Nick: ADP Oggetto: La rivincita del corpo Data: 29/9/2003 9.45.57 Visite: 25
La rivincita del corpo “Spezzate le catene che imprigionano il vostro corpo, e anche la vostra mente sarà libera” (“Il gabbiano Jonathan Livingstone” R.Bach) Accadde, tempo fa, che un tizio, un tale spagnolo di cui non si conosce il nome, sognò di un’anima che inveiva contro un corpo, sua dimora in una vita passata. Frutto della sua collera, queste sono solo alcune delle frasi che osò scagliargli contro: [...] Per tua colpa ho mala fama; ti maledico per sempre perchè dovrò espiare colpe tue; tu non hai mai saputo fare niente di buono, niente di quello che volevo, né di notte né di giorno. [...] (“Disputa del alma y el cuerpo”, anonimo, fine XII secolo) Questo, ed altro ancora, fu consegnato alla letteratura, impresso su carta, e questo la gente ricorda. Ed io, ve l’ho riproposto, affinchè possiate essere testimoni obiettivi, e giudicare adeguatamente quanto più avanti vi esporrò. Perchè, vedete, c’è altro da dire. Dato che quei due (quell’anima, quel corpo) ancora non hanno finito di litigare, e sono sicuro che non mi daranno pace, uno dei due in particolar modo, finchè non metterò su carta, in bella vista, quello che ancora i contendenti hanno da buttarsi in faccia. Perchè ci sono io, qui, a cimentarmi in questa impresa? Eh, bella domanda. Perchè, come quel signore spagnolo del quale compatisco la vita andata, ho avuto la disgrazia di sognarli. O meglio, hanno avuto loro il cattivo gusto di venire ad importunarmi. Ma la mia malasorte supera di gran lunga quella del mio predecessore, perchè ahimé, ho da sognarli anche ad occhi aperti. E voi capirete per quale razza di schizofrenico venga scambiato, essendo la mia testa il campo di battaglia dove i due hanno deciso di affrontarsi. Leggerete quindi, quello che esattamente è il contenuto delle conversazioni, dato che io, a differenza del signore che m’ha anticipato in codesto guaio, ho la possibilità (la maledizione!) di ascoltare e scrivere contemporaneamente quello che odo dalle loro fastidiose bocche. “ Io merito più di quanto tu non immagini, e soprattutto, merito d’essere ascoltato, come lo meritasti tu tanti anni fa. Dettando rimproveri, provasti il valore di ciò che dicevi, ed io ora faccio lo stesso. Dall’alto mi guardavi, come chi ammaestra una bestia, come chi ha tutto da dire, e niente da imparare. Ma non considerasti che io sono chi t’accoglie, almeno per ora, sono la casa dove vivi, sono la mano che ti serve con tanta devozione, e che chiede un minimo di riconoscenza. La verità, è che se vuoi una casa ben governata, pulita, efficiente ad ogni uso, devi pur prestarle cura! Vive male chi si serve delle cose, e non le tiene bene in ordine. Prima o poi s’arrugginiscono, o marciscono, e non funzionano più. E dove va a vivere chi, avendo a disposizione un solo alloggio, lo lascia al suo destino, sparpagliando le cose qui e lì, imputridendosi i divani e sgretolandosi le mura? Può forse lamentarsi, dopo anni e anni di trascuratezze, che la sua cucina non è più buona a preparar cene deliziose? Per amor mio non sapesti rinunciare al tuo poltrire. Il buon vino è poca cosa, cade in terra, se la brocca dove vai a versarlo è crepata. Ma tu di questo non tenesti conto, e ancora mi pare saccente il tuo sguardo, al suono delle mie parole. Sarebbe stata ben piccola attenzione quella di privarsi di quel dolce in più, di quel bicchiere in più, di tutte le tentazioni che non hai mai saputo fronteggiare. Provati, se ti pare, ad inogiare un po’ di quelle pillolette che il giovane, quello che ci fa parlare, tiene lì sul comodino, per dormire. Una manciata basterebbe a farti traslocare verso miglior dimora. E quindi vedi come, io, maltrattato, posso scacciar via la mia inquilina irrispettosa? Non ti sembra che, se quelle medicine hanno il potere di mandarti via, un’incuria, anche se più leggera, possa quantomeno nuocerti? O credi di vivere lontano da me? Non è ancora il tempo, stai sicura, se siamo qui, questo c’è da fare. Darsi una mano vicendevolmente. Di’ la verità, quante volte hai desiderato l’amore di qualcuno, volendogli offrire solo il relitto di un corpo maltrattato? L’occhio, come si suol dire, vuole la sua parte, e se così non fosse non li avremmo avuti, gli occhi. Allora non mendicare affetto, e non lamentarti se quella persona, della quale tra l’altro ammiravi anche le fattezze, non ha voluto accontentarsi di te e basta. Una mente saggia, ammira le bellezze del creato, e porta loro rispetto. E tu, invece, che lasci logora la tua dimora, come pensi di risultare agli occhi di Dio? Credi che Egli ,distratto, t’abbia fornito d’un pezzo in più? Io sono il tuo servo diletto, il tuo braccio, che lavora senza sosta al tuo servizio. Ma tu, se vuoi che il carro vada forte, provvedi ad ungere le ruote, quel tanto che basta.” Ecco, ho fatto quello che loro m’hanno insistentemente ordinato di fare. L’anima, quella stessa signora di cui parlava lo spagnolo, è stata più volte in procinto d’aprire bocca. Alla fine, dopotutto, ha deciso di non farlo. S’è astenuta, credo io con buona ragione, e i due sono andati via a braccetto.
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