Nick: testoster Oggetto: re:INTERNET E LA SCRITTURA Data: 30/10/2003 15.19.19 Visite: 76
"""""""""""cara parola scritta, sembravi boccheggiare invece hai ritrovato un nuovo vigore e questo non può che farmi piacere."""""""""""""""" rosà come sempre il tuo folklore m fa ascì pazz abahbuhabaabaeubbuaeUBEubebuaebuubebuaebuebehu cmq per quello che dici si parla di oralità secondaria... consiglio la lettura di Walter Ong vabbè adesso scrivo qualcosa, anzi incollo o quà mi linciano e rischio di non essere preso sul serio: tratto dal web: In Orality and Literacy. The Technologizing of the Word, London and N.Y., Methuen 1982 (trad. it. di A. Calanchi Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino 1986) Walter J. Ong affronta - da un punto di vista sincronico e diacronico - il tema delle differenze tra culture a oralità primaria, del tutto ignare della scrittura e della stampa, e culture chirografiche, che si basano sulla scrittura. Se delle oltre tremila lingue parlate oggi solo settantotto posseggono una letteratura e l'oralità fondamentale del linguaggio è un carattere stabile, la scrittura è stata inventata in un preciso momento della storia dell'uomo e la tecnologicizzazione della parola dev'essere vista come un processo tuttora in evoluzione. La scoperta delle culture orali primarie è relativamente recente e strettamente legata alla storia della questione omerica. Milman Perry, nei primi anni Venti, mise in luce come la struttura dei poemi omerici fosse fondata in base alla costruzione dell'esametro. L'aedo non imparava né ricordava parola per parola, ma secondo cliché fissi, costruiti appunto in esametri, e solo poche erano le parole che non appartenevano a queste formule. Havelock ha poi esteso il lavoro di Perry mostrando come gli inizi della filosofia greca fossero legati alla ristrutturazione del pensiero operata dalla scrittura. Quali sono i tratti di una cultura orale primaria? Non è facile rispondere a questa domanda, poiché la scrittura pone l'alfabetizzato in una condizione di non ritorno, e non è possibile, per noi, pensare le parole senza vederle. In una cultura ad oralità primaria, invece, le parole sono suoni cui non corrisponde alcun luogo: il suono esiste nel momento in cui viene emesso e percepito per poi sparire. In questo senso, scrive Ong, le parole di Omero sono sempre “alate”. Psicodinamica dell'oralità In una cultura ad oralità primaria il pensiero e l'espressione tendono ad essere strutturati per favorire una facile memorizzazione e possono essere classificati secondo alcune caratteristiche. Essi sono paratattici invece che ipotattici, ovvero basati su una struttura di frasi coordinate e non su una sintassi costruita con subordinate; aggregativi piuttosto che analitici: le espressioni tradizionali nelle culture orali sono ricche di epiteti o caratteri fissi e non possono essere disgregate. La ricchezza e pesantezza delle formule del discorso orale ne rendono caratteristica la ridondanza o “copia”, fenomeno tipico anche della retorica. La memoria infatti ha bisogno di molte più parole per ricordare di quanto non faccia la scrittura. Essi inoltre sono conservatori o tradizionalisti, poiché bloccano la sperimentazione intellettuale; vicini all'esperienza umana: una cultura orale non racconta concetti astratti ma i riferimenti sono sempre alla vita concreta dell'uomo; dal tono agonistico, poi istituzionalizzato nella retorica e nella dialettica; enfatici e partecipativi. Il sistema della memoria, inoltre, è omeostatico, ovvero elimina le memorie che non hanno più rilievo (o sono scomode) per il presente, e situazionale piuttosto che astratto: le domande di tipo analitico compaiono in uno stadio di alfabetizzazione avanzato, e la memoria orale funziona in modo assai diverso da come un alfabetizzato possa immaginare. Nella memorizzazione orale non esiste la ripetizione dell'identico ma la composizione dell'epica è controllata da precise formule metriche che possono essere facilmente spostate senza che questo cambi senso al racconto. L'espressione orale non è mai solo verbale, ma è uno stile di vita 'verbomotorio', che coinvolge il corpo intero dell'individuo in ogni attività: ogni azione e interazione è retorica. Altra caratteristica fondamentale della psicodinamica orale è l'interiorità del suono: solo l'udito infatti “può prendere atto dell'interno di un oggetto senza penetrarlo” (p. 105). L'udito, a differenza della vista che isolando i singoli elementi li separa, li unifica e li armonizza. “Un'economia verbale dominata dal suono tende verso l'aggregazione (armonia) piuttosto che verso l'analisi disaggregante (che compare assieme alla parola scritta, visualizzata). Tende anche all'olismo conservatore (il presente omeostatico che dev'essere mantenuto intatto, le espressioni formulaiche che devono essere conservate), al pensiero situazionale (di nuovo olista, con l'azione umana al suo centro) piuttosto che a quello astratto, ad una organizzazione della conoscenza centrata attorno alle azioni di esseri umani o antropomorfi, piuttosto che attorno a cose impersonali”. (p.108) La scrittura ristruttura il pensiero. Nuove tecnologie della parola La scrittura è disumana, distrugge la memoria, è inerte e non può difendersi. Queste critiche, che Platone muove alla scrittura, sono le stesse che oggi molti rivolgono al computer. In realtà Platone, come mostra Havelock, fonda la sua epistemologia proprio sul rifiuto del vecchio mondo della cultura orale rappresentato dai poeti. La scrittura, come Platone ha sottolineato, è una tecnologia della parola, e se le tecnologie sono artificiali, l'artificialità è naturale per l'uomo. Essa infatti è stata l'evento di maggior importanza nella storia delle invenzioni tecnologiche dell'uomo poiché ha trasformato pensiero e discorso. Ong illustra come nascono e si sviluppano i primi sistemi di scrittura e come residui di oralità restino in diverse forme anche in una cultura profondamente alfabetizzata come la nostra e ritiene che “la trasformazione elettronica dell'espressione verbale ha accresciuto quel coinvolgimento della parola nello spazio che era iniziato con la scrittura, e ha contemporaneamente creato una nuova cultura, dominata dall'oralità secondaria.” (p. 190) La nuova oralità presenta somiglianze con la vecchia per la sua mistica partecipatoria, il senso della comunità, la concentrazione sul presente e addirittura per l'uso di alcune formule, ma essa genera il senso di appartenenza a gruppi molto più ampi - a ciò che McLuhan chiama “villaggio universale”.. Ong, pur non facendo esplicito riferimento alle nuove forme di comunicazione che crea Internet, sembra anticipare alcune delle caratteristiche messe in luce da Pierre Lévy: la struttura della rete, secondo il filosofo francese, può essere compresa con la nozione di "universale senza totalità", la quale si fonda su di un ordine non gerarchico che riflette la struttura ipertestuale e può essere interpretato nella prospettiva di ciascun nodo. vabbè professore rosario fa tu; nu vas. |