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Nick: NEVERLAND
Oggetto: re:Caro
Data: 6/4/2005 20.5.14
Visite: 2



"Un film sconnesso, delirante, volutamente trash e deliziosamente sopra le righe, tutto grazie al grande genio dei mitici Squallor e di Ciro Ippolito.
E quindi...Ciao, Vedetevi Arrapaho!"



"Nella primavera del 1888 quando le nevi si scioglievano sulle montagne dell'Oregon e a valle i pini parlavano con i pini e le gardenie con le stesse, tre tribbù...
tre tivvù (è difficile scriverlo: ma lo scriverò!)...
tre tribù, gli Arrapaho, i Cefaloni e i Froceyenne, quest'ultima tribù nata da un incesto tra un tranviere gobbo e una nana antolofata, ci fu una guerra che si ricordò negli anni e negli anni e negli anneti e nei vigneti, annata fantastica per il vin brulè, fu ricordata per questi due episodi che non si dimenticheranno mai..."



Nel commmento al film Ciro Ippolito si fregia del fatto di aver fatto il peggior film nel peggior momento del cinema Italiano.
Il film uscì il 14 agosto del 1984, in due cinema in tutta Italia.
Uno era a Viareggio e Ippolito portò personalmente le pizze del film con tre ore di ritardo.
Di fronte al cinema c'era una fila in attesa dalle 16.
Quando verso le 19 finalmente apparvero i titoli di testa ci fu una ovazione.
Un musical, un istant movie legato a un inaspettato successo discografico.
Un "musicarello" condito da follie in stile "Monty Python"...



In poche parole "Arrapaho", primo esempio di un clamoroso dittico (completato con il successivo "Uccelli D'Italia") che il regista Ciro Ippolito realizzò nel 1984, con l'intento di ampliare ulteriormente il già clamoroso successo degli Squallor, gruppo apripista del filone demenziale, esploso negli anni '70 (e soprattutto miti indimenticati di una generazione intera) e che in seguito ha visto in Elio E Le Storie Tese i migliori prosecutori.
Ispirato all'album omonimo che nell'83 riuscì a vendere 180.000 copie senza una vera e propria promozione (a parte un celeberrimo e ficcante spot televisivo che divenne un vero e proprio tormentone), il film narra le vicende di tre bizzarre tribù indiane, i Cefaloni, i Frocheyenne e gli Arrapaho, alle prese con riti sessuali, abusivismo "edilizio" nelle tendopoli, e immancabili storie d'amore contrastate dai genitori come nella migliore tradizione della sceneggiata napoletana!



Daniele Pace, paroliere tra i più prolifici che l'Italia abbia mai avuto (morto prematuramente nel 1985), è Palla Pesante, grande capo della tribù dei Cefaloni, padre di Scella Pezzata (una splendida Tinì Cansino) e Capo Di Bomba, bambino dispettoso e abbondantemente sovrappeso!
Palla Pesante, che è di cuore nobile, accetta addirittura l'omosessualità di uno dei suoi più valorosi guerrieri, Cornetto Solitario, che va a vivere con Latte Macchiato, efebico "rapper" dei Frocheyenne...



Ma è altresì convinto che un matrimonio tra l'avvenente figlia e l'attempato ma influente Cavallo Pazzo (Armando Marra, in seguito scelto da Fellini per "L'Intervista"!), il quale porterebbe in dono cento cavalli e mille pelli, possa giovare al risanamento della sua tribù che, tra l'altro, da tempo è afflitta da una serie di sventure quali siccità e scarsità di petrolio, oltre che da terribili disturbi intestinali (Scella è stitica mentre suo padre ha il problema opposto!).



La bella promessa è però innamorata di Arrapaho (Urs Althaus, che tutti ricordiamo nei panni del mitico Aristoteles de "L'Allenatore Nel Pallone"!), uomo di "sani principi e facili costumi", aitante guerriero che stuzzica quotidianamente le fantasie erotiche dei Frocheyenne, portando a lavare il suo cavallo nel loro ruscello.
Tra un combattimento e l'altro, si arriva all'inevitabile lieto fine sancito dalla "fuitina" di Scella e Arrapaho, col povero Cavallo Pazzo che, abbandonato sull'altare, ripiega su Luna Caprese, eroico membro dei Frocheyenne!



Oltre a Daniele Pace, compaiono nel film gli altri tre Squallor: Alfredo Cerruti (discografico e autore televisivo) è la riconoscibilissima voce narrante.
Giancarlo Bigazzi (celeberrimo autore di brani per Tozzi, Raf, Masini) ha una delle scene più allibenti: irrompe su di una slitta nel campo indiano e, vestito come il Dottor Zivago, chiede a Palla Pesante la strada più comoda per raggiungere la steppa!
Il Maestro Totò Savio (originalissimo autore di brani storici come "Cuore Matto", "Rose Rosse", e "Maledetta Primavera"), autore di tutte le musiche del gruppo, ha addirittura un doppio ruolo: è il portavoce dei Cefaloni che informa Palla Pesante della preoccupante siccità che affligge la tribù e, nel finale, appare in abiti borghesi come "parente della sposa" che, con tanto di moglie e regalo al seguito, partecipa alla cerimonia nuziale, interrotta dalla fuga di Scella con Arrapaho!



Il film è condito da riferimenti a personaggi ed episodi dell'epoca: da Pippo Baudo al ministro Zamberletti, fino al mitico Cesare Ragazzi, inventore di fortunatissimi rimedi contro la caduta dei capelli, il quale ha un piccolo cameo (in realtà si tratta di un sosia) ove propone a Cavallo Pazzo, cui Arrapaho aveva appena fatto lo scalpo, una delle sue parrucche!
Proprio le pubblicità anni '80 sono oggetto pregnante dell'opera di Ippolito, che intervalla più volte il tutto con spot-parodia, come nel caso di "Tranvel Trophy" (una vera e propria saga di un povero impiegato che non riesce mai a prendere il tram in tempo!), per arrivare al celebre spot di una notissima carne in scatola, e a quello di un detergente intimo...



Altri break del film (che su ammissione del regista nel commento audio del DVD di "Arrapaho", servivano per portare il film, di per sè alquanto breve, a un minutaggio standard) vedono il trionfo di due mitici personaggi partoriti dalla folle mente degli Squallor: Pierpaolo e Berta.
Il primo di questi due veri e propri cortometraggi, intitolato "Pierpaolo A Rio", descrive la vita dissoluta del viziatissimo Pierpaolo (Luigi "Gigio" Morra, già visto in "Sogni D'Oro" di Nanni Moretti), classico figlio di papà, nullafacente e irriguardoso nei confronti dei suoi apprensivi e generosissimi genitori.
In gran parte delle produzioni targate Squallor, almeno una traccia veniva destinata alle "gesta" di Pierpaolo, sempre a caccia di automobili di lusso, belle donne e vacanze in giro per il mondo.
La trasposizione in video di questo odioso yuppaninaro figlio degli anni '80 è davvero emozionante!



Il secondo corto è "Berta, Tenero Amore Mio", e anche in questo caso ci troviamo di fronte a un'eccellente versione cinematografica di un'eroina sublime e al tempo stesso volgarissima;
una giovane napoletana che non si concede ai suoi spocchiosi spasimanti (nel mito: "Beeeertaaaaa, scendi giù che'ho un toro nelle mutaaaaandeee! Ho già consumato due cassette di Little Tonyyyyyy!").
In questo caso il pretendente di turno è Jurgen, giovane tedesco vestito di pelle che, come un provetto Romeo, attende la sua Giulietta-Berta sotto al balcone, esaltando tutto il suo "amore" in modo alquanto singolare...
Ma ecco apparire la "divina Berta", con le fattezze veraci di Marta Bifano: una serie di insulti in vernacolo strettissimo, un monologo disperato e delirante, quanto basta per mettere in fuga lo spasimante e tutta la sua boria da superuomo!
Ma durante il film c'è anche il tempo di ascoltare la mitica "O Tiempo se ne va!" degli Squallor con balletto e nudità mozzafiato annesse della bellissima Casini...imperdibile!



Anche il finale del film è completamente staccato dal resto dell'opera: l'azione si trasferisce dai campi indiani all'Arena di Verona, ove sta per andare in scena l'Aida.
E tra il pubblico in attesa dell'inizio dello spettacolo, scorgiamo Berta, Jurgen, e perfino il povero impiegato di "Tranvel Trophy" (in realtà il direttore di produzione del film!), ma soprattutto Renato Rutigliano e Benedetto Casillo, visti in seguito anche in "Così Parlò Bellavista" di De Crescenzo.
Mentre i due si interrogano sui personaggi dell'Aida, un distinto signore di mezza età (Max Turilli, storico caratterista anni '80), seduto al fianco di Casillo, comincia a provocare quest'ultimo accarezzandogli le gambe; Rutigliano consiglia all'amico (piuttosto disgustato dalle attenzioni) di accettare le offerte del maturo signore, perché potrebbe trattarsi di "un ricchione importante"! Ma ecco entrare in scena i protagonisti dell'Aida...capitanati da Arrapaho e Scella Pezzata!
L'ultima, lunghissima, sequenza completa a perfezione la stravaganza dell'intera opera: Ciro Ippolito in persona, "dirige" (è proprio il caso di dirlo) i farneticanti titoli di coda...



Sembrerà strano, ma a scrivere qualcosa su "Arrapaho" è abbastanza difficile.
È probabile che molti (anzi, facciamo moltissimi) tenderanno a liquidarlo come la solita commediaccia italiana, mentre altri saranno più propensi ad elevarlo allo status di film di culto.
La verità, come spesso accade, è nel mezzo.
"Arrapaho" è sì un film di una volgarità stratosferica, privo di senso e che non fa neanche ridere sempre, ma allo stesso tempo è una pellicola capace di trasformare le sue caratteristiche negative in punti di forza, con il nonsense e la parolaccia fine a se stessa utilizzati (volontariamente) in maniera talmente disinvolta e selvaggia da risultare efficaci.



Con i suoi attori lasciati allo stato brado, le parodie pubblicitarie ad interrompere la trama in maniera del tutto casuale, gli errori sul set lasciati nel montaggio definitivo ed un finale delirante ambientato nell'Arena di Verona durante una rappresentazione dell'Aida, "Arrapaho" sembra la testimonianza filmata di una scampagnata di buontemponi che hanno passato una giornata a cazzeggiare in libertà.
Il fatto che detti buontemponi siano per gran parte i componenti degli Squallor rende il tutto un pò più interessante, molto interessante!



Ipse Dixit:
"In una scenografia western che ricorda più il pratone della Casilina che un territorio dell'Ovest, vivono le tribù "indiane" degli Arrapaho e dei Froceyenne, che si prodigano in una serie di squallidissimi siparietti proto-demenziali.
L'amore contrastato tra due giovani, Arrapaho e Ascella Pezzata, promessa in sposa a Cavallo Pazzo, fa in qualche modo da collante.
Protagonista il gruppo musicale degli Squallor, Cerruti-Savio-Pace-Bigazzi, che all'epoca conquistò anche una certa notorietà con canzoni trivialissime, molte delle quali in dialetto napoletano".
(dalla rivista Ciak)



Il DVD Federal Video:
Con un buon trasferimento, compromesso solo dalla incerta qualità dell'originale, viene riproposto da Luciano Martino e Edwige Fenech per i tipi della Federal Video.
Il lavoro di digitalizzazione e di ripulitura è stato molto buono.
L'audio è sufficiente.
Nel comparto extra Francesco Alò, Marco Giusti e il regista Ciro Ippolito, hanno realizzato un commento audio che racconta un'epoca, quella degli anni ottanta in modo molto interessante.
Aneddoti divertenti, particolari curiosi e alla fine Ippolito riesce a rendere perfettamente il clima di quegli anni.



"Arrapaho" è inqualificabile e straordinario nella sua delirante pochezza e ha il pregio di essere fedele a se stesso e diverso da tutto il resto. Merita di essere visto.
Ha il fascino immenso di un film talmente stupido e grezzo...
puro delirio demenziale dei mitici Squallor.
Tutto è delirio, tutte le scene sono stracult, dalla prima all'ultima, dalle luci sbagliate, all'improbabile dialetto napoletano della greca Tinì Cansino, dalle autocitazioni (Daniele Pace-Palla Pesante che intona "La Pioggia", brano da lui scritto per Gigliola Cinquetti!), ai "bloopers" (un aereo che sorvola la testa della Cansino durante un balletto!) fino alle mitiche canzoni degli Squallor.
Un film sconnesso, nonsense, volutamente trash, e deliziosamente sopra le righe.
E quindi?
E quindi"Ciao, Vedetevi Arrapaho!"



Fonti:
MondoCulto.it
Cghv.it
"Ciao, sono quello della figura di merda di ieri, sono venuto a farne un'altra".



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Caro   5/4/2005 19.8.55 (40 visite)   kirikù24
   re:Caro   6/4/2005 20.5.14 (1 visita)   NEVERLAND (ultimo)

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