Nick: pearl jam Oggetto: L'ora legale su Marte Data: 30/10/2005 5.14.12 Visite: 113
Appena aperto il portone, lo scenario mi sapeva di già visto. C'era un freddo che mi ha sorpreso nudo sotto la polo di cotone misto. C'era silenzio, un silenzio tombale. Riflessi di luce si scorgevano da ogni parte del cielo, come fulmini di un unico grande temporale che abbraccia tutto il mondo. C'era silenzio, più di tutto. Sembrava un ultimo dell'anno qualsiasi. Sparuti rumori di macchine s'udivano alternati. Il cielo era offuscato da un leggero velo di solitudine. Siamo saliti in macchina, e siamo partiti. Sulla strada per la tangeziale ci siamo ricordati cos'è la nebbia, e ci siamo fatti avvolgere. Sembravano mille fantasmi che ti si spiaccicavano sul parabrezza. Sembravano dardi di solo fumo, scagliati dal nemico con te che brancoli nel buio. In un buio che non fa paura. Poi la nebbia è finita, e ci siamo ritrovati davanti il solito spettacolo raccapricciante: il mondo. L'atmosfera da festa a tutti i costi, mi ha sempre fatto rivoltare le budella. Dal Natale al capodanno, da san Valentino alla pasquetta. Perfino il pensiero del mio compleanno mi fa venire la nausea. Qualcuno dice sia un banale e labile anticonformismo da teen ager, e forse non hanno tutti i torti. A me piace pensare che magari, sono uno di quei tipi che preferisce scegliere anche quando si vuol divertire, senza avere nessuno che lo obblighi a farlo. Raggiunta la compagnia, ci siamo incamminati. Le strade brulicavano di gente, luci dappertutto; negozi aperti che non fa poi così uno strano effetto; pullman stracolmi come se fossero le 8 di mattina. Una marea di persone vomitata sulle strade. Il mondo; il mondo, presentato nel suo vestito peggiore: la gente. Camminavamo da un po', senza in realtà aver visto nulla. Nella ressa non siamo a nostro agio, ma questo lo sapevo già. Tutti pensavano a qualcosa, non stavamo interagendo in nessun modo fra di noi. Io tacevo e pensavo. Assorto nei miei pensieri che a ricordarmeli adesso non se ne parla. Qualcosa di importante, sicuramente. Guardavo quello spettacolo disarmante e cercavo di farmene una ragione. Uomini indaffarati a calcare le stesse strade che calpestano tutti i giorni come se fosse qualcosa di nuovo. Avevano sorrisi inebetiti tatuati sul viso, uno di quei sorrisi che hai quando il mondo ti ha stupito, quando succede qualcosa di grandioso che proprio non t'aspettavi. La gente è strana. S'accontenta di poco. Basta un buon imbonitore ed un motivo per fare festa, ed ecco che tutti si lasciano dietro le proprie insulse vite. Da qualsiasi parte guardavi, vedevi gente felice. Avvocati senza pensieri, guappi senza l'esigenza di sparare qualcuno, cornuti consapevoli ed innamorati, figli bisfrattati ma devoti, e così via. Sembrava non esistere più un solo motivo per dannarsi. FESTA FESTA FESTA!!! Dai più ricchi, ai più poveri. I napoletani son gente strana, forse più di molti altri popoli: riescono sempre a convincerti che in fondo, malgrado tutta la merda che c'è intorno, si trova sempre il modo di non sentirne la puzza. Io li osservavo. Mi osservavo. Guardavo questo eclatante paradosso mentre mi chiedevo perchè non gioivo come loro di tutto questo. Perchè non mi facevano effetto le vetrine addobbate o i palchi montati un po' a caso dappertutto, o qualsiasi altra cosa che aveva a che fare con la FESTA. Perso nei miei pensieri, tutte le vite che mi passavano accanto, erano un punto interrogativo da girare alla mia. Non trovavo risposte. Nessuna. La baldoria che mi circondava era di sicuro un grosso ostacolo. Mi sentivo perso. Le strade mi parevano vuote, la gente era vuota, il mondo era vuoto. Camminavo ignaro, verso il crocevia per il nulla. Queste sensazioni si acuiscono sempre nei giorni di festa. Basti pensare a quante persone si suicidano sotto Natale. Poi ho iniziato a lamentarmi con i miei compagni. - perchè festeggiano perchè ridono perchè si stupiscono perchè ne vogliono ancora ... - Nessuno mi ascoltava sul serio. Osservavano a loro volta, e traevano le loro conclusioni. Forse pensavano a quella magnifica mulatta con i seni atomici. O magari altro. Capito di non poter fargli carico dei miei perchè, ho ricominciato a zittire. Ci siamo mossi verso un'altra indefinita meta, verso un altro mistico sito di festa. Abbiamo trovato le stesse facce, tutte uguali. Le stesse movenze, la stessa maladetta voglia di fare. Ho notato sopra una panchina due innamorati. Erano fuori. Fuori da quegli schemi. Almeno così sembrava mentre lui le infilava la mano dentro i jeans. Ecco, l'amore è sempre la risposta più immediata. Quando sei innamorato, puoi trovarti in qualsiasi constesto, senza mai esserne calato dentro. L'amore è uno scudo. E' un ombrello, un riparo dal vento. E' il modo di alcuni di resistere. Come fare festa. Come accendere la radio appena entri in auto, alle 5 di mattina, mentre ti attende l'ennesima giornata di lavoro in fabbrica. Ho fumato una canna, e quei due sono scomparsi. Forse diretti anche loro verso il nulla. Siamo ritornati verso casa, non prima della sosta caffè. Ho scrutato il cielo. C'era una grossa stella luminosa che non brillava. Qualcuno ha detto che forse era Marte. Avevano sentito che in questo periodo è propizio a farsi vedere. Ci vuole rassicurare della sua esistenza, probabilmente. C'era questo enorme puntino luminoso, e nulla più in cielo. Qualcuno ci ha creduto a questa storia di Marte, me compreso. Era uno strano vedere. Qualcosa di particolare. Il cielo completamente coperto, con questo pianeta splendente a dominare un'intera tabula rasa. Ho pensato a quanto tutto combaci alla perfezione. Il cielo, era uno specchio perfetto della terra: un vuoto galattico ed incolmabile ma con almeno un buon motivo per resistere. Da qualunque parte lo si guardi. "Non so piu' chi sono.Sono il fantasma d'uno sconosciuto." |