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Nick: `Luk4s`
Oggetto: La Monarchia virtuosa
Data: 11/11/2002 12.15.55
Visite: 4

In uno dei Paesi confinanti con il Nostro (scusate, ma non posso farne il nome), la vita scorreva fluida come la noia.

Era a tutti noto come questa nazione era sempre contraddistinta per l’originalità dei suoi meccanismi sociali, e per lo strano concetto della nobiltà d’animo e della virtù.

La capitale era costruita in una maniera bizzarra.
C’erano migliaia e migliaia di castelli alla periferia, bellissimi. Castelli modernissimi, con antenne paraboliche e idromassaggi, garage triposto e infissi in PVC. In più queste dimore sontuosissime disponevano di otto torrette a testa ed erano tutti dotati di un fossato pieno d’acqua frequentato da lucidissimi e squamosissimi alligatori, pronti a discutere democraticamente con gli ospiti non desiderati.

Ogni castello disponeva di un grande giardino. Oddio, giardino! Direi, bosco… sì, bosco. Ogni castello disponeva di un bosco alle spalle.
Bosco che forniva faggi napoleoni imperiosi, olmi benigni simpatici e pioppi bramieri allegrissimi barzellettieri. In più ci spuntavano funghi gustosissimi e rallegrava gli inquilini col canto intonatissimo degli usignoli, dei passeri e dei merli (anch’essi intonati e delicati).

Dunque, migliaia di castelli.

E al centro di questo petalo di castelli, maestosa come un diamante su un anello, una baracca. Anzi, La Baracca Reale. Era una costruzione le cui travi portanti erano scoperte e di legno scarsissimo, consumato dal tempo e dalle grandinate, e i cui muri erano piuttosto screpolati e senza intonaco.
Il tetto era rattoppato in una decina di punti, la porta era a soffietto (ma il binario era fuori asse), vi arrivava corrente solo attraverso un vecchio generatore TRIMERCURIUS 1500, acquistato di terza mano dopo l’intenso utilizzo di un paninaroporchettaro e di un circo. Ogni volta che si passava di corsa, o a cavallo, vicino a tale catapecchia, si sentiva tremare il muro maestro, e della paglia cadeva dalle toppe del solaio.

A fianco stava la Cattedrale. Era un edificio di una quarantina di metri quadri, tutto in pietra viva rossa. Diciamo la verità, la pietra viva rossa era una serie di mattoni scoperti; in alto regnava una croce fatta con due aste di scopa di diversa lunghezza poste perpendicolarmente e fissate con la saggina annodata a ceppi. All’interno della cattedrale, si poteva ammirare l’altare col tabernacolo, in stile prefabbricato, o se preferite in stile container, del classico bianco avorio.

La Cattedrale e la Reggia erano comunicanti, e in un seminterrato comune c’era la mensa, dove l’Arcivescovo e il Re, muniti di appositi buoni-pasto, pranzavano, serviti da un servizio catering spartano. Il caffè era in omaggio.

Perché tanta miseria nei luoghi del potere, nei luoghi di rappresentanza, mi chiesi? Capii tutto dopo due giorni di soggiorno in quel posto.

Lì’ la prima priorità era la salvaguardia delle virtù. Come poteva non essere virtuoso un re che non aveva neanche il bidet? E come poteva non essere sinceramente spirituale un prelato che doveva santificare la sua stessa acqua minerale, e dire messa senza microfono dall’alto di uno sgabelletto?

Era un onore, in tale paese, vivere nella miseria, e numerosi colpi di Stato si potevano contare nell’arco di un solo anno. La Baracca Reale faceva gola, insomma. Tutti volevano avere una chance di virtuosità.
Era un onore anche essere giudicati da un tribunale libero, e potersi difendere. Spesso si assisteva a processi farsa, dove si sapeva in anticipo che l’imputato era innocente; tali processi erano conseguenze di denunce reciproche che i regnicoli si muovevano a vicenda, a mò di omaggio, a volte come regalo di compleanno. Le persone più sole si costituivano per reati non commessi, o per reati inesistenti (ricordo un’auto-denuncia per mancata buona azione quotidiana) solo per poter provare l’ebbrezza civica di uscire a mani libere dal Tribunale.

Non era raro registrare scandalosi attentati alla Corona. Una volta, davanti alla porta della Regal Capanna, fu rinvenuto un borsone pieno di dollari. Il re denunciò subito l’accaduto! Volevano che toccasse il denaro, volevano che il re perdesse la virtù.
Un’altra volta rubarono i buoni mensa dal portafoglio dell’Arcivescovo. Il prelato divise i pranzi dei successivi 40 giorni con la moglie del re, che ne approfittò per iniziare una salutare quanto regale dieta.

Questo era il Paese, e niente sembrava turbare questo instabile ma virtuoso equilibrio.

Tuttavia qualcosa distrusse tutto ciò, come un soffio su pedine di domino una a fianco all’altra, tutti gli elementi scomparvero uno ad uno.
Questo “qualcosa” fu una sveglia. Un trillo : DRIIIIIIIIN….

Mi svegliai, lasciai il mio 40 metri quadri, e dopo il caffè presi tuta, guantoni e forbicioni: ero giardiniere nella villa del Senatore XXXXX, e prendevo servizio nel giardino del mio datore, a fianco alla mia casetta, solo 800 volte più ampio.

Ma di che mi lamento! Vivo immerso nel verde.

E la storia vera non era una storia vera ma una favola. E la favola non era una favola ma un sogno, e il sogno non era sogno ma vita vera, e la vita vera…. purtroppo è vita vera.

Lukas.



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Favola-Festival   11/11/2002 12.14.8 (5 visite)   `Luk4s`
   La Monarchia virtuosa   11/11/2002 12.15.55 (3 visite)   `Luk4s`
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