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Nick: harding
Oggetto: Capitolo 14 - In chiaroscuro
Data: 16/12/2003 11.6.52
Visite: 678

Dalla finestra dell'ufficio si poteva ammirare una splendida vista sulla città.
La città ricca, industriosa in cui ogni giorno migliaia di persone si svegliavano ed andavano a lavoro e che sistematicamente si scontravano con le difficoltà dello stare al mondo.
Lui aveva sempre desiderato aiutare tutte quelle persone.
Per questo aveva scalato l'impero faramaceutico che adesso possedeva. Il 51% nelle sue mani, il restante con gli altri “11”.
Ogni giorno queste persone avevano bisogno dei suoi neurolettici, dei suoi antidepressivi, di ogni tipo di analgesico necessario ad andare avanti. Le medicine pro vita.
Oh quante debolezze, quante malattie invisibili potevano essere curate con i suoi prodotti!
Il fatto che questo l'avesse reso uno degli uomini più ricchi del mondo era solo un piccolo dettaglio.
Un ghigno lento comparve sul viso di Martelli.
L'ufficio era caldo, confortevole.
La moquette color tabacco, l'ampia scrivania di pregiato mogano, alle pareti quadri del periodo del puntinismo. Seurat e Signac soprattutto. Li amava perché gli ricordavano che tutti erano macchie di colore ma solo lui era in grado di apprezzare l’assieme. Nell'aria un invisibile impianto stereo diffondeva un Wagner all'apice della sua forza creativa e superomistica.
Tanto denaro, tanto potere che poteva essere messo in discussione dalle brillanti ricerche del signor Pierluigi Bonera. Il giovane ricercatore che, in poco tempo, stava non solo trovando la via per sollevare l'umanità da gran parte delle sue incertezze esistenziali, ma aveva anche scoperto come rendere la mente umana un telescopio puntato verso il futuro.
Troppo.
Decisamente troppo per questa umanità che non era pronta, e che ancora aveva bisogno di lui e delle sue medicine.
Qualche anno addietro era riuscito appena in tempo a far sparire il vaccino anticancro e, soprattutto, chi lo aveva creato.
Il cancro era l'ovvia sostituzione alla selezione naturale impossibilitata ad agire nell'era del benessere. Il mondo non può permettersi di andare contro natura.
Martelli conosceva la storia di Pierluigi Bonera. Sapeva che il padre si era suicidato e che era questo a stimolare la sua caparbia voglia di ricerca. Quale modo migliore di imbrigliarlo e controllarlo se non quello di finanziarlo nelle sue sperimentazioni?
C'era un sottile filo che univa Pietro Martelli a Pierluigi Bonera. E che nessuno immaginava.
Anche il padre di Martelli si era suicidato. Solo che prima di farlo aveva ucciso anche la madre e unicamente per un puro caso non aveva tolto la vita anche al piccolo Pietro.
Martelli ricordava perfettamente l'angoscia di bambino che non comprendeva quelle cose da grandi. Ed aveva sofferto. Ed aveva pianto, tante, troppe notti, di solitudine e rabbia.
Poi era venuto il fratello del padre, Silvio, che lo aveva accolto nella sua casa e lo aveva cresciuto.
Gli aveva spiegato che suo padre era stato un debole e che molta gente lo era.
Gli aveva spiegato che il potere e il denaro erano l'unico strumento di misura della forza di un uomo e che per raggiungere il potere bastava percepire ed usare le debolezze altrui.
Fu la più importante lezione della sua vita.

Martelli si sedette alla scrivania ed all'interfono ordinò alla segretaria di far preparare la sua auto.

Vittorio uscì da casa di Pierluigi ancora più confuso di come era entrato.
Che fare? Cercare i fantomatici Dodici e riprendersi Andrea o lasciar fare a Pierluigi?
E Chiara? Il pensiero di lei lo prendeva allo stomaco come in una cotta da quindicenne.
Perchè, se chiudeva gli occhi, la vedeva davanti a sè?
Perchè, se inspirava forte, il profumo di lei raggiungeva direttamente il cervello?
Doveva vederla.
La sua inquietudine, però, aveva anche un’altra natura. Aver abbandonato Sara così, in chiesa, aveva lasciato strascichi nella coscienza e aperto affilate prospettive nella mente.
Chiara. Chiara nei pensieri.
Ogni giorno. Ogni giorno che si avvicinava al matrimonio pensava a quello che sarebbe potuto essere stata la vita con lei. Con la donna che era divenuta componente essenziale del suo essere e che poi, un giorno, era semplicemente scomparsa.
Cazzo, la conosceva quella malattia. Era di quelle che ti prendevano da dietro come in un agguato nella notte che nessuno si augura di vivere.
La malattia che ti consuma rubando ogni stilla di energia per lasciarti alla mercè di un sorriso, di una frase anche solo accennata. Del gesto dell'oggetto del desiderio unico ed univoco.
Totalizzante. Totale.

Quando riemerse dalla tempesta di pensieri Vittorio era sotto casa sua.
Si ricordò di esser fuggito mentre Antonio e Monica stavano salendo.
Chissà se c'erano ancora.
La porta di casa era socchiusa.
Forse erano dentro.
“Antonio?” disse esitante sull'uscio.
“Monica?”
L'unico a rispondere fu Nutella che, dalla sua comoda cuccia rappresentata dal letto di Vittorio, emise un abbaio che sembrò più il borbottìo di un vecchio.
“Nutella! Se tu sei un cane da guardia io sono Mike Tyson”
Il cane, sinceratosi dell'identità del visitatore, venne incontro a Vittorio scodinzolante.
Era contento che Antonio e Monica non ci fossero. Non aveva voglia di vedere nessuno.
Doveva riflettere.
Non appena varcò la soglia della sua stanza da letto, però, sentì distintamente il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva.
Il cuore gli salì in gola. La casa era immersa in un silenzio irreale.
Anche i suoi pensieri cessarono di parlargli.
Era sera e le ombre sul pavimento di piastrelle erano lunghe e molli.
Respirava piano e profondamente.
Si accostò allo stipite della porta della sua stanza e, con molta circospezione, si affacciò gradualmente verso il soggiorno dove c'era la porta d'ingresso. Niente.
Il vento. Sì la stupida corrente aveva fatto chiudere la porta che lui, cazzone, aveva lasciata aperta.
Andò verso l'ingresso per sprangare la benedetta porta e dare finalmente spazio e sicurezza ai suoi pensieri.
La mano sulla spalla gli si poggiò con delicatezza e fermezza ad un tempo, e quando fece per girarsi lo schiaffo che ricevette fu altrettanto secco e violento.
Sara lo guardava con occhi fissi e collerici.
“Stronzo, lasci la porta aperta?”
Vittorio balbettò qualcosa di inintelligibile.
“Non preoccuparti sono solo venuta a prendere delle cose che ho lasciato qui”
“Sara”
“Si? Cosa hai da dirmi? Cosa può partorire ancora quell'ammasso di merda che ti fuma dalla testa?”
“Sara”
“No. No. Parto. Vado via da te e anche da me stessa”
Sara avanzò spingendo Vittorio contro la parete.
Lo sguardo fisso negli occhi dell’uomo.
Vittorio si aspettava il peggio: una scenata furiosa o la rissa.
Lei, invece, gli aprì la camicia e cominciò a baciarlo sul petto.
Nella testa di Vittorio scomparve velocemente l'idea di respingerla.
Sara era lì. Determinata come mai e sensuale come la prima volta.
Sfilò il primo bottone dei pantaloni.
Lui la spinse nella sua stanza e caddero sul letto.
Si spogliarono in maniera furiosa. Strappandosi i vestiti di dosso.
Lei si mise sopra, in posizione dominante, stringendolo tra le cosce.
Godette subito dell'erezione di Vittorio.
Qualche istante dopo si trovarono a parti invertite ed era lui sopra di lei.
E le teneva le gambe divaricate mentre entrava con colpi decisi e via via più frenetici.
Ci fu qualcosa di definitivo nell'orgasmo che raggiunsero. E liberatorio.

Quando si addormentarono, nella stanza ripiombò il silenzio della notte.
Un lampione dalla strada illuminava il comodino accanto al letto dove giacevano.
Sotto gli occhiali di Vittorio un libro, dello sconosciuto giallista inglese Thomas Harding, regalo di Sara.
La dedica in seconda di copertina diceva: “I'm a no angel”.



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