provando. Dammi tempo. Oppure, se sei impaziente vai via.


Amore, odio, odio, amore, amore, odio e poi ancora odio e ancora amore.
Che palle ‘sta cosa dell’amore, dell’odio.
Ma ti rendi conto che l’odio e l’amore finalizzati diventano inutili?
Sia l’odio che l’amore dovrebbero essere dei concetti privi di scopo per essere vissuti intensamente.
E tu che fai? Vai, rimandiamo tutto al cliché, alle aspettative.


Ti amo. Non ti amo più.
Ti amo. Non ti amo più.
Ti amo. Non ti amo più.
Ma vai a prenderti una Coca Cola, dai. A
nzi, no.
Un chinotto.
Hai la faccia di una che beve un chinotto.


Mi contraddico spesso? E’ vero, hai ragione.
Specie quando penso che quando tornerò in questa vita, tornerò come l’uomo che ho sempre sognato di essere.
Però sono una persona. Un essere umano, credimii.
E in fondo esiste in ognuno di noi, nella nostra testa, un’altra persona più serena e più felice di ciò che realmente siamo.
Io non lo so cosa vuoi ma me, da te.
Io so solo che sono vivo. Un po’ esaurito e senza un cazzo da fare. Sopravvivere credo si chiami. Lasciarsi scivolare senza aspettarsi niente. Tutto qui. E che c’è di male? Si fa del male a qualcuno, così?


Ho da un po’ di tempo trascurato questo lavoro di merda?
E allora? Odio coloro che credono, con il lavoro, di "aver svoltato meglio", difendendo le proprie scelte con una calvizie o una famiglia da incubo.
Abbi pazienza, ma è impraticabile.
Non sopporto l’attitudine al comando e l’atteggiamento arrivista: e questo, se permetti è una inequivocabile constatazione.
Sai come si fa ad odiare certe cose?
Sai come si fa ad odiare i colleghi?
Tutti che vivono nel terrore di quelli che gli stanno intorno, sanno qualche formuletta di settore e si fanno le scarpe sul lavoro. Con il walkman impastato ai timpani, le gambe saltellanti, il culo rigido, uno schiocco di dita, la bocca aperta e così via.
Ma dai!
E poi, sulla scrivania, al telefono, al computer. Si corre da un posto all’altro alla forsennata velocità di una fuga più lontano possibile dall’angoscia.
Ci sono capitato pure io, sai?
Nei rari momenti di pausa mi mettevo le mani in faccia e la stropicciavo. Chiudevo gli occhi muovendo in senso circolare i palmi sulle orecchie, riproducendo uno strano rumore.
Una chiamata, una busta, qualche cazzata del genere e venivo richiamato bruscamente al ligio dovere.
Un po’ come quindici anni fa, quando cantavo in una piccola band del mio paesello.
Un po’ di concerti, un nastro autoprodotto e niente.
Po, dopo, solo paranoie. Soldi che bisognava tirare fuori per un disco mai uscito e per l’impianto voci, una specie di sala di registrazione per provare a fare qualche giro di chitarra ma subito dopo era scazzo, per l’amico stronzo che si scocciava o per la musica diventata "troppo vecchia".
Nessuno si preoccupava più del perché suonavano ancora insieme.
Così piano piano, le prospettive avevano perduto ogni attrattiva. Così, siamo cresciuti e, una volta mollato il colpo, anche gli altri si sono messi a studiare di più, a laurearsi e a lavorare.
Peggio dei cani.
Convinti di fare un lavoro creativo, appreso proprio nei tempi passati, come nel gruppo.
E adesso sono stanco.
Stanco di essere richiamato allo stress. A casa la solita bolletta nella casella e zero telefonate in segreteria. Il telecomando, zapping assicurato per le prossime tre ore, quattro salti in padella Findus ed una bottiglia di vino.
Andate a fare in culo. Con cortesia ve lo dico, ma andateci lo stesso.


Sulle donne poi.
Cazzo quante ne ho sentite. Tutte balle.
Una donna è interessante per te fino a quando ha fantasie erotiche, fin quando si mette in un letto o su un divano e non per russare.
Finita la passione entri in una gabbia di tradimenti, di pazzia, di insulti, di incomprensioni.
Così mi si diceva.
Beh, vero, questa cosa mi è successa due o tre volte, come con A.: un’infinità di litigi, di botte, di lanci di bottiglie, di ricatti, di persecuzioni.
Ma non è mica solo così, sai?


Ci sono i colori e le sfumature, non solo il bianco ed il nero.
Altre volte i rapporti con il gentil sesso sono stati vissuti con lo spettro della sconfitta sulle spalle.
Fissavo per ore una donna in un bar, ma me ne innamorava quando lei andava via.
Oppure quando io dicevo "Ti amo", lei scappava.
E mi addossavo tutte le colpe, invece di costruire dalle fondamenta un rapporto mancato. O un qualcosa simile a un rapporto, ad una relazione insomma.
Ma ho anche vissuto momenti bellissimi, sai?
Altro che sconfitte.
Sono stati trionfi. E che trionfi.
Ho incontrato Una che non era Una e che baciava bene, ad esempio.
Ed ero contento.


"I always wanted new surroundings…A room to rent while the lizards lay lying in the heat…trying to remember who to meet…"


Questo disco mi parla di lucertole e stanze in affitto.
Io, dal canto mio, sento questa canzone e non riesco a farmi un’idea su quello che è successo in questi anni e in quest’ultimo periodo.
Ma non è che me ne freghi un granchè.
Voglio soltanto continuare ad ascoltare quella canzone, vedere se le lucertole riescono a tornare a casa.

E’ da un po’ che non vivo una notte su e un mattino puro.
Questo credo tu lo sappia e lo abbia sentito da me a iosa.
Già, la mattina, a volte mi sveglio, mi alzo e le cose importanti non sono le stesse della sera prima.
E’ da un bel po’ di tempo che la mattina mi sveglio prestissimo. Mi lavo, non posso pettinarmi purtroppo, mi faccio la barba, indosso una camicia bianca e mi guardo allo specchio.
E c’è ancora.
La mia faccia è ancora lì, liscia e bianca come un fantasma. E, come un fantasma, infesta lo specchio. Si nutre di luce e vive nel vetro.
Non vuole andarsene. Per fortuna, dai. Sono contento.
Gli specchi sono la sua casa e io lo so.
Cosa so? So che una faccia del genere può andare in un sacco di posti. Mi torna sempre utile questa faccia.
Che bella cosa.


Per molti sono scomparso a ventotto anni e la gente intorno a me si è già rassegnata.
E ci sono cose che non posso calcolare perché ancora non le ho fatte. Non mi sono sposato, non ho avuto un figlio, e da nove anni, da quando mi sono laureato, faccio più o meno le stesse cose e più o meno negli stessi posti.
Non è poi molto importante ormai, quello che sono stato e quello che avrei potuto essere. Conta quello che sono: un campo di battaglia. E, insieme, i due eserciti che ci combattono sopra.
Ma quando mai!
Ma come si fa a dire certe puttanate?
Ma come si fa ad essere così presuntuosi a pensare per gli altri, per come sono io.
Ma come fai?
Però, quando mi disse così, una "qualcuna" diventò rossa.
Già, qualcuna è diventata rossa. Ha socchiuso gli occhi, voleva chiedere scusa, lo so.
Però non l’ha fatto.
Peccato. Mi avrebbe fatto piacere uno "Scusa" appena pronunciato.
È stata brava, in compenso. Ha allungato la mano verso il bicchiere che avevo di fronte e l’ha afferrato per porgermelo.
Le sue dita si sono strette attorno al vetro e tutto, bicchiere e dita, si è avvicinato a me.
Avrei voluto bere anche la sua mano insieme all’acqua.
Ma mi rompevo le palle. Non ne valeva la pena. Ho bevuto solo l’acqua.
Ho bevuto a piccoli sorsi, mentre i suoi occhi continuavano ad essere inquieti.
Non riusciva a decidere se doveva essere allegra oppure triste.
Mi spiace che sia così triste questo posto. Così ho detto.
Lei ha sorriso, finalmente.
Bah! Occorreva parlare di tristezza per un sorriso.
Non ci capisco più nulla.

Mi passi quel bicchiere colmo d’acqua, per piacere, bimba?

Ecco.
Tra poco brinderemo alle cose belle e niente sarà più lo stesso.
Il tempo delle pagliacciate è finito.
È stato bello finché è durato e sono sicuro, caro Piero, che per un momento hai pensato che potesse durare in eterno.
Ti sbagliavi.
Prima o poi i nodi vengono al pettine. Prima o poi arriva sempre qualcuno con in mano una ricevuta che non ti ricordavi neppure di aver firmato.
Entra in casa tua e rivuole indietro i soldi.
Magari ci mette degli anni per arrivare, ma arriva. Sempre.
E si riprende i soldi.
E tu daglieli e fottitene.
Ci saranno altri modi per rifarsi e per guadagnarne di altri.


Se apro questo cassetto della scrivania e prendo questo vecchio astuccio, posso tirare fuori una foto che ritrae Piero, vecchia di quindici anni.
È "in posa" chiaramente. Ha 18 anni e la sua vita sembra cominciare lì. Sembra guardare se stesso più vecchio di quindici anni, tra lo stranito e il pensoso, appoggiato ad un muro grezzo. La mano sinistra a metà nella tasca, la spalla destra che sorregge una giacca di velluto.
Porta una maglione nero, a collo alto.
Sulla sinistra un pino scuro fa da contrappeso al muro chiaro, come la faccia affilata e malinconica esce fuori sotto i capelli ricci che adesso han’ lasciato spazio alla pelata.
È "in posa" chiaramente.
Ha 18 anni e la sua vita sembra cominciare lì.


Prendere sonno, pure stanotte, non sarà facile, cara mia: prima o poi ci incontreremo e le cose che dovrò dirti o farti mi rendono nervoso.
Ma credo che non dirò e farò nulla.
Ora che ti ho visto "meglio" non mi sento più così triste.
Forse dovrei lasciarti in pace.
Lasciarti camminare, non tediarti con questi pensieri stani, lasciarti galleggiare. Lasciarti innamorare di qualcun altro, forse.
In verità, lascia a me questa possibilità.
Io non sono una persona cattiva, credimi, mi piacciono le cose belle e tutto il resto.
Presto mi addormenterò e sognerò un viso truccato che mi sorride.
Ma ora, mentre sono ancora sveglio, sudato, quanto mi piace immaginarti sola e triste e disperata.
Scusami.
Del resto non so neppure se ci sei più.
Le mie parole sono come sassi, precisi e aguzzi,
pronti da scagliare. Verissimo, sai?
Avevi ragione.
Scusami.
Non l’ho fatto apposta.
Davvero.
Capita.


Adesso basta.
Potrei tediare qualcuno.
E poi mi viene da vomitare
Da due giorni sputo sangue.
Un’ulcera che qualcuno vuole spacciare per un cancro.
Tutte balle.
Non sono mai malato.


Non posso amarmi perché l’amore non esiste ma mi rispetto parecchio.


Piero



Ps - Grazie a Stefano per una "citazione" e a Francesca pe più di una "citazione" e non solo per questo.

Ps2 - Lettera non indirizzata ad alcuna/o.

"GUARDATE IL PELO NEGLI OCCHI DEGLI ALTRI IGNORANDO IL VOSTRO ALBERO MAESTRO." . By OCUSUTORE



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                                    re:ma nella foto della page   24/9/2005 14.20.26 (20 visite)   Franti
                                       re:ma nella foto della page   24/9/2005 14.57.43 (18 visite)   random (ultimo)
                     re:Lullaby: Lettera Aperta   24/9/2005 13.4.53 (18 visite)   random
                        re:Lullaby: Lettera Aperta   24/9/2005 13.30.46 (14 visite)   talpa
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