Nick: insize Oggetto: TENENTE ALVARO II Data: 10/11/2004 13.11.37 Visite: 34
La "Volante Rossa" Nel febbraio 1949 sale alla ribalta della cronaca la Volante Rossa, una formazione che già da due anni operava nel milanese, ed in particolare a Sesto San Giovanni. Il nome deriva da un'altra Volante Rossa che era stata attiva durante la Resistenza in due reparti distinti, nell'Ossola e nell'Oltrepò pavese. Le azioni sono essenzialmente di "giustizia popolare" e tendono a colpire fascisti e dirigenti d'azienda: le pene inflitte vanno dal pestaggio alla gogna, fino all'uccisione. Una "sentenza di morte" viene pronunciata ed eseguita a Milano a carico del fascista Felice Ghisalberti, ritenuto responsabile dell'uccisione di Eugenio Curiel e assolto da un tribunale. La Volante Rossa non firma le proprie azioni. Tale sigla sarà infatti scoperta molto tardi, nel gennaio 1949, quando in seguito ad una perquisizione personale viene trovata nelle tasche di un membro dell'organizzazione un foglietto con l'inno della "Volante Rossa." L'unica loro firma, a quanto si sa, era stata lasciata, in modo beffardo e singolare, in occasione della gogna inflitta all'ingegner Tofanello, dirigente d'industria, abbandonato in mutande in piazza del Duomo a Milano, cui vennero restituiti gli indumenti ed i valori accompagnati dal biglietto. "È stata data una lezione. Un gruppo di bravi ragazzi." Secondo il "Corriere della Sera" questi "spietati esecutori di sentenze misteriose" portano immancabilmente giacconi di pelle. Il capo, secondo lo stesso giornale, è identificato dall'immancabile cane lupo che ovunque lo segue come fosse San Rocco. È accertata l'appartenenza al PCI della totalità o quasi dei militanti della Volante Rossa. Il loro luogo di ritrovo piú frequente è la Casa del popolo di Lambrate. Il capo "Alvaro" si chiamava in realtà Giulio Paggio, ed era stato al tempo della Resistenza giovanissimo comandante di formazioni garibaldine nell'Ossola, nel Gallaratese ed anche a Milano. Il PCI tiene un atteggiamento che, nel corso di un mese, va via via mutando. All'inizio grida alla montatura. Saverio Tutino sull"'Unità" definisce tutto quanto "una indegna campagna della stampa anticomunista istigata dalla polizia per gettare fango sui partigiani e sulla Resistenza." Piú tardi, quando i fatti cominciano a mostrare la loro evidenza, il PCI corregge il tiro e distingue quelli che per antica milizia comunista e popolarità sono inattaccabili, dai restanti componenti della formazione armata. 1 primi vengono comunque scaricati ed abbandonati al loro destino: "Il partigiano Giulio Paggio, detto Alvaro, risulta essere effettivamente iscritto al partito ma non ha mai avuto incarichi dirigenti [...] la federazione del PCI non intende dare un giudizio sulla posizione giuridica del partigiano Giulio Paggio, essendo questo di esclusiva competenza della magistratura."[26] I secondi vengono attaccati con le piú infamanti insinuazioni. Cosí scrive sull"'Unità" Saverio Tutino riferendosi ad un partigiano che aveva già conosciuto l'amara esperienza del confino: "Fu a Ventotene come confinato politico nel periodo fascista. Chi gli fu vicino tra i veri antifascisti lo ricorda come sospettato di appartenere all'OVRA e unito ai confinati per spionaggio e attività di provocazione."[27] Nello stesso periodo la reazione democristiana fa incarcerare centinaia e centinaia di partigiani. Viceversa, spie e collaboratori fascisti giustiziati durante la Resistenza ricevono il martirologio dell'eroe. Nel mese di febbraio 1949 Valerio Borghese viene messo in libertà; la stessa sorte si prospetta per il maresciallo Graziani, capo dell'esercito repubblichino e massacratore di popolazioni civili. Appare chiaro ormai, anche al PCI, che da parte democristiana si tende a far passare per delinquenti tutti i partigiani per accelerare i tempi della restaurazione. In questo quadro, la politica del puro difensivismo, del prendere le distanze, rischia di coinvolgere ancora di piú l'intero movimento partigiano. È lo stesso Togliatti, pertanto, che prende in mano la situazione, superando tutte le incertezze del suo partito, per assumere una netta posizione con un editoriale sull"`Unità" in cui, mentre si difendono i partigiani, si denunciano i veri responsabili degli squilibri politici e sociali da cui le ultime azioni armate sono maturate: "Erano dunque dei malfattori attuali o potenziali gli uomini, i giovani che per due anni [...] combatterono come volontari della libertà? Condanniamo e respingiamo nel modo piú energico gli atti di terrore, veicolo, tra l'altro, di delinquenza comune e di provocazione, ma in pari tempo vogliamo capire su quale terreno questi atti maturano perché essi sono sintomo, sempre o quasi sempre, di situazioni gravi, di squilibri politici e sociali su cui a lungo non ci si regge."[28]
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