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Provenienza:Norvegia | ||||||||||||
Data di Fondazione: 1989 | ||||||||||||
Genere: Avantagrde black metal, progressive metal | ||||||||||||
Influenze più forti:Mayhem, musica classica e sinfonica | ||||||||||||
Album più rappresentativo: "La Masquerade Infernale" "The Sham Mirrors" | ||||||||||||
Canzoni più famose: "Ad Astra", "My Angel", "Du Nordavind", "Kinetic" | ||||||||||||
Official Site: | ||||||||||||
Fan Site: www.arcturus.tk | ||||||||||||
Componenti attuali: Trickster G. Rex: (voices of ghosts and monkeys and general manipulation) Steinar sverd johnsen: (fugue key figure) Hellhammer: (drums and flames) Knut m. valle: (high guitar rider) (guitar) Dag f. gravem: (low guitar driver) (bass guitar) ex-componenti: Marius Wold (vocals 1988-91) Samoth (guest su "Constellation", 1993) Ihsahn (guest vocals su "The Sham Mirrors", 2002) Skoll (bass on "Aspera Hiems Synfonia", 1995) | ||||||||||||
Discografia:
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Biografia: ![]() Successe così in quel di Norvegia nel 1989 a Jan Axel von Blomberg – in arte Hellhammer, il possente batterista da un anno dietro le pelli dei Mayhem, lo storico black metal act già allora band di culto nel panorama underground europeo. Assieme a lui il semisconosciuto vocalist Marius Wold e il chitarrista Steinar Johnsen/Sverd (occasionale sessionist degli Emperor): era nata una stella, possiamo dire così perché proprio da una stella della costellazione di Boote, Arcturus appunto, una delle più splendenti dell’emisfero settentrionale in cui, secondo il mito, si trasformò appunto Arturo/Arcade, figlio di Zeus e Callisto. Un nome decisamente altisonante e di buon auspicio. Dati gli impegni con i principali progetti di ogni membro, la band riesce a rilasciare il primo 7” solo nel 1991, per la misconosciuta label francese Putrefaction Records: “My angel”, contenente la traccia omonima e “Morax”, impone già la band nell’ambiente underground come potenziale new sensation della scena black… sempre che sia giusto ridurla a questa etichetta. Se il metallo nero è la in ogni caso base di partenza del loro sound, già qui gli Arcturus iniziano a prenderne le distanze, o meglio, a sfruttarne i lati migliori potenziandoli, rinunciando all’essenzialità che è caratteristica limite di questo genere. “My angel” è un pezzo sinistro e maligno imperniato su un growl da brividi e sulle tastiere e le chitarre di Sverd che intessono sinistre melodie horror ammiccanti al doom, mentre “Morax” accentua la parte metal, accostandola già a sonorità più complesse, improntate alla ricerca di melodie che forse definire già progressive non è troppo azzardato, benché si tratti di un grezzissimo 7” del 1991. La band ormai ha già una grande reputazione, tanto che nel 1993 entrano nella line up Kristoffer Rygg/Garm, già al lavoro con le prime incarnazioni di band di assoluto livello quali Borknagar e Ulver (di cui è attualmente il mastermind col nuovo nome di battaglia “Trickster G”) al post di Marius, e di Carl August Tidemann, virtuoso chitarrista già al lavoro coi Tritonius. Esce così lo stesso anno l’EP “Constellation” per la Nocrturnal Art, un EP limitatissimo a 500 copie in cui compare come ospite il tuttofare Samoth (già con Emperor, Burzum, Zyklon B e chi più ne ha…). L’uscita non può che confermare le grandi aspettative per questa band, che ottiene un deal con la ormai defunta Misanthropy Records: finalmente la band avrebbe goduto di una produzione degna per esprimerne al massimo le caratteristiche. Purtroppo i sanguinosi fatti del 1993 colpiscono anche gli Arcturus: Hellhammer dedica la seconda metà del 1993 e il 1994 alla produzione della pietra miliare “De Mysteriis D.O.M. Sathanas”, il leggendario album dei Mayhem, portando a termine praticamente da solo la produzione dell’album concepito con il tragicamente defunto amico Euronymous. Lo stesso Samoth ebbe grane con la legge e si fece un certo periodo in carcere, ragion per cui Sverd si prese un anno di riposo non avendo una band in cui suonare, mentre Garm dava vita ai capolavori di Borknagar e Ulver. Il 1995 è tuttavia l’anno buono… ACT I – musica dall’emisfero nord… E “Aspera Hiems synfonia” vide la luce. Eccolo, finalmente, il primo full length degli Arcturus, uscito inizialmente con una splendida copertina con la foto di un’aurora boreale. Una produzione come Dio comanda e il perfetto lavoro di ogni musicista consente alla band di sfornare un primo capolavoro. I cori epicheggianti di bathoriana memoria e lo scream sono gli unici elementi che ancora legano quest’album al black metal. Produzione a parte, le innovazioni non sono molte rispetto a “Constellation”, di cui sono riproposti gran parte dei pezzi, ma il risultato è comunque eccelso. Tidemann in particolare si dimostra un virtuoso a dir poco eccezionale – favolosi i suoi assoli, fra cui quello di “Raudt og Svart” – capace di regalare al sound degli Arcturus quel qualcosa in più, ma la prova di ogni membro è a dir poco maiuscola: Hellhammer preciso e potente come sempre, Garm uno screamer dalla voce sinistra e capace di emozionare nonostante i limiti di questa tecnica di canto… ma ciò che maggiormente ha tratto giovamento sono le orchestrazioni, melodie piano-arco e campionamenti vari fortemente ispirate alla musica classica, pezzi maestosi e carichi di atmosfere inquietanti, da brivido, “Du Nordavind”, “Wintry Grey” e “Fall of Man” su tutti, ma non crediate che tutti gli altri siano da meno. Un album eccezionale, capace di aprire nuovi orizzonti a una scena che di lì a poco avrebbe iniziato ad accusare i primi sintomi di asfissia progressiva. Gli Arcturus si impongono come LA band d’avanguardia per eccellenza nell’intera scena nordica… gli unici album metal che riescono ad avvicinarglisi come sonorità è a parere di chi vi scrive “Quintessenze” ed “Empiricism” dei Borknagar, rispettivamente usciti cinque e sei anni dopo! Difficile ripetersi o far meglio con una release simile. Eppure… ACT II – Il gran ballo in maschera 1997, “La Masquerade Infernale”. Il combo norvegese torna con una line-up rinnovata: Hellhammer, Sverd e Garm, divenuto G. Wolf. Due new entry, Hugh Steven James Mingay ad occuparsi di “Limousine & low frequencies” e Knut M. Valle alle chitarre con Tidemann relegato a guest, ma ancora capace di di farsi valere, e una squadra di strumentisti classici, fra cui una cantante (la brava Simen Hestnæs), un flautista e un intero quartetto d’archi. Che i nostri abbiano intenzione di accentuare la componente classica? Decisamente sì, e oltre ad essa quella elettronica. Breve menzione per l’artwork, ottimamente realizzato: basato su un sinistro blu cinereo e lunare, in esso compaiono i membri del gruppo in splendide foto in costumi e maschere da gran ballo di corte di qualche secolo fa, un artwork davvero sobrio ed elegante che si contrappone nettamente alle frequenti pose pacchiane dei loro colleghi blacksters. Ma passiamo ai veri e propri contenuti dell’album. Devo dire di aver letto tante definizioni al riguardo: symphonic metal, progressive metal, chi ancora li considera black… ma come si può definire un lavoro di una simile portata? Questo ballo in maschera è semplicemente la perfezione, un incubo angosciante portato in musica bilanciando perfettamente metal, musica classica ed elettronica. La magnifica “Ad astra” è la canzone simbolo dell’intero album, un lungo pezzo quasi interamente strumentale, carico di melodie dark e progressive che non possono lasciar indifferenti neppure il più freddo degli ascoltatori…sì, neppure il più freddo, perché “La Masquerade Infernale” è un album dalle forte tinte teatrali e istrioniche che catturano di forza l’ascoltatore e lo trascinano di forza nel ballo, che gli piaccia o meno. Merito anche di Garm/G. Wolf, che cambia drasticamente il suo stile canoro adottando una voce pulita ma dal timbro particolare, declamatoria, ruvida e inquietante al tempo stesso, o più semplicemente mefistofelica… Un album diabolico, bizzarro, ammaliante e sorprendente ricco di citazioni letterarie dei “maledetti” Poe e Baudelaire e riferimenti a satanismo e occultismo, magistralmente orchestrati entro melodie capaci di regalare sfumature diverse ad ogni ascolto. Chissà, forse il diabolico Woland di Bulgakov avrebbe preso volentieri questo lavoro per le musiche del suo ballo nell’appartamento numero 50… Al giorno d’oggi il capolavoro assoluto della band, un lavoro dall’intensità incredibile destinato a sconvolgere ogni canone in ambito estremo, trascendendo ogni stile ed etichetta. Inteludium – I maestri si camuffano 1999 – “Disguised Masters” Nuovo album per gli Arcturus? No, i fan della band dovranno pensare ancora molto prima di poter ascoltare le note del successore de “La Masquerade Infernale”. Quest’album è un’iniziativa di Garm, che proprio in quegli anni stava sviluppando tutto il suo amore per l’elettronica portando a un drastico cambiamento di sound i suoi Ulver e fondando una label tutta sua, la Jester Records, per poter sperimentare in tutta tranquillità e lanciare nuovi progetti. Fu così, che col consenso degli altri, impegnati coi rispettivi progetti (su cui spiccano i redivivi Mayhem in versione electronic/industrial) che Garm poté sbizzarrirsi nel rielaborare i maggiori successi della band, novello emulo di Trent Reznor (capace però di remigare/rielaborare ogni album dei N.I.N.!). E’ così che esce “Disguised Masters”, album sperimentale che un po’ delude tutti quelli che già speravano nel nuovo album degli Arcturus, ma che in realtà è un esperimento riuscito, con delle rielaborazioni davvero interessanti per ogni amante dell’elettronica. ACT III – Diabolici specchi ingannatori L’attesa per il nuovo album dura fino al 2002, quando finalmente gli Arcturus danno alle stampe “The Sham Mirrors” per la loro label Ad Astra Enterprises. Ed è ancora un grande successo. La band stavolta punta più sull’immediatezza e si affida soprattutto ai synths con le orchestrazioni che passano in secondo piano ma senza per questo rinunciare all’atmosfera, una probabile mossa in favore degli Winds di Hellhammer e Tidemann, che proprio di atmosfere prog di matrice classica si stanno imponendo come i maestri. Un album sì più immediato e ammiccante al metal nordico d’avanguardia di Borknagar, Solefald ed ultimi Emperor (non a caso Ihsahn canta in “Radical cut”), con delle cavalcate chitarristiche e un drumming spesso micidiali. Rinuncia totale alla melodia quindi? Assolutamente no, ritroviamo infatti uno Sverd in stato di grazia capace di elaborare cupe melodie melodie dall’atmosfera fantascientifica e una band che nei due anni di lavoro occorsi per la realizzazione ha saputo scegliere soluzioni capaci ancora una volta diverse, con pezzi ora futuristici come “Kinetic” o “Star crossed” ora più vicini alle atmosfere tradizionali come la magistrale “Ad absurdum”. Un lavoro nuovamente perfetto capace di compensare adeguatamente la lunga attesa dei fan della band, un ritorno autoritario che ha riportato la band al vertice dell’avanguardia estrema europea - e non solo - ottenendo consensi unanimi. Una band che ha saputo divenire qualcosa in più rispetto al semplice ruolo di side-project, la cui forza sta nella bravura e nella genialità dei suoi membri, capaci di organizzarsi in modo da poter trarre il meglio di sé ogniqualvolta si presentino motivazioni e idee per aprire un nuovo capitolo della gloriosa saga di Arcturus, lavorando maniacalmente lontani dai riflettori e riuscendo a stupire ad ogni come-back. Forse la più innovativa e inarrivabile band nella scena estrema scandinava, ma questo giudizio lo lasciamo all’ascoltatore. Di sicuro un gruppo di artisti seri e coerenti che si merita totale rispetto e, indubbiamente, un ascolto da parte di chiunque sia in cerca di qualcosa che sconvolga i canoni della musica. |
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