Nick: Viol4 Oggetto: La fuga di Tolstoj Data: 25/7/2003 17.43.27 Visite: 72
sì, so già che questo post non susciterà nemmeno lontanamente l'interesse suscitato da quello sul cunnilingus, ma me ne farò una ragione... La notte del 28 ottobre 1910 il conte Lev Nikolàjevic Tolstòj fugge da casa, assieme alla figlia Aleksandra. Ha 82 anni, vive negli agi circondato dalla sua numerosa famiglia, i suoi contemporanei lo venerano come un padre della Patria, gli riconoscono lo "status" del più grande scrittore che la madre Russia abbia avuto. Una vita lunga, avventurosa, piena di riconoscimenti. Felice? No. Come accade spesso ai geni assoluti, è una persona tormentata, riversa le sue eterne domande sulla vita, la morte, Dio e la felicità nell'amore nelle sue opere. Vivergli accanto è molto difficile, rende la vita impossibile ai numerosi figli ed alla moglie Sofija, a cui è legato da un rapporto vittima-persecutore che si inverte di continuo, nella sua casa tutti sono obbligati a tenere dei diari, che poi devono essere letti pubblicamente e commentati. Ma la sua personalità è talmente grande, stabordante, che sembra impossibile allontanarsi da lui. Lui, il genio, l'autore del più grande romanzo occidentale su eros e thanatos, "Anna Karenina", l'autore di quello che forse è il più bel racconto mai scritto, "La morte di Ivan Ill'ic", l'uomo che si battè per l'abolizione della servitù della gleba, l'uomo che per le sue idee fu scomunicato dalla chiesa, l'uomo che fondò scuole nelle quali applicare le sue idee rivoluzionarie sulla pedagogia... vabbè mi fermo qui perchè sennò la faccio ancora più lunga, ammetto di essere assolutamente parziale nella mia venerazione x quello che per me resta il più grande scrittore che mai abbia posato la penna su un foglio. Sapeva immedesimarsi in qualunque cosa, quando scriveva, come nelle sublimi pagine sull'assedio di Sebastopoli, in cui la battaglia è descritta sotto tutte le angolazioni possibili, dal punto di vista di un generale, un soldato, un cavallo, un filo d'erba... ma dentro di sè covava anche una grande misoginia, un grande odio per il mondo, che esplode in "La sonata a Kreutzer", lucido delirio contro il matrimonio e la schiavitù del sesso. Esoprattutto nel meraviglioso, allucinato monologo finale di "Anna Karenina", in cui lo scrittore si sovrappone al suo personaggio, la sua amatissima Anna, e rifiuta con disprezzo la miseria morale del mondo in cui è costretto a vivere. Cosa spinge quest'uomo di 82 anni, una notte di ottobre del 1910 a lasciare tutto dietro di sè ed ad anadare incontro... incntro a cosa? Lascia scritto alla moglie: "Non posso continuare a vivere nel lusso che mi ha circondato fino ad oggi. Faccio quello che fanno di solito i vecchi alla mia età: rinunciano al mondo per vivere nella solitudine e nel raccoglimento gli ultimi giorni della loro esistenza". La figlia prediletta, Aeksandra, lo segue. Prende un treno di notte, si fa ospitare in un monastero, poi in un altro. Riprende il treno, ma ha la febbre alta e la figlia lo convince a scendere nella sperduta stazioncina di Astàpovo. Qui consuma la sua agonia, nella casetta del capostazione, mentre accorrono giornalisti da tutto il mondo e la Russia si ferma ad assistere. La moglie, dopo aver tentato il suicidio, corre da lui, ma Tolstoj si rifiuta di vederla. La figlia che lo assiste gli dice di "non pensare", e lui risponde: "Ma come non pensare? Bisogna, bisogna pensare". Muore la mattina del 7 novembre. a cosa pensava quell'uomo straordinario mentre fuggiva, verso cosa andava incontro? Aveva preso un treno senza destinazione precisa, forse andava incontro al nulla. Forse un'anima immensa, inquieta coe la sua non poteva accettare una morte tranquilla, circondato da tutto ciò che lo aveva accompagnato in vita. Il nulla. Alla fine del suo lunghissimo percorso spirituale, tutto quello che cercava era il nulla.
|