Nick: B{L}U Oggetto: semp o megl Data: 16/12/2003 21.51.55 Visite: 149
Giornata incasinata. Solo ora ho potuto dare uno sguardo al giornale. Ecco qui, solo per voi, l'editoriale del più grande quotidiano italiano. ----------------- C'è un limite ROBERTA CARLINI Falso in bilancio, rogatorie, legge Cirami, lodo Schifani... Era passato tutto e di tutto, in due anni e mezzo di governo. L'annullamento di alcuni reati, il cambiamento delle regole di alcuni processi, l'elevazione al di sopra della legge di alcuni imputati. Tutto e di tutto, con la firma del presidente della repubblica. Firma ora veloce, ora sofferta, ora contrattata: ma sempre apposta a dar valore di legge generale alle varie soluzioni dei problemi privati del signor Berlusconi. Ma stavolta no. Il limite non è stato superato. Sulla legge che con un sol colpo mandava al diavolo la libertà di informazione, la Costituzione, la Corte costituzionale e il presidente della repubblica, e che consegnava al duopolio Rai-Mediaset il futuro della comunicazione in Italia - su questa legge la firma di Carlo Azeglio Ciampi non ci sarà. La legge che ieri è ritornata dal Quirinale alle camere porta l'impronta e l'essenza del berlusconismo: il connubio tra affari e politica nato sulla televisione commerciale e poi elevato a politica tout court , la democrazia requisita da un controllo della comunicazione che è insieme profitto monopolistico e strumento essenziale della conquista e della conservazione del potere. Tutto questo con la legge Gasparri viene (veniva?) perpetuato per gli anni e le tecnologie future. Tutto questo ha massacrato - anche dall'opposizione, anche negli anni del governo dell'Ulivo che niente faceva per affronatre l'emergenza - la nostra democrazia e le nostre istituzioni. Tutto questo ha indignato e fatto crescere i movimenti che, scavalcando la sinistra istituzionale, hanno portato nelle piazze la questione della democrazia. Era inevitabile che prima o poi tutto questo deflagrasse in uno scontro istituzionale della portata di quello che è cominciato ieri sera. Berlusconi non si è smentito, neanche ieri, minacciando neanche troppo velatamente di far rinviare di nuovo la legge per la firma così com'è. Può farlo, possono farlo, naturalmente. Lo prevede la Costituzione: se il parlamento rimanda al Quirinale la legge senza modifiche, la suprema carica dello stato non può più fare obiezioni, deve firmarla. Dopodiché ci sarà ancora la possibilità di un giudizio della Corte costituzionale a dire la parola finale. Fin qui la procedura, nel normale svolgersi di quel sistema di pesi e contrappesi tra i poteri previsto dalla nostra Costituzione e quotidianamente sconquassato dalla nostra attuale maggioranza. Ma ben prima che tutto questo iter parta, c'è il segno politico sostanziale di quanto è successo ieri. Berlusconi - non solo come persona, ma come sistema - ha trovato un limite. E' stata frenata la sua pretesa di trasformare il mandato democraticamente conferitogli dagli elettori in una chiave d'accesso universale, buona per entrare a prendere possesso di ogni angolo della cosa pubblica. Ed è probabile che i suoi alleati - a partire da quelli del partito di Gasparri - decidano di non seguirlo più nella sistemazione degli interessi personali e di portare la guerra per la successione già aperta da un pezzo anche nella discussione delle questioni Mediaset, finora intangibili.
Arrivedè Filippo
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