Nick: Bardamu Oggetto: due al prezzo di 1 Data: 9/1/2009 22.30.36 Visite: 121
per un pazzo dentro due fuori Caso Ludwig, Furlan è tornato in libertà Wolfgang Abel fuori tra 10 giorni Repubblica — 30 novembre 1986 pagina 14 sezione: CRONACA VERONA Sono accusati di due stragi e di otto omicidi premeditati. In tutto, 15 morti, bruciati vivi, uccisi dalle ustioni, ammazzati a coltellate, martellate, colpi di accetta e di punteruolo. Pesa sulle esili spalle, sui modi da società emersa di Wolfgang Abel e di Marco Furlan, che domani compariranno a giudizio nell' aula della Corte d' assise di Verona, tutta la macabra, lunghissima sequenza di delitti firmati Ludwig e rivendicati in testi rozzamente intrisi di misticismo primordiale, di paranoia moralizzatrice, di superomismo nazista. E' un carico terribile che i due giovanotti (Abel ha 27 anni, Furlan 26) di ottimi studi e di alti redditi familiari rifiutano, proclamandosi innocenti. Nei due anni dell' inchiesta e dell' istruttoria, hanno adottato la difesa del silenzio fra il vittimistico e lo sprezzante. Secondo gli inquirenti, il processo non può finire che con una sentenza di colpevolezza: l' unico interrogativo sta nella quantità della pena. Basterebbe uno solo dei crimini per arrivare a una sentenza d' ergastolo. Ma una perizia psichiatrica, ordinata dal giudice istruttore, ha stabilito la seminfermità mentale degli imputati. Sulla carta è, come si dice nel linguaggio dei codici, una diminuente, anche se i giudici non sono vincolati a tenerne conto. Al di là degli asettici calcoli sull' entità degli anni di carcere e al di là dei misteri psicanalitici che il comune buon senso intravvede nel truce, distorto percorso di questi due ragazzi, il processo sembra dunque scontato. Nei 22 mila fogli dell' istruttoria, si parla di prove matematiche. La pubblica accusa, sostenuta da Francesco Pavone, non ha alcun dubbio sul nero filo d' Arianna che dal tentato incendio della discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere (4 marzo 1984) collega, a ritroso, Abel e Furlan al rogo di sette anni prima, quando Ludwig, in una notte d' agosto, bruciò, cospargendolo di benzina, Gualtiero Spinelli perché reo di nomadismo. Nel mezzo, c' è la storia di altri sette delitti, di sette spaventose esecuzioni che hanno purificato il mondo di omosessuali, tossicomani, prostitute e preti colpevoli, secondo le millenaristiche rivendicazioni, di tradire il vero Dio. Nel mezzo, ci sono due stragi: quella dell' Eros di Milano (14 maggio del 1983: sei carbonizzati fra i trentatré spettatori di un film porno) e del Liverpool (gennaio dell' 84: sette ustionati gravi e una morta), una balera sexy di Monaco di Baviera. Abel e Furlan avrebbero cominciato a uccidere appena dopo avere superato di slancio la maturità scientifica. Terzogenito di una famiglia tedesca che ha da tempo messo radici a Verona, dove il padre dirigeva le filiali italiane di una grande società europea di assicurazioni, Abel aveva 18 anni. Si stava iscrivendo a Matematica (laurea raggiunta con un libretto da primato), ma, negli interessi, era eclettico e non da autodidatta: chitarra classica, studiata con un rigore che gli aveva aperto le porte dell' orchestra scaligera, e filosofia immagazzinata con voracità e con una predilezione per Kant, Spinoza e Kierkegaard, all' epoca del primo delitto Ludwig, Marco Furlan, terzo dei cinque figli di una grande firma della chirurgia plastica, aveva 17 anni. Per cui al processo risponderà solo di 14 omicidi. La sua posizione, per quel che riguarda il delitto Spinelli, è stata stralciata. Se ne occuperà il tribunale dei minori. Ma questo processo non è affatto scontato, dice Tiburzio De Zuani che, insieme a Piero Longo, difende Marco Furlan. E spiega che non ci sono prove, ma indizi e non univoci. Sul macroscopico complesso delle imputazioni, la difesa non lavorerà per obiettivi minimi. Lo farà solo sull' accusa di strage per il tentato incendio del Melamara, perché, in questo caso, c' è flagranza di delitto: Furlan e Abel furono presi con le mani nel sacco e quasi linciati. Per tutto il resto, punta a un verdetto d' innocenza. Il perno dell' accusa sta proprio nell' evidenza del tentato incendio al Melamara: due taniche di benzina sparse sulla moquette in modo da chiudere qualsiasi via d' uscita ai 400 ragazzi che si godevano il carnevale. Quell' episodio innescò un immediato relais con il rogo del Liverpool a Monaco. Quella strage era di tre mesi prima. A Monaco, Wolfgang Abel lavorava e possedeva un appartamento. La polizia tedesca fece una perquisizione, trovò un paio di jeans sporchi di benzina e, quel che più conta, un blocco di fogli protocollo a quadretti segnati da impronte di scrittura, da solchi ciechi per la pressione della punta di una biro. La perizia grafoscopica, condotta con uno strumento capace di visualizzare e fotografare una traccia di scrittura anche 10, 20 fogli sotto l' originale, ha dimostrato che quelle impronte sono identiche alla grafia del volantino di rivendicazione dell' incendio al Liverpool. Questo primo anello della catena (nell' appartamento di Abel, sono state sequestrate anche buste in tutto simili a quelle della rivendicazione e un libro di Ignazio Silone che ha per protagonista un frate, Ludwig) sollecitò gli inquirenti italiani a ipotizzarne un altro: le fiamme al cinema Eros di Milano, ugualmente firmate Ludwig, con capillarità di riscontri, la rituale aquila che sovrasta una svastica e il finale Gott mit uns. L' ipotesi fu puntellata da tre testimoni oculari in altrettanti confronti all' americana. Si aggiungeva, così, un ulteriore anello. Da quel momento, la catena si è allungata a tutti i delitti siglati Ludwig. Alcuni hanno testimoni oculari che, con più o meno sicurezza, hanno riconosciuto Abel e Furlan: uccisione dei padri serviti Gabriele Pigato e Giuseppe Lovato il 20 febbraio dell' anno dopo. La difesa ha già pronto il suo contrattacco: non sono prove ma indizi che non sfociano automaticamente in una dimostrazione di colpevolezza. Quanto ai confronti all' americana, De Zuani dice: Ci sono persone che hanno visto giovani sui luoghi di alcuni delitti, prima o immediatamente dopo i fatti. Ma i confronti sono avvenuti dopo che, per giorni e giorni, i quotidiani e la televisione avevano inondato il paese delle foto di Abel e Furlan. Vi erano i presupposti perché venissero riconosciuti. Dunque, la difesa non è rassegnata. Ci sarà battaglia. Intanto, giorni fa, Verona ha rivissuto la psicosi Ludwig: una telefonata per annunciare bombe che non ci sono state. E' bastato perché riaffiorasse il sospetto di una setta, di un terrorismo mistico con più cervelli e più braccia. Si era parlato spesso di un terzo uomo. L' istruttoria seccamente esclude che Ludwig abbia altri militanti, al di là dei due ragazzi dall' aria per bene. - dal nostro inviato GUIDO VERGANI
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